giovedì 5 giugno 2025

Muse: "Drones" (2015)

Il settimo album dei Muse, "Drones", vedeva la luce dieci anni fa oggi. Il trio di Teignmouth sceglie di nuovo l'autoproduzione e confeziona un album che, nelle intenzioni, dovrebbe rinverdire i fasti di "Origin of Simmetry" e "Absolution". Nonostante le oneste intenzioni e qualche buona idea, il tentativo non porta i frutti sperati e genera un album mediocre ed ampolloso.



"Spartaco, va' che ci sarebbe Drones da fare oggi", ci scrisse il nostro capitano poche ore fa, ricevendo un sonoro "che culo!" quando chi scrive rispondemmo(?). Se va preso atto di come "Drones" sia certamente, categoricamente meglio dell'esecrabile "The Second Law", che lo precede nella discografia del power trio inglese, é anche vero, senza ombra di dubbio, che solo una manica da kimono potrebbe elargire un voto sufficiente alla settima fatica di Bellamy, Wolstenholme e Howard. Le musiche e gli arrangiamenti, tanto per cominciare, continuano a mostrare segni di (auto-)cannibalismo da parte di Bellamy, che ricicla una quantitá francamente imbarazzante di vecchie idee, tagliandole e cucendole sotto forma di brani "nuovi": c'é un vecchio riff, nato da improvvisazioni nei live incendiari dei primi anni ´00, stirato e spalmato sottile sottiiiiiile sui cinque minuti di "Psycho; c'é un intero pezzo di "Stockholm Syndrome" trapiantato in "The Handler" come un leone costretto a una dieta vegana in uno zoo gestito da teste di cazzo; l'interezza di "United States of Eurasia" puó essere ritrovata nella terza parte di "The Globalist", dopo un'intro strumentale copiata da Morricone e un'interminabile interludio di prog/nu-metal, giustamente componendo il terzo segmento di questo human centipede fatto canzone.

*respiri profondi, esercizi di mindfulness*

Ma dicevamo delle buone idee. "Mercy" puó essere considerata il coronamento di quel progetto di canzone pop con pianoforte e chitarre distorte iniziata con "Sing for Absolution" e proseguita con "Starlight" e "Resistance", e rappresenta un highlight degno dei loro anni migliori; "Reapers" riesce a far pensare a quel miscuglio di space rock, metal e progressive anni '90 che rende "Origin of Simmetry" un album cosí speciale: nonostante qualche piccolo problema con un suono a tratti troppo Tom Morelliano, e nonostante molti grossi problemi col testo (ne parliamo nel paragrafo sotto), "Reapers" puó sedere al tavolo delle "Newborn" e delle "Hysteria", magari non al posto d'onore ma insomma, uno strapuntino se lo merita. "Revolt", nonostante il macchinoso passaggio tra strofa e ritornello, caratterizzato da un cambio di BPM, fa pensare a un'interessante chimera tra i Muse e il Bowie tardo glam , quello di "Diamond Dogs" per intenderci (cantato imitando Mika, ma vabbé). E "Dead Inside", piazzata in apertura, é una versione un po' piú muscolare di "Madness", e non sará un capolavoro ma, perdio, é un miglioramento.

Ma ció che davvero affossa "Drones", piú che la qualitá non sempre eccelsa del songwriting, é soprattutto la parte lirica: definito un "concept album" da Bellamy, evidentmente sprezzante del ridicolo, il disco ha dei testi degni di un adolescente senza talento, con la testa imbottita di fantascienza di terza categoria e la convinzione di avere qualcosa di importante da dire. Non che ci sia niente di male a parlare di rivolta, a mettere in discussione poteri e autoritá, a riflettere sul complesso militare-industriale ed il progressivo aggravarsi della sottile oppressione politica in atto in Occidente da ormai un quarto di secolo... a patto di farlo con ingegno e un minimo di arte. Invece ci troviamo alle prese con testi di imbarazzante superficialitá, pomposi e spesso involontariamente comici, senza traccia di poesia o di pensiero ragionato. "Aftermath" e "The Handler" potrebbero anche avere un loro interesse, se non trattassero di una fantomatica "guerra" a cui Bellamy, nel 2015, non partecipava neanche in maniera simbolica (vista la sua affiliazione con le major, i suoi contratti milionari e i suoi tour oceanici). Fan-fiction orwelliana della peggiore specie, commercializzata a 20 euro al pezzo come fosse primizia.

Ci sarebbe piú di qualcosa di salvabile, negli ingredienti di questa salsiccia, ma una volta che il tutto é stato tritato e mescolato, purtroppo, ci resta in mano un disco a tratti gradevole ma testardamente pretenzioso, bigio, e fuori fuoco. Peccato.

- Spartaco Ughi

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