lunedì 7 ottobre 2019

Roberto Vecchioni: "Robinson, come salvarsi la vita" (1979)

Nell'ottobre di quarant'anni fa viene pubblicato "Robinson - come salvarsi la vita", nono album del cantautore milanese Roberto Vecchioni, fra i migliori della sua carriera.
Il disco conteneva "Vorrei", divenuta un classico radiofonico, brani amati dagli ammiratori di Vecchioni come "Mi manchi", "Robinson" e "Signor Giudice", e una riscrittura jazz pop di "Luci a San Siro".



(potete trovare l'album completo qua: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_ksy_rb7Dg-Wr_63hbUrXWWnIeaNsILDhI)




Nel 1979 Roberto Vecchioni è nel pieno della sua migliore fase creativa, che durerà per un decennio, inaugurata con l'album "Ipertensione" nel 1975 e proseguita fino a "Il Grande Sogno" del 1984.

Sebbene i due dischi più riusciti del cantautore milanese di origine napoletana siano probabilmente "Samarcanda" del 1977 e "Calabuig" del 1978, Vecchioni sfodera un nuovo pezzo da novanta della sua carriera con "Robinson - come salvarsi la vita". Il gruppo base di "Robinson" è rappresentato, oltre che da Mauro Paoluzzi alle chitarre, da Stefano Pulga (tastiere) e Lucio Fabbri (violino e viola), entrambi presenti sul precedente "Calabuig", e dal superbo batterista Walter Calloni, che in quegli anni ha suonato praticamente con chiunque. A loro si aggiungono, di volta in volta, i bassisti Dino D'Autorio e Fulvio Massi, e il sassofonista Claudio Pascoli.

L'album arriva in un momento particolare della sua vita personale, come si intuisce immediatamente dalle tematiche dell'LP in generale e della sua canzone di apertura in particolare: "Signor Giudice" si riferisce infatti al suo arresto dopo un concerto in Sicilia per avere offerto uno spinello a un ragazzo del pubblico. "Signor Giudice" rappresenta così, attraverso una magistrale ironia, la noia e il senso di kafkiana impotenza di un imputato nella labirintica macchina della giustizia italiana, dando modo a Mauro Paoluzzi, arrangiatore per molti anni delle canzoni di Vecchioni, di mostrare il proprio gusto alla chitarra elettrica, anche se a guidare il brano in maniera strepitosa è il basso elettrico.

"Robinson" è probabilmente il disco più sarcastico della carriera di Vecchioni. "Roland" prende in giro il mito di Orlando paladino ('volevo solo vivere la vita, quello era pazzo sadico e cretino, ma un giorno finalmente l'ha pagata e ha finito di fare l'assassino'), e vede la presenza di tre cantanti d'eccezione che compariranno anche in altri brani del disco: la siciliana Marivana Viscuso; Julie Scott; e Lella Prudente. "Come salvarsi la vita" e "Allonsanfan" sono invece due brevi intermezzi che rivelano il tema del disco, la salvezza appunto dal mondo assurdo e kafkiano (rappresentato dal processo del brano d'esordio), salvezza da conseguire a tutti i costi.

Non mancano naturalmente le canzoni mitopoietiche del cantautore, come il brano che da il titolo all'album, "Robinson", e la successiva "Lo stregone e il giocatore", illuminata magistralmente dalla chitarra acustica di Carlo Coccioli e dagli archi di Lucio Fabbri. "Robinson" è forse il pezzo più significativo del disco, illustrato dalla splendida copertina del fumettista e disegnatore Andrea Pazienza, che inizia qui una lunga collaborazione con Vecchioni. In "Robinson", nella quale spiccano le tastiere di Stefano Pulga, troviamo un ragazzo che vorrebbe essere avventuriero, come nelle tante storie di viaggi dei dischi precedenti ("Un uomo navigato", "Velasquez", "l'ultimo spettacolo", "L'estraneo"), per scoprire poi di essere diventato un uomo che ha perso se stesso, la propria innocenza e forse la propria anima. Ne "Lo stregone e il giocatore", come "Samarcanda" fiaba che profuma di atmosfere dell'Est, colorata tenuamente di folk da Coccioli e Fabbri, il padre, davanti alla morte, è disposto a sacrificare il proprio figlio per un solo giorno in più di vita.

Poi ci sono le canzoni romantiche: c'è "Mi manchi", deliziosa canzone dei rimpianti, con Fabbri e Pulga meravigliosi ad archi e pianoforte; c'è una rilettura jazzata di "Luci a San Siro", scorciata dell'inizio, che vale la pena ascoltare forse solo per il sax delizioso di Claudio Pascoli e il pianoforte di Terry James; c'è "Vorrei", la canzone che chiude il disco ancora una volta con una nota cupa, la disperazione di un uomo alla fine di una storia travagliata, che si dica sia dedicata alla moglie Irene dalla quale si sta separando, come molte canzoni simili di quegli anni e di quelli successivi ("l'ultimo spettacolo", "Sestri Levante").

C'è infine "Lettera da Marsala", con Marivana Viscuso splendida protagonista, inno alla libertà posto al centro del disco in posizione simbolica, al punto che il brano è diviso a metà fra il lato A e il lato B del disco, un pezzo evocativo e struggente che è forse il momento più alto di tutto l'LP.

Difficilmente "Robinson - come salvarsi la vita" potrà cambiare la vostra idea di Roberto Vecchioni se non lo avete saputo apprezzare in "Samarcanda" e "Calabuig": pur non rimanendo statico nella sua scrittura e nei suoi arrangiamenti, Vecchioni prosegue nel solco della sua ispirazione di fine Settanta senza particolari scossoni, pur mantenendosi a un livello di scrittura talmente buono da potere certamente rendere felici i suoi ammiratori.

- Prog Fox

1 commento:

  1. Nella canzone Roland c'e' un unica voce femminile l' ineguagliabile voce dell'insuperabile Marivana Viscuso a cui Roberto Vecchioni chiese di improvvisare un volo pindarico con la sua incomparabile ugola capace di spaziare su 7 ottave e inventare melodie sublimi. Vecchioni rimase estasiato ed entusiasta non solo dalla abilita' vocale ma anche dalla abilita' creativita dell' insuperabile Marivana capace di creare ipsofacto melodie sublimi. Roberto rimase talmente impressionato dalla bravura di Marivana che decise di scegliere propio quel brano per dare il titolo al album.

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