Esce cinquant'anni fa oggi "Anidride Solforosa", quinto album del cantautore bolognese Lucio Dalla e secondo della trilogia politicizzata realizzata assieme al paroliere e poeta Roberto Roversi, tra i quali è forse il migliore, più maturo e più completo, e musicalmente quello che porta a compimento la ricerca di un suono personale che lo caratterizzerà per quasi un decennio.
(disco completo --> https://tinyurl.com/mrwrn3hj)
Nel suo continuo cercare un linguaggio musicale compiuto e personale, Lucio Dalla, lasciate le tentazioni pop, inizia una proficua collaborazione con il paroliere di formazione comunista Roberto Roversi, con cui compone l'album "il giorno aveva cinque teste" nel 1973. In seguito scrive un singolo, "Anna Bellanna", con l'illustratrice Paola Pallottino (già autrice di alcuni suoi testi, come "4 marzo 1943" e "il Gigante e la Bambina"), per poi chiedere ancora una volta a Roversi di scrivere un disco insieme. Nasce così "Anidride Solforsa", quinto album e certamente uno dei capolavori della carriera di Dalla, per molti forse il migliore della trilogia con Roversi se non il migliore in assoluto della sua opera.
L'album si apre in modo strepitoso con il brano eponimo del disco, che vede confrontarsi la visione del futuro di una donna del popolo con quella della voce narrante, che interpreta l'idea delle classi dominanti, che sognano l'intrusione dei computer ('gli elaboratori') nella vita delle persone, il dominio tecnocratico della realtà e dei sentimenti umani da parte delle macchine. La musica passa così dalla accorata lettura della donna, temperamentale e intensa, sarcastica, popolare, sanguigna, alla asettica, distaccata, sognante lettura degli intellettuali e degli accademici. "la Borsa Valori", con le Baba Yaga ai cori femminili, è un pezzo di originalità assoluta: Dalla, in uno scat nevrotico e inimitabile, si lancia nella lettura dell'andamento azionario della Borsa di Milano, su un frenetico ritmo jazz decorato da incisi ironici di sax e fiati, che esplode in una deformazione finale spastica e irresistibile, momento tra i più alti forse dell'intera musica italiana degli anni settanta, degno di rivaleggiare con certe aperture sperimentali degli Area, davvero unico e superbo.
Segue la pure eccellente "Ulisse coperto di sale", prog cantautorile ottimamente arrangiato dal Maestro Ruggero Cini ed eseguito dalla formazione che lo accompagna (non accreditata sui libretti, sebbene ci sia chi ipotizza musicisti di studio della RCA anche in seguito alla corte di Lucio, come il pianista Toto Torquati, il chitarrista Luciano Ciccaglioni, il bassista Mario Scotti, il batterista Carlo Felice Marcovecchio). La successiva "Carmen Colon", sonnacchiosa ballata acustica, nasconde un terribile contenuto lirico, dato che si tratta della descrizione dell'omicidio di una bambina di 10 anni uccisa dal serial killer americano noto come "Alphabet Killer"; si tratta di un pezzo potentissimo, che mette i brividi.
"Tu parlavi una lingua meravigliosa" prosegue nella strada acustica iniziata col pezzo precedente: siamo nell'ambito di un sentimentalismo sincero e commovente, per una canzone da lacrime agli occhi, viscerale, dolcissima e intensa, unica canzone d'amore del disco, eccezione che rende ancora più notevole la sua presenza, malinconica e nostalgica, in un disco così crudele. Gli arrangiamenti di archi di Cini con cui si conclude il lato A si fanno ancora una volta sperimentali, quasi ispirati al rumorismo da fabbrica di Luigi Nono.
Il lato B si apre con l'ironica "Mela da scarto", che tratta il tema della delinquenza giovanile con quell'incrocio di leggerezza, umanità ed empatia con gli ultimi che caratterizza tanta produzione di Dalla ("4 marzo 1943", "Piazza Grande"). "Merlino e l'ombra" appare inizialmente come una fiaba mitologica che descrive un grande eroe, in realtà pomposo trombone che ha paura persino della propria ombra, e rappresenta forse l'allegoria di intellettuali, politici e accademici dell'Italia degli anni di piombo.
Come se non ci avessero straziato e straniato a sufficienza, Dalla e Roversi concludono il disco con tre brani dall'altissimo livello tanto di qualità quanto di inquietudine. "Non era più lui" è la terrificante vicenda di straniamento di un emigrato (e riprende, in senso ancora più oscuro e tragico, le tematiche de "l'operaio Gerolamo" del disco precedente), tanto più inquietante in quanto descrive bene sia la vicenda dell'emigrato italiano povero e non qualificato degli anni sessanta e settanta verso il Nord, il Belgio e la Germania, sia, in modo sovrapponibile e perfettamente applicabile, quella dei numerosi giovani qualificati italiani che hanno lasciato il proprio paese negli ultimi vent'anni. Il protagonista della canzone non è, chiaramente, un singolo emigrante, ma un 'soldato eterno' che rappresenta problemi, limiti, pregi e difetti degli italiani, con l'unica certezza di essere 'sempre più disperato', 'albero sradicato' e abbrutito dalle circostanze della sua vita ('era stato costretto a emigrare').
"Un mazzo di fiori" descrive la vicenda tragica del suicidio di Emilia Villesi, donna che, sconfitta da una vita miserabile, si getta nel fiume Po per annientarsi; anche qui gli arrangiamenti di Cini di archi e tastiere seguono suggestioni prog, tecnocratiche e rumoristico-industriali, con risultati di sconvolgente suggestione e lirismo commovente, perfino straziante (prima di suicidarsi, la povera donna 'si toglie le scarpe' sulle rive del fiume). Ma, significativamente, a concludere il disco è "le parole incrociate", descrizione degli scempi fatti dal Regno d'Italia tra 1861 e 1922, ben prima che arrivasse il fascismo, a voler ricordare le colpe pregresse di uno Stato spesso padrone e matrigna e raramente padre e madre: si rievocano le rivolte in Emilia per la tassa sul macinato (1869), i tumulti stroncati nel sangue dal ministro Nicotera (1876-1877), il generale Bava Beccaris che spara sulla folla su ordine di Re Umberto I (Milano, 1898), mentre la sezione ritmica corre a velocità folle lungo le ali del tempo, in una rievocazione del moto ferroviario simbolo del progresso che anticipa il tema del prossimo disco della coppia, "Automobili". E altrettanto significativamente, le ultime parole del disco del comunista Roversi sono: 'un filo rosso lega tutte, tutte queste vicende, attenzione, dentro ci siamo tutti, è il potere che offende'.
"Anidride Solforosa" è il disco più politico e feroce della carriera di Lucio Dalla. L'audacia dei testi di Roversi metterà inquietudine alla casa discografica RCA, che ne chiede un ridimensionamento per il successivo lavoro "Automobili". Dalla si compromette, e questo porterà alla fine la collaborazione con Roversi. Ma ne parleremo nella prossima puntata.
- Prog Fox
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#robertoroversi (parole)
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#babayaga (voci)
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