lunedì 23 gennaio 2017

Jacques Brel: "Jacques Brel 67" (1967)

Il 23 gennaio del 1967 esce "Jacques Brel 67", il nono album del cantautore belga Jacques Brel. Brel entra nello studio Barclay di Parigi il 30 dicembre 1966, il 2, il 3 e il 18 gennaio del 1967 e incide nove tracce nuove e una reincisione di un vecchio brano, "Les Bonbon", dimostrandosi padrone assoluto, a 37 anni, delle proprie doti canore, compositive, musicali e liriche.




(L'album completo, con l'aggiunta di tre inediti, si può ascoltare qui: http://www.deezer.com/album/12753562)

Brel ormai da parecchi anni dimora a Parigi, ma la sua terra d'origine rimane fortemente nel suo cuore e nella sua riflessione artistica. Lo si sente già a partire dal primo, meraviglioso brano, "Mon enfance" (https://www.youtube.com/watch?v=AtzP0k7X5eE), che racconta la sua infanzia a Schaerbeek, nei pressi di Bruxelles: una infanzia grigia in seno a una austera famiglia della borghesia cattolica, di origine fiamminga sebbene ormai francofona. Per quanto Brel stesso fosse francofono e non parlasse bene il fiammingo, Brel dava molta importanza alle proprie radici, di cui canta in un altro splendido pezzo del disco che è legato a doppio filo a "Mon enfance", ovvero a "Mon père disait" (https://www.youtube.com/watch?v=C4XcCDA4XvA), certamente uno dei suoi capolavori lirici, una descrizione piena di amore per il duro carattere delle Fiandre, della natura aspra di quella terra e del cuore dei suoi abitanti.

L'amore e l'odio per le Fiandre, per la famiglia, per le proprie origini, si mescolano in modo violento nella produzione di Brel: è questo contrasto profondo che viene traslato e si trasfigura in tutta l'opera dell'autore, fra l'austerità dei sentimenti e la teatralità del gesto, del canto enfatico e fortemente innovativo; con il contrasto fra i testi forti, sanguigni, anticlericali, di amore disperato, quando la sua fu la vita di un padre devoto, anche se non di un marito esemplare; e quello fra le musiche severe e minimaliste e quelle più chiassose (si pensi alle meditabonde "Mon enfance" e "Mon père disait" e alla scatenata fanfara di "Le cheval" che le separa).

Al trio di testa segue un altro eccezionale brano feroce e sopra le righe, "La la la" (https://www.youtube.com/watch?v=MsxJziHZ4Zw), in cui si descrive come in punto di morte (forse ispirato dalla diagnosi del tumore ai polmoni che lo ucciderà nell'arco di una decina d'anni di malattia: "Tranne che per il mio letto ed il mio magro passato, il mio cane sarà morto, la mia barba sarà pietosa, tutte le mie puttane mi avranno piantato in asso"), e in cui ancora emergono l'amore e l'odio per il proprio paese (esclama infatti: "Abiterò un Belgio qualunque, che mi insulterà tanto quanto oggi quando gli canterò Viva la Re...pubblica, viva i Belgi, merda per i fiamminganti" - con questo ultimo termine riferendosi alla destra nazionalista fiamminga di cui scriverà ""Nazis durant les guerres et catholiques entre elles").

Con "Les coeurs tendres" (https://www.youtube.com/watch?v=4FUXl0UYow0) siamo a un altro momento elevato del disco, canzone che procede al lento passo di danza, con un incisivo intervento di organetto, che trasuda Parigi da ogni nota. Segue "Le fils", che inizia come una dolorosa riflessione pianistica e poi esplode nella tipica enfasi appassionata e accalorata di Brel, che canta uno dei suoi testi più poetici, dedicato ai bambini ("Figli borghesi o figli illustri, tutti i bambini sono come i vostri. Figli di niente o figli di eroi, tutti i bambini sono come i tuoi. Lo stesso sorriso, gli stessi pianti, gli stessi sgomenti e gli stessi incanti. Figli di niente o figli di eroi, tutti i bambini sono come i tuoi"; traduzione di Duilio del Prete - sì, proprio il Necchi di "Amici Miei", che fu forse il più importante traduttore e interprete italiano di Brel - ma questa è un'altra storia).

Il brano più famoso dell'album è però "La chanson des vieux amants" (https://www.youtube.com/watch?v=dU-OD5_Dxrs), un classico immortale della canzone in lingua francese, di cui sono state realizzate infinite cover (una delle ultime, in Italia, di Battiato), caratterizzato dal pianoforte espressivo del grande amico Gérard Jouannest, sul quale si innestano un corno disperato e un quartetto d'archi struggente. "À jeun" (https://www.youtube.com/watch?v=DFjFfR-SlSQ) è un brano sarcastico ebbro di sfumature jazz, illuminato da un sax graffiante e notturno; "Le gaz" (https://www.youtube.com/watch?v=HEqOxE6C1lk) conduce il disco al termine con un brano di pop orchestrale dal sapore cinematografico.

Nel complesso siamo davanti a un disco davvero straordinario, consigliato a chiunque abbia solo un vago interesse nella lingua francese e nella cultura francofona. Il cantautore belga imposta il lavoro su tre modalità di presentazione: il sarcasmo, l'amore e il dolore, talvolta mescolati fra loro in modi inaspettati. Dopo "Jacques Brel 1967", giungeranno un nuovo LP in studio, "J'arrive", e la traduzione in francese del musical "L'Homme de la Mancha", prima che Brel faccia perdere le proprie tracce trasferendosi nelle Isole Marchesi, in Polinesia, per diversi anni. Ma questa è un'altra storia.

- Red

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