sabato 20 luglio 2024

Antonello Venditti: "Cuore" (1984)

Viene pubblicato quarant'anni fa oggi "Cuore", nono album del cantautore romano Antonello Venditti e disco della sua svolta dal cantautorile al commerciale romantico che dominerà la sua produzione per un decennio (attraverso "Venditti e segreti", 1986, "In questo mondo di ladri", 1988, "Benvenuti in Paradiso", 1991, fino a "Prendilo tu questo frutto amaro", 1995). Si tratta di un album che ha una imprevedibile svolta romantica e sentimentale ("Ci vorrebbe un amico"), con risultati anche notevoli ("Notte prima degli esami"), e tracce del suo vecchio sound (l'amara "Piero e Cinzia").



(disco completo qua: https://tinyurl.com/2h8nyw2p)

Quando esce "Cuore", Antonello Venditti ha 35 anni e non è più un pischello che può attentare alle virtù delle ragazzine. Tra l'altro il suo atteggiamento da poser lo ha ampiamente sfruttato negli anni settanta quando faceva il comunista alle feste dell'Unità, strizzava l'occhio languido alla generazione della sinistra extraparlamentare ("Sotto il segno dei Pesci", 1978) e ai perplessi dal compromesso storico ("Modena", 1979), tutte cose poi dimenticate quando anni dopo farà finta di essere stato un amicone di Enrico Berlinguer ("Dolce Enrico", 1991).

Ma tutto si tiene nel mondo di Antonello nostro: e quindi, dopo lo splendido "Sotto la pioggia" (1982), ultima coda della sua poetica degli anni settanta, dopo la vittoria dello scudetto della Roma che gli dona una nuova fama da uomo del popolo e dei sentimenti ("Circo Massimo" e "Grazie Roma", 1983), il cantautore romano decide che è ora di concupire le madri, magari passando attraverso le figlie. È questo lo spirito che anima "Notte prima degli esami", la canzone di apertura di "Cuore", album il cui titolo ci proietta nel nuovo corso del sentimentalismo piacione del nostro, antesignano del Rutelli di Guzzanti e, purtroppo, del vero Walter Veltroni.

La canzone è perfetta: non a caso diverrà colonna sonora prima delle maturità dei licei romani e poi di tutta la nazione grazie al terribile film omonimo, e ora vive come meme che ha vita propria, un po' come i cori delle squadre di calcio o "We are the champions" dei Queen. Antonello si lancia al pianoforte Bosendorfer con passione, rievoca in modi veramente suggestivi i giugni e i lugli delle maturità di tutti, con una frecciatina alla prof di italiano e una alle compagne che non te la danno, sua ossessione già dai tempi di "Compagno di scuola" (1975), ne hai presi di due di picche caro Antonello, tu che racconti che eri grasso come un maiale ("Mio padre ha un buco in gola", 1973). Ma nonostante sul finale si lasci andare e si immedesimi in ragazzini che hanno quindici anni meno di lui, la canzone è palesemente rivolta alle madri divorziate che egli concupisce, mentre ammiccando come Gianfranco Funari canta alla mamma - col suo sexy belato - che può mandare la figlia a dormire dal ragazzo la notte prima degli esami perché l'amore è amore e, così, avranno la casa libera.

Il suono slavato del disco è quello che segnerà un decennio di produzione vendittiana: se i segnali c'erano sempre stati (l'opportunismo politico era stato denunciato dagli Stormy Six nelle note di copertina di "l'Apprendista", anche ingiustamente a dire il vero; e già c'erano state certe concessioni al sesso torbido nella pur notevole "Giulia", 1978, o a un romanticismo terra terra, celebrazione della mediocrità, in "Sotto il segno dei pesci", 1978, e in "Stai con me", 1979), questo è il primo disco in cui Venditti diventa essenzialmente un cantautore d'amore, e diluisce il suono dei suoi ottimi musicisti in un pastiche di pop rock ottantiano riconoscibile e incredibilmente influente (nessuno ha compreso quanto la produzione di Alessandro Colombini abbia influenzato per esempio Eros Ramazzotti, Raf, gli Stadio).

Il vero simbolo del male però è "Ci vorrebbe un amico", canzone imbarazzante da ogni punto di vista per chiunque non avesse meno di 17 anni quando l'ha sentita la prima volta e quindi potrebbe al limite essere scusato. Antonello qui è al vertice sublime del cringe, che supererà solo con gli 'uh-uh-uh' del coro di "In questo mondo di ladri" quattro anni dopo, impresa ardua ma nulla è impossibile al nuovo Vendittone over trenta, citazione dantesca inclusa (in una incredibile strizzata d'occhio al pubblico che aveva sentito, quattro pezzi prima, "Notte prima degli esami", come un Ciccio Sultano qualunque).

L'unico residuo di politica che ci lascia l'album è "l'Ottimista", in cui Venditti denuncia lo yuppismo e l'arrivismo di Craxi in maniera del tutto esplicita. Non è un caso che sia uno dei pezzi migliori del disco (anche se lo 'yeah' in coda al ritornello è ancora una volta discutibilie); ma la canzone migliore del disco è chiaramente "Piero e Cinzia", l'unica che riesce veramente a trasmettere un sentimento di amore doloroso e sincero, con un perfetto arrangiamento reggae (i musicisti che lo accompagnano rimangono di primissimo piano e collaboratori fedeli), sullo sfondo del concerto di Bob Marley a Milano nel 1980.

Ironia a parte, il disco è bello, e non è neppure giusto giudicare la svolta popolare di Venditti in modo diverso da quanto non si fa per autori percepiti come proletari come Vasco Rossi o gli Stadio. Ma la verità è che è molto più facile apprezzarlo se non conoscete l'Antonello Venditti precedente e se non siete stati saturati sonicamente dai passaggi delle sue hit del decennio successivo, nel quale, purtroppo, il cantautore si dedicherà principalmente a mungere fino all'esaurimento la formula che nel 1984 gli ha dato oltre 200'000 copie vendute e due dischi di platino.

- Prog Fox


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