martedì 25 giugno 2024

Prince and the Revolution: "Purple Rain"

Nel giugno di quarant'anni fa vedeva la luce "Purple Rain", sesto album di Prince, qui accompagnato per la prima volta dalla band The Revolution. Se sapete di cosa si parla, e avevate bisogno di una scusa per riascoltarlo, questo è il segno che l'universo vi ha mandato. Se invece non lo sapete: benvenuti sulla Terra, amici e amiche da Marte e/o zoomer! Preparatevi a scoprire 44 minuti di musica tra i piú rivoluzionari del '900.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/28x2rxvj)

"Purple Rain" è molte cose, tutte fuori dall'ordinario. È uno degli album piú importanti della storia della musica nera americana, prodotto dal suo ragazzo piú prodigioso, e non me ne vogliano i fan di Michael Jackson; diciamo ragazzo perchè Prince, giovane, lo era davvero, avendo da poco compiuto 26 anni quando il suo sesto (SESTO!) disco deflagrò nelle classifiche. È un'opera che fa a pezzi, e poi trascende, qualsiasi confine di "genere musicale", composta da nove canzoni di sublime, imbarazzante bellezza. È lo showcase delle abilità di uno dei piú grandi musicisti, compositori e performer del ventesimo secolo. È uno di quei casi rari di successo totale, di pubblico e critica, in cui la girandola di iperboli e gli sperticamenti in lodi sono punto esagerati.

A ventisei anni, dicevamo, Roger Prince Nelson aveva giá rilasciato cinque album in studio, compreso il precedente "1999", discreto successo di pubblico e critica ben rappresentato dal singolo "Little Red Corvette", elettrico funk-pop-rock denso dei sottotesti sessuali che caratterizzarono la fase iniziale della carriera di Prince - si scherza, i sottotesti sessuali SONO la carriera di Prince. Il Nostro, all'epoca, era un bizzarro personaggio mediatico che rifuggiva i riflettori e curava meticolosamente la propria immagine parte Jimi Hendrix, parte James Brown (con una punta di Miles Davies) e parte alieno androgino (tipo Ziggy Stardust, ma piú arrapato). Roso dall'ambizione e da una certa invidia per il successo di altri artisti neri (abbiamo giá citato Michael Jackson, sí?) durante il tour per "1999" Prince mise insieme non solo le canzoni da inserire nel nuovo album, ma anche una sceneggiatura per un film semi-autobiografico che le utilizzerá come colonna sonora. Prodotto al prezzo di un piatto di lenticchie, anche al netto dell'inflazione, il "Purple Rain" cinematografico incassó oltre 100 milioni di dollari al botteghino e contribuí alla chilometrica lista di premi con cui Purple Rain ha decorato le mensole di Paisley Park, la leggendaria magione di Prince a Minneapolis.

Le canzoni e i generi, dicevamo. La coerenza interna dell'album, a livello di sound, é ferrea: sintetizzatori baluginanti e drum machines accompagnano la voce di Prince, spesso sgolata e in falsetto; le chitarre non sono onnipresenti, ma sono protagoniste indiscusse quando ci sono: nell'opening rock and roll di "Let's Go Crazy" e come accompagnamento ipnotico e vertiginoso di "Darling Nikki"; nell'assolo di "Computer Blue", che é sexy e metal insieme, e in quello della disperatamente malinconica ballatona "The Beautiful Ones". Le sei corde restano un po' piú defilate nel singolo "When the Doves Cry", notevole soprattutto perché completamente privo di qualsiasi linea di basso (e che sia proprio Prince a permettersi tale audacia da un lato stupisce, dall'altro non stupisce per niente); del tutto assenti in "Take Me With You" sul lato A, elegante divagazione synthpop, e per la doppietta "I Would Die for You" e "Baby I'm a Star" sul lato B, autentici gioielli synth-funk che spaccano, reincollano, e ri-spaccano tutto ne giro di poco piú di sette minuti. E poi, e poi...

E poi il disco si chiude con "Purple Rain": seria candidata al titolo di migliore canzone mai scritta, cibo per l'anima, travolgente crescendo cinematico il cui culmine, un distillato di emozioni sotto forma di assolo di chitarra e vocalizzi "Woo-hoohoohoo", scivola infine in due minuti di bagliori ambient/psichedelici/ASMR ante litteram, che massaggiano le tempie all'ascoltatore e lo riportano, piano piano, alla realtá. Iconica e inconfondibile come poche altre canzoni (vengono in mente "Stairway to Heaven" e "Comfortambly Numb" come papabili paragoni), praticamente impareggiabile per pathos, Purple Rain è la gemma piú luminosa della corona di Prince, se per corona intendiamo l'ampia collezione di canzoni meravigliose da lui rilasciate nel corso della sua carriera ultratrentennale. Non lo diciamo spesso,e mai a vanvera, ma ci sentiamo di dirlo ora: ascoltatevi questo disco, perchè è unico ed inimitabile, è geniale, ed è bello, ma bello davvero.

- Spartaco Ughi

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