Il 20 febbraio di quarant'anni fa usciva il disco di debutto omonimo degli Smiths, una delle più importanti formazioni del rock indipendente inglese degli anni ottanta. Formati a Manchester nel 1982, avrebbero guidato il ritorno alle chitarre jingle-jangle e della reazione all'abuso di synth e drum machine nella musica pop, e l'androgino nerd Morrissey sarebbe stato un faro dell'introspezione nerd e intellettuale: musica e liriche influenzarono tanto il college rock americano coevo quanto il brit pop degli anni novanta. Il disco raggiunse il #2 nelle classifiche britanniche.
(disco completo: https://tinyurl.com/mw29shf)
A Manchester, nel maggio del 1982, il chitarrista Johnny Marr, 18 anni, va a casa del cantante Steven Morrissey, 23, per chiedergli di formare una band. Si conoscono dal 1978, quando si erano incontrati a un concerto inglese di Patti Smith. Verso la fine dell'anno Morrissey (che vieta a chiunque di chiamarlo per nome, dato che lo odia) decide che il gruppo che formerà con Marr si chiamerà Smiths; dopo qualche cambio di organico, un primo demo e un primo concerto a ottobre, la formazione si stabilizza con il bassista Andy Rourke e il batterista Mike Joyce.
Nel maggio del 1983 la casa discografica Rough Trade pubblica il loro primo singolo "Hand in Glove": la risposta del pubblico è positiva e agli Smiths viene offerto un contratto per incidere il loro primo album, omonimo. Morrissey nasconde dietro a un nome di anonimato assoluto un approccio intellettuale, sessualmente asessuale più che ambiguo, ed estetizzante; del tutto non credibili le affermazioni del cantante di volere realizzare un disco per la gente comune, motivo per cui avrebbe scelto il nome di Smiths.
Allo stesso modo, i suoi testi non hanno nulla dello stereotipo dell'uomo delle classi popolari, o della classe operaia: nelle storie di Morrissey non ci sono birre calde e giubbotti di jeans, non ci sono i Clash, non ci sono gli Specials e non ci sono gli U2, tantomeno i gruppi new romantic o synth pop. Anzi, i testi disturbano: "Reel Around the Fountain" (uno dei capolavori dell'album) e "The Hand That Rocks the Cradle" vengono accusate di sponsorizzare la pedofilia, quando corrono lungo il filo dove diventa indistinguibile cosa sia provocazione estetizzante e cosa sia il disagio esistenziale di un giovane intellettuale della classe media, alienato dalla realtà che lo circonda.
Fatto sta che nell'Inghilterra degli anni '80 e dei governi Thatcher, questo disagio è diffuso tra tanti giovani che non si identificano in nessuno dei gruppi sopracitati. Apolitici, in crisi con la propria sessualità e con la sessualità in generale, timidi, insicuri, nerd, malinconici, esistenzialisti, portano "The Smiths" al secondo posto delle classifiche britanniche.
Musicalmente, è la ritmica di Johnny Marr, uno dei chitarristi più originali dell'era post punk, a trascinare i brani alla grandezza, senza nulla togliere al basso dinamico di Andy Rourke e alla batteria incisiva di Mike Joyce. I riff e le strutture armoniche di Marr, appena diciannovenne, lo renderanno immediatamente un guitar hero, sebbene uno estremamente peculiare, sulla falsariga dei grandi creatori di strutture come Andy Summers e delle chitarre a dodici corde come i Byrds (influenze anche di un certo Peter Buck di Athens, Georgia, che è il chitarrista di un altro gruppo in ascesa, i R.E.M.).
"The Smiths" è ancora chiaramente un disco immaturo; non tutte le canzoni raggiungono la perfezione formale e sostanziale dei dischi successivi, ala produzione non è ancora in grado di afferrare ogni piega e sfumatura del loro suono; ma come pietra angolare della carriera di uno dei più importanti gruppi inglesi degli anni ottanta, l'album contiene già in sé tutti gli elementi che lo renderanno grande.
- Prog Fox
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