martedì 27 febbraio 2024

Queen: "The Works" (1984)

Il 27 febbraio di quarant'anni fa usciva "The Works", album in studio dei britannici Queen. Il gruppo, smaltita la sbronza da funky e sintetizzatori dei primissimi anni '80, e dopo avere per la prima volta passato un anno solare senza pubblicare un lavoro, ritorna con un disco fra i più popolari della propria carriera e fra i più iconici degli eighties: è infatti l'album di perle come "Radio Ga-Ga", "It's a hard life" e "I want to break free", con il suo video kitsch che bastò a compromettere per anni la presenza dei Queen sul mercato americano!



(disco completo: http://tinyurl.com/3vf4e9hx)

Dopo la pubblicazione di "Hot Space" (maggio 1982), considerato da molti il breve nadir della carriera dei Queen, e il tour mondiale del 1982 stesso (novembre 1982), il cantante-pianista Freddie Mercury, il chitarrista-cantante Brian May, il bassista John Deacon e il batterista-cantante Roger Taylor si prendono qualche mese di pausa, per poi ritrovarsi nell'agosto del 1983 per dare il via alle registrazioni del loro undicesimo album in studio. Il 1983 diventa così l'unico anno a partire dal 1973 che non vede il gruppo pubblicare un LP.

La pausa arriva nel momento giusto, "Hot Space" era stato un periodo difficile anche dal punto di vista umano e i rapporti all'interno del gruppo si erano fatti tesi. La distanza non separa i quattro amici ma fa loro ritrovare la voglia di lavorare insieme, e le nuove sedute di registrazione, iniziate a Los Angeles e completate a Monaco, sono estremamente proficue (porteranno anche alla registrazione del singolo natalizio "Thank God it's Christmas", purtroppo non incluso nel disco, e a numerose outtake e brani ripresi negli anni successivi come "Man Made Paradise", "Man on Fire", "There must be more to life than this" e "Love kills").

Il disco si pare con uno dei brani più celebri della lunga produzione dei Queen, "Radio Ga Ga". Oltre ad avere un ritornello tanto sciocco liricamente quanto contagioso, sorta di punto zero della melodia rock già affrontato dal quartetto in "We will rock you" e successivamente ritrovato in "I want it all", "Radio Ga Ga" è una nostalgica riflessione sul significato della radio e della musica, sorta di risposta elegiaca ma speranzosa a "Video killed the radio stars" dei Buggles. Buffo che a distanza di tanti anni lo streaming e i social abbiano ucciso i videoclip e promosso invece il ritorno di brani minimalisti da trenta secondi, salvando magari le radio ma condannando senza appello la musica come arte di massa. A ogni modo, nella canzone emerge l'attenzione per la ritmica del suo autore, il batterista Roger Taylor, che si concentra più sull'uso dei sintetizzatori che su quello della batteria, molto semplice, ma soprattutto l'arrangiamento di basso di John Deacon, che come sempre quando se lo concede riempie i vuoti con la sua creatività, le sue linee fluide e la precisione nelle scivolate lungo le corde.

Secondo dei tre brani indimenticabili del disco è "I want to break free", un pop rock brillante composto dal bassista John Deacon, con solo di sintetizzatore dell'amico Fred Mandel, presente in vari brani dell'album. Un milione e duecentomila copie vendute del singolo, terzo posto nel Regno Unito e divenuto negli anni ottanta un inno alla liberazione, famosissimo anche per il video, ideato da Taylor, in cui i musicisti vestono come donne in una parodia della soap opera inglese "Coronation Street". Il video fu censurato in America, interpretato come una dichiarazione di travestitismo e come conferma della bisessualità di Mercury, e in risposta i Queen non fecero concerti in Nord America durante il tour promozionale del disco.

Forse il punto più alto dell'album però è la ballata "It's a hard life", che come molte canzoni dei Queen tradisce la visione della vita di Freddie Mercury, quella di un uomo che non ha intenzione di mollare mai davanti alle avversità e che nonostante l'atteggiamento guascone e gli stravizi resta un uomo di cuore, e un amico leale, come dimostrerà fino alla sua fine purtroppo arrivata troppo presto. La canzone comincia con uno strepitoso Mercury che si esibisce in una citazione dell'aria "Vesti la giubba" de "I pagliacci" di Ruggiero Leoncavallo e si caratterizza per le delicate intricatezze melodiche della chitarra di May e del basso di Deacon, che sorreggono il brano lungo tutto il suo svolgimento, con un picco nella variazione strumentale (lunga quasi un minuto) illuminata da un radioso assolo di May stesso.

Nonostante queste perle di enorme successo, il resto del disco è gradevole ma non essenziale - più per completisi ed amanti dei Queen che per l'ascoltatore casuale, che le avrà già sentite nelle varie antologie. "Tear it up" è un hard rock abbastanza tradizionale, con un 4/4 sincopato e le classiche armonie vocali del gruppo; "Man on the Prowl" un rockabilly da tre accordi scritto da Mercury sulla falsariga di "Crazy little thing called love", ma molto meno interessante; meglio allora "Hammer to Fall", introdotta da un riff di chitarra memorabile, con un duetto vocale nel ritornello tra Mercury e May, e una sgolata prova vocale di Freddie.

In linea con il tema futurista del video di "Radio Ga Ga", che vede i Queen interagire con set e immagini di "Metropolis", "Machines (Back to Humans)" è una riflessione sulla tecnologia e sul ruolo sempre più ampio che le macchine hanno nella vita di tutti i giorni. L'aumento dell'elettronica sia nella musica sia nella vita di tutti i giorni, e le possibilità della tecnologia, influenzano un po' tutti in quegli anni, e non è un caso che il 1984 sia anche l'anno di "Terminator". La canzone, costruita da May e Taylor come un interessante hard rock elettronico in cui il batterista fa ampio uso dell'elettronica per creare e supportare la ritmica, un po' come stavano facendo nello stesso periodo i Depeche Mode, è sorretta da un'altra incredibile prestazione urlata di Mercury.

"Keep passing the open windows" è una delle molte canzoni contro la disperazione e il suicidio scritte dal gruppo (eg, "Don't try suicide", "Don't try so hard"), aperta da una bellissima linea vocale di Mercury e caratterizzata da un bel giro di pianoforte, ma un po' banale nella strofa; così come gradevole ma inessenziale è la conclusiva ballata per chitarra acustica e voce "Is this the world we created", che nel testo sviluppa superficialmente le tematiche sociali che stanno prendendo piede nel mondo del rock e che porteranno anche alla realizzazione di "Do they know it's Christmas Time" (dicembre 1984), "We are the world" (marzo 1985), e al Live Aid (luglio 1985).

Proprio in questo periodo, due settimane di concerti in Sudafrica, al culmine dell'apartheid e con il paese al centro di un boicottaggio musicale promosso dalle Nazioni Unite, porteranno i Queen a essere messi sulla lista nera sia dell'associazione dei musicisti britannici, sia dell'ONU stessa. Ci vorranno molti mesi prima che il gruppo, probabilmente ingenuo e non malintenzionato, sia riammesso alla scena rock, proprio in occasione del Live Aid.

- Prog Fox



#queen #ceraunavoltailrock #ceraunavoltail1984

#freddiemercury (voce, pianoforte; sintetizzatore [#1; #7])
#brianmay (chitarre acustiche & elettriche, voce; sintetizzatore [#5])
#johndeacon (basso elettrico; chitarra elettrica [#6]; sintetizzatore [#6])
#rogertaylor (batteria & percussioni, voce; sintetzzatore [#1, #5])

#fredmandel (pianoforte [#7]; sintetizzatore [#1,6,8])
#reinholdmack (programmazione [#5])

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