mercoledì 24 gennaio 2024

Steve Vai: "Flexable" (1984)

Esce nel gennaio di quarant'anni fa "Flexable", primo album solista di Steve Vai, al tempo noto per essere stato chitarrista della band di Frank Zappa. II disco è un capolavoro di virtuosismo ("Salamanders in the Sun"), stupid songs zappiane ("The Boy/Girl Song"), talvolta dal sapore sperimentale ("Little Green Men"), e anche qualche momento tragico (la disperata "Junkie", erede anni ottanta della velvetiana "Heroine"). Superbo.



(disco completo: http://tinyurl.com/yc7e54v4)

Steve Vai, italoamericano newyorkese classe 1960, inizia a suonare la chitarra da bambino, e a 17 anni diventa un allievo del ventunenne Joe Satriani, in procinto di divenire anche lui un guitar hero. L'anno successivo va a studiare al Berklee College of Music di Boston, dove viene scoperto da Frank Zappa, per il quale diventa la spalla chitarristica dal 1980 al 1983. Al termine di questa esperienza, costruisce il proprio studio in casa, e incide il primo lavoro solista: "Flexable".

L'album, ispiratissimo, è zeppo di stupid songs e strumentali di matrice prog rock/fusion. Al primo insieme appartengono il capolavoro alla Residents "Little Green Men" che apre il disco, le stupefacenti collaborazioni con i coniugi Harris (Robert, cantante e trombettista di Zappa, e Susy), ovvero "The Boy/Girl Song" (parodia delle canzoni pop d'amore con un testo assolutamente esilarante nella sua banale generalità), "Lovers are crazy", ma soprattutto la sofferta "Junkie", forse unica canzone pressoché seria del disco, con un testo di assoluta disperazione che ricorda "Heroine" di Lou Reed, sorta di sua rilettura hard rock anni ottanta, chiusa da una lunga seconda parte strumentale.

Tra gli strumentali, "Salamanders in the Sun" è una meraviglia in parte ispirata a simili pezzi di Zappa come "Peaches en Regalia", "The Golden Arches" o "Toads of the short forest"; l'hard rock al fulmicotone "The Attitude Song" è ciò che più sembra anticipare il visionario futurista della chitarra che prenderà il sopravvento nei dischi successivi: poliritmo 7/16 contro 4/4, e una dimostrazione di tutte le principali tecniche chitarristiche del tempo, interpretate in senso estremo. "Call it sleep" è un jazz blues cinematografico che apre su un mare calmo notturno a dimostra la precisione e la flessibilità del tocco ritmico di Steve, e poi lo vede inerpicarsi sui raggi di luce della sua tecnica solista. "Next Stop Earth" è un breve omaggio a Jimi Hendrix. "There's something that in here" è metal psichedelico, se dovesse mai esistere una cosa del genere, Hendrix per le nuove generazioni, Hendrix per gli anni novanta anche se siamo solo al 1984.

"Flexable" è un piccolo capolavoro, ma è assolutamente sconsigliato ai fanatici dello Steve Vai classico, dello shredder dalle lunghe dita che ha scritto alcune delle pagine più estreme del metal anni novanta. Il disco va consumato dagli eclettici, dai discepoli di Zappa, e da tutti coloro che sanno prendere la musica con un tocco di humor e che adorano una musica capace di esplorare e avventurarsi ai confini di quello che è limitato solo dalla propria immaginazione.

Poco dopo la pubblicazione del suo primo album solista, entrerà negli Alcatrazz di Graham Bonnet, poi sarà con David Lee Roth transfuga dai Van Halen, con i Whitesnake di David Coverdale, e poi tornerà come guitar hero del metal nel 1990, con "Passion and Warfare". Mai dimenticando gli anni di Zappa e l'entusiasmante esordio di "Flexable".

- Prog Fox



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#scottcollard (piano elettrico, tastiere & sintetizzatori)
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