giovedì 13 luglio 2023

Jethro Tull: "A Passion Play" (1973)

Usciva cinquant'anni fa oggi "A Passion Play", settimo album dei Jethro Tull e certamente il più controverso fra i dischi dell'era classica del gruppo. Dopo la scherzosa, riuscitissima, perfetta parodia del concept album progressive "Thick as a brick", Ian Anderson e i suoi si fanno ingolosire dall'idea e decidono di proporre un concept album serio. Le sedute di registrazione al Chauteau d'Herouville, dove hanno registrato Elton John e Rolling Stones, vanno però malissimo e il gruppo cancella la sua prima idea per riscrivere velocemente il lavoro come una sorta di incrocio fra una via crucis e un inferno dantesco moderni. Tentativo non da disprezzare, ma verboso, prolisso e contorto. Uno dei dischi che, in quel periodo, furono identificati senza appello come esempio dei crescenti eccessi del progressive rock.



(disco completo con tracce extra: https://tinyurl.com/37yrh8pd)

"A Passion Play", settimo album dei prog rocker britannici Jethro Tull, è il figlio di una serie di circostanze casuali, senza le quali non sarebbe mai stato concepito così come lo conosciamo oggi.

La prima di esse è l'alto regime di tassazione del Regno Unito a inizio anni settanta. Artisti che guadagnano nelle fasce di reddito più alte arrivano a pagare anche il 90% di tasse, cosicché moltissimi artisti britannici, specie quelli di successo che possono permetterselo, diventano 'tax exiles', esuli fiscali, e vanno a vivere e registrare in altri paesi come la Francia e la Svizzera. Fra loro troviamo Elton John e Rolling Stones, oltre appunto ai Jethro Tull.

Fondati nel 1967 dal cantante e flautista Ian Anderson, essi hanno all'attivo negli ultimi due anni successi internazionali consecutivi come "Aqualung" e "Thick as a brick", realizzati all'interno di una evoluzione che, anche attraverso cambi di organico, dal progressive blues delle origini ha visto aumentare le dosi di folk e hard prima e di prog poi, compresi testi sempre più simbolisti e verbosi da parte del cantante stesso. Della formazione originale non è rimasto nessuno: a organo, basso e batteria sono subentrati con gli anni tre vecchi amici di Anderson, John Evan, Jeffrey Hammond e Barrie Barlow, mentre alla chitarra dal 1969 c'è Martin Barre, che sarà l'unico a rimanere al fianco di Anderson fino al 2011.

Quando si trasferiscono in Francia, i Jethro Tull iniziano a incidere presso il Castello di Hérouville quello che dovrebbe nelle loro intenzioni essere un doppio LP e l'ennesimo concept album, che questa volta ha come tema l'umanità, reinterpretata alla luce di metafore animali, oltre che le usuali riflessioni di Anderson sulla religione e la figura della divinità. Il gruppo incide tre facciate di materiale prima di arrendersi a una serie infinita di problemi che evidentemente né Elton John né altri avevano trovato (cimici nei letti, questioni tecniche legate agli impianti, una intossicazione alimentare che coinvolge gran parte del loro entourage) e rientrare in Inghilterra. È a questo punto che l'idea di rimettersi a lavorare al materiale già prodotto appare insopportabile, e si decide così di recuperare qualche idea musicale e scrivere un nuovo concept da capo.

I Tull decidono di proseguire sulla strada del concept serio; un disco allegorico, se vogliamo, ma comunque serio, che racconta le vicissitudini di un uomo, Ronnie Pilgrim, dal momento della sua morte a quello della sua reincarnazione, dopo essere passato per il giudizio divino, il Paradiso e l'Inferno. Il senso del racconto si deduce in parte dai testi e in parte dal libretto di accompagnamento, completo di un programma teatrale fittizio per lo spettacolo. Qui e lì si recuperano alcuni frammenti dell'abortito progetto del Chateau d'Hérouville.

L'album si caratterizza per un ampio uso di accordi minori e per l'aggiunta, a fianco del solito armamentario di strumenti del gruppo, del sax soprano e sopranino, suonato da Anderson, che impiegherà anche nel successivo "Warchild" prima di abbandonarlo. Il disco segue in parte la formula di "Thick as a Brick", presentandosi come un'opera unica di 39 minuti di lunghezza che corre lungo le due facciate dell'ellepì. A differenza di "Thick as a Brick", le due parti sono separate da un poemetto in musica di circa sei minuti, "The Story of the Hare who Lost His Spectacles", che riprende i temi delle allegorie fiabesche del mondo animale e viene narrato dal bassista Jeffrey Hammond, che lo compone con Anderson su musiche del tastierista John Evan. Si tratta di un momento piuttosto discutibile per il disco, almeno dal punto di vista di chi scrive, che mal tollera le narrazioni musicate e il parlato, eccetto in pochissime eccezioni - fra le quali "The Story" non compare.

Tutto "A Passion Play", nel complesso, soffre della riscrittura in corso del progetto, della fretta col quale è stato registrato e della risultante frammentarietà del tutto. Alle orecchie di un ascoltatore di oggi, peraltro, colpisce la mancanza di lucidità, dovuta probabilmente alla spossatezza del complesso, che li porta a scartare alcune melodie e alcuni brani felici delle sessioni francesi ("Skating away on the thin ice of the new day", "Sailor", "Animelee", "Only solitaire"), che sono emersi nel corso degli anni come tracce bonus in vari box set. Probabilmente, selezionando il meglio del disco pubblicato e dei brani scartati, si sarebbe potuto produrre un ennesimo classico del gruppo.

"A Passion Play" si caratterizza perciò per una lunga serie di saliscendi, in parte anche voluti, dato che spesso vi sono brusche giustapposizioni fra un accelerato riff hard rock e una sequenza minore per pianoforte e voce, ma che danno un effetto complessivamente di poca soddisfazione, specie quando a un momento intenso ed esaltante segue un momento anti-melodico o caratterizzato dagli abusi di verbosità del cantante (si pensi ai meravigliosi inni di "Forest Dance", intermezzati dalla infelice "Story of the Hare").

La confusione dietro alla realizzazione dell'album è evidente anche davanti alla messe di ristampe e riproposizioni del lavoro. Più volte verrà rimasterizzato, e lo scorrimento del disco come traccia unico sostituito da varie suddivisioni del materiale, a cui vengono dati titoli per riconoscere e separare le varie parti. Analogamente, il materiale inciso in Francia verrà ripubblicato tre volte, con parti diverse, titoli diversi e ordine di ascolto modificato.

Basandosi sulle suddivisioni più usuali, le parti migliori del disco si trovano sul lato A e nel finale, noto come "Magus Perde" (dal nome del personaggio che porta il protagonista della storia alla resurrezione), un vero capolavoro di prog rock che vede spiccare i sintetizzatori di Evan e la tagliente chitarra di Barre. La fase centrale del lato B è invece la meno digeribile, a causa dello sbilanciamento verso la logorrea di Anderson, mal supportata da musiche melodicamente minimaliste e statiche ("The foot of our stairs", "Flight from Lucifer").

L'album è oggigiorno considerato uno dei più chiari esempi della gargantuesca, esorbitante hybris e della propensione all'eccesso del rock progressivo in caduta libera, assieme ad altri mezzi fallimenti come "Tales from Topographic Oceans" degli Yes o "Brain Salad Surgery" di Emerson, Lake & Palmer. Nonostante i critici abbiano esagerato l'insuccesso artistico di questi dischi, non si può dire che "A Passion Play" sia un capolavoro, a meno che non siate progghettari estremi che cercano l'insolito e il complicato fine a se stesso.

Sebbene "A Passion Play" arrivasse brevemente al primo posto in classifica in vari paesi tra cui l'America, grazie al traino dei due dischi precedenti, la sua ostilità all'ascoltatore cambia per sempre le fortune commerciali e la posizione nel gotha del rock dei Jethro Tull, facendoli tornare gruppo di culto invece che arena rocker in cima alle classifiche mondiali.

- Prog Fox

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