sabato 1 aprile 2023

Lucio Dalla: "Il giorno aveva cinque teste" (1973)

Esce nell'aprile di cinquant'anni fa "Il giorno aveva cinque teste", album di Lucio Dalla e primo della trilogia di dischi composta assieme al poeta Roberto Roversi che rese il cantautore bolognese uno dei più importanti autori della canzone italiana. Un disco meraviglioso, politicizzato, profondo, proletario, operaista. In esso si respira l'Italia degli anni settanta, in esso si respira la grandezza di due autori che si esaltano a vicenda all'inizio di uno dei rapporti più simbiotici e intensi della nostra musica del Novecento. L'album è il primo capolavoro di Lucio Dalla e rappresenta il raggiungimento della sua piena maturità artistica.



(disco completo: https://tinyurl.com/5ehzvzey)

Dopo avere interrotto il pur proficuo e formativo sodalizio con il grande autore e produttore Sergio Bardotti e con il paroliere Gianfranco Baldazzi, Lucio Dalla, ormai convinto di essere in grado di lavorare alle musiche in totale autonomia, chiede la collaborazione del poeta e scrittore Roberto Roversi, intellettuale comunista multiforme che tra le mille attività è anche collaboratore e amico di Pier Paolo Pasolini.

Lasciata Bologna per Roma, anni prima che Dalla assembli attorno a sé una sua nuova band nella sua città natale, gli Stadio, il produttore Roberto Formentini gli mette a disposizione alcuni dei migliori turnisti della RCA, musicisti fuori dal comune che hanno adornato moltissimi dei più bei dischi italiani degli anni settanta: non citati nei crediti originali dell'ellepì, troviamo il chitarrista Luciano Ciccaglioni, l'arrangiatore e tastierista Ruggero Cini, il tastierista Toto Torquati, il bassista Piero Ricci e il batterista Massimo Buzzi.

Il tema principale dell'album, che sarà ossessione e centro ideale di tutta l'opera di Dalla e Roversi (che proseguirà con "Anidride Solforosa" del 1975 e "Automobili" del 1976) è la macchina, cosa riflessa potentemente non solo nei testi ma anche nelle musiche, che non di rado hanno un carattere sperimentale che le avvicina alla musica concreta e alla musica industriale, in particolare apparentata con quanto i Kraftwerk stanno facendo in Germania. Questo sarà il disco più sperimentale della trilogia, nel quale emerge anche la scelta di Dalla di rendere il suono industriale in modo totalmente organico (laddove i Kraftwerk e i Tangerine Dream progressivamente passeranno a drum machine e loop): l'inventiva della sezione ritmica e l'uso dei sintetizzatori creano effetti suggestivi in molti dei brani: "Grippaggio", "Pezzo Zero", "l'operaio Gerolamo", "l'Auto targata TO".

Certamente non è un caso che i due capolavori del disco siano anche i brani più politicizzati, entrambi dedicati al tema dell'emigrazione, che aprono e chiudono la prima facciata.

In apertura, "l'Auto targata TO" è uno straziante ritratto di una famiglia emigrata dal Sud ('la ragazza venduta per ore, nella campagna butta sangue e sudore', 'la madre una forma disfatta', 'il padre è uno schedato, spiato', 'mattoni su mattoni sono condannati i terroni a costruire per gli altri appartamenti da cinquanta milioni'). Il gruppo famigliare è descritto all'atto di attraversare la Penisola, 'un'Italia sventrata dalle ruspe che l'hanno divorata', mentre Dalla e i suoi musicisti alternano, nel brano di struttura irregolare, una breve riflessione introduttiva dall'ispirazione vocale radicata nel r&b, una intensa fuga rock dalle influenze progressive che mette in mostra tutta la grandezza della sua band, e una parte elegiaca basata su chitarre acustiche, ritmica in wah-wah, pianoforte e archi sintetizzati.

"l'operaio Gerolamo", brano superlativo, meditativo e disturbante, con futuriste prove da antologia del bassista Ricci e del batterista Buzzi, parla invece delle morti sul lavoro nel contesto dell'emigrazione all'estero ('s'alza il sole sui monti e sono morto e sotterrato [...] e un altro al posto mio è già arrivato').

Sul lato B, "Il coyote", favola che vorrebbe essere un dolce inno alla fantasia, è uno dei pezzi più amati del disco ma al vostro umile recensore risulta piuttosto pedante sia nel messaggio ('la vita è fantasia e coraggio') sia nella musica; almeno viene riscattato dal fenomenale finale in scat di Lucio. Molto meglio fanno "Grippaggio" (sospeso fra sonnacchiosa canzone pop, blues rock, caroselli e rumorismo futurista), l'ispirato jazz rock di "la Bambina", con un luminoso assolo di sax di Dalla, e l'allucinato scat surreale "Pezzo Zero".

Il finale è appannaggio della brevissima elegia in punto di morte "la Canzone di Orlando" ('se i monti sono foreste e le strade nelle tempeste io mi fermerò nel volo e potrò raccontare la mia vita passata e ti saprò aspettare'), dolcissimo e straziante, con l'uso musicale dei respiri che ricorda Kraftwerk e Tangerine Dream. L'invocazione del paladino carolingio all'oca selvatica (il cui nome latino è anser anser) ci confonde e mescola la figura del campione franco (abbandonato dal cavallo e con 'il ferro' sulle ginocchia) all'Orlando androgino di Virginia Woolfe, in uno dei più arditi e insospettabili crossover del cantautorato italiano.

L'album è il primo capolavoro di Lucio Dalla e rappresenta il raggiungimento della sua piena maturità artistica.

- Prog Fox

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