venerdì 31 marzo 2023

sXmatron: "Il dolce bianco" (2003)

Usciva il 31 marzo di vent'anni fa "Il dolce bianco", secondo album dei rocker demenziali sXmatron, gruppo autoprodotto recensito solo perché ha buone entranze coi titolari del sito. Se sapete resistere a una qualità di registrazione molto lo e poco fi, agli errori tecnici degli strumentisti e a un abuso di volgarità corrive già usate meglio da altri cento complessi, ci troverete forse qualcosa di buono.



(disco completo qui: il-dolce-bianco)

Dopo il dilettantesco "Ages anuit aff!", completato un anno e mezzo scarso prima, gli sXmatron escono con questa loro seconda fatica, nella speranza di avere fatto qualche miglioramento sia nel suonare che nel comporre. Dal punto di vista tecnico possiamo notare che il chitarrista Teo sta chiaramente maturando, anche se questo non è dovuto all'impegno nel gruppo quanto a quello con altre formazioni che girano per il Modenese alla ricerca di ingaggi. I fratelli EC e Nils rimangono invece scarsi come all'esordio, ma per fortuna (?) non è questo il problema del disco.

Il primo problema di questo genere di dischi è che vorrebbero essere umoristici; prendiamo per esempio "Liga" che, come ci si può immaginare, è una parodia delle canzoni del Lucianone nazionale. Ma per arrivare a un momento liberatorio e francamente esilarante come 'questa è la mia vita, sei uno stronzo e te lo dico' bisogna passare per scontatezze del tipo 'il Liga è qua monta su, sul mio pene, nella figa te lo metterò e vedrai quanto male fa il cazzo dentro il culo non ci sta', il cui problema non è la volgarità quanto la noia.

Il secondo problema di questo genere di dischi è che i tre ventenni creano una mitologia musicale che ruota attorno a tutto un genere di soggetti, amici della cumpa e via dicendo, dei quali però si capisce ben poco. Non c'è bisogno di sapere chi sia il protagonista di Tapparella, chi sia Tafano, chi sia il servo della gleba nelle canzoni degli Elii: sono capaci di tratteggiare ruoli e storie coerenti e immediatamente riconoscibili, cosa che agli sXmatron forse riesce solo con "il dottor Chiavarello", figura mitica di studente di medicina che 'non è brutto non è bello', ma 'se lo chiaman Chiavarello un motivo ci sarà'. La canzone riesce perché ogni cumpa ha un Chiavarello, anche se non tutti sono dottore, e sebbene non si capisca chi o cosa sia Loki (certo non il cattivo di Thor) e perché sia nella moka (ascoltare per credere), la canzone risulta abbastanza divertente e anche discretamente elaborata (anche se il missaggio dei cori fa rabbrividire per dilettantismo).

Un gradino sotto la fake-orrorifica "Lanza", che, pure propulsa da una spinta quasi heavy, con quelle tastierine inquietanti alla Esorcista, un buonissimo solo di elettrica di Teo e una ottima prova vocale di EC, ha una trama sconclusionata (un uomo inseguito da una creatura maledetta che risulta il prescelto al dominio universale attraverso il calcio? boh).

Il resto del disco attraversa in gran parte questo tipo di personaggi, aperto e chiuso da due brani letteralmente del cazzo come la squallida "Puttan Tour" e la bizzarra "Grazie al cazzo", nella quale, come spesso nei testi degli sXmatron, emergono omosessualità repressa (ma manco troppo) e una confusione di genere che al tempo odierno potrebbe essere apprezzata da qualche progressista con un pennarello infilato troppo profondamente nel naso.

Gli altri personaggi delle storie sono Colla, altro tizio che non si sa bene chi sia (ma ripete 'meno per meno fa più' e cita pure il poeta decadentista Emilio Praga, oltre che, in uno sconclusionato assolo di Nils, il Gilmour solista), Manuel (che ha le mani 'de recueta', non si sa perché, e ha un pisello gigante, nel senso della verdura però), Britney Spears (citata nella disastrosa "Em Tivvì", episodio solista del solo Nils, chiaramente il meno dotato dei tre soggetti), la Tipo (ode a una macchina con cui si sono fatte le prime esperienze da pischelli), e soprattutto la mini-suite "Fiorani", dedicata apparentemente a un gerontofilo che scala montagne di sborra solidificata di cui si abboffa durante la salita, un vero delirio di sei minuti diviso in varie parti, la prima con un basso approssimativo e caracollante su cui EC lancia urla disumane mentre Teo racconta di rapporti omosessuali piuttosto violenti, la seconda acustica con delle belle armonie corali fra EC e Teo, e la terza che conclude il tutto con un po' di chitarrine jingle-jangle e dei cori mal confezionati.

L'idea poi di far cantare a uno dei loro amici (il Lanza protagonnista di Lanza) le sigle dei Puffi mentre il sopracitato Fiorani sta provando una batteria è davvero l'epitome del riempitivo, come sono riempitivi perlopiù incomprensibili gli inside jokes messi tra una canzone e l'altra.

Insomma, i ragazzi non sono certo Elio e le Storie Tese, ma se conoscete a memoria la discografia degli Elii, quella degli Squallor, degli Skiantos, dei Gem Boy, dei Nanowar of Steel e di Ruggero dei Timidi e state cercando nuove volgarità di grana grossa e battute adolescenziali in canzoni che non avete ancora sentito, bah, chi siamo noi per impedirvi di ascoltare "Il dolce bianco"? La copertina almeno è bella.

- Prog Fox

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