venerdì 14 aprile 2023

Vasco Rossi: "Bollicine" (1983)

Usciva quarant'anni fa oggi "Bollicine", sesto album di Vasco Rossi. È l'album di "Vita Spericolata", di "Una canzone per te", è uno dei dischi più rappresentativi della carriera del cantautore, l'album che porta a compimento la trasformazione da artista di nicchia a istituzione del rock italiano, nel bene e nel male: tour torrenziale di dieci mesi, un milione di copie vendute. Il disco è collocato al primo posto nella classifica dei migliori album italiani di sempre per la rivista Rolling Stone.



(disco completo: https://tinyurl.com/44c8ts37)

Dopo l'esperienza con "Vado al massimo" al Festival di Sanremo del 1982, dove Vasco fa scandalo per caso facendo cascare un microfono per sbaglio, svegliando la sonnacchiosa e conformista atmosfera di allora (non che oggi sia meno conformista, solo in modo diverso), il trentenne di Zocca (MO) capisce che per accreditarsi definitivamente presso il pubblico giovanile bisogna tornare lì e fare ancora peggio, almeno dal punto di vista degli ingessati pippibaudi e albani, o chi per loro.

Così porta "Vita Spericolata", una versione più ruffiana, acchiappona e, diciamolo pure, meno interessante, di quel capolavoro che era "Siamo solo noi", e se ne va via prima della fine della canzone, denunciando di fronte a tutto il Bel Paese che, orrore!, il Sanremo li fa cantare in playback (anticipando di un annetto l'analoga ribellione di un signore chiamato Freddie Mercury, di cui potreste aver sentito parlare).

Sull'onda del clamore sanremese, un Vasco affogato nella farmacologia fino al collo pubblica il 14 aprile il suo sesto album, "Bollicine", prima di partire per un tour devastante di dieci mesi attraverso tutta la Penisola. La combinazione tra forma (la sceneggiata sanremese, le pose da rocker drogato, autodistruttivo e selvaggio), sostanza (le canzoni, i reali problemi di dipendenza), successo discografico e successo concertistico trasforma Vasco Rossi in VASCO, tutto maiuscolo, il rocker italiano per antonomasia, che da qui in poi sarà definitivamente prigioniero del suo personaggio, nel bene e nel male.

Ascoltare "Bollicine" mostra all'ascoltatore questa mutazione chiaramente. Il brano eponimo del disco e la celeberrima "Vita Spericolata" sono testimonianze di questa transizione: meglio la prima, decisamente, in cui l'irriverenza di Vasco suona molto più naturale e appropriata alla sua persona, e non al suo personaggio, come invece fa la sopravvalutta "Vita Spericolata", che non vale a parere di chi scrive la metà della metà di "Siamo solo noi". Ma a chi scrive interessa la persona Vasco, quella che emergeva anche da "Jenny è pazza" e che emergerà da "Sally", quella la cui ironia scanzonata e cazzona di "Bollicine" poteva anche lasciare uscire la sensibilità di "Albachiara" e la rabbia di "Ieri ho sg. mio figlio". Ma è mai esistito un Vasco che non fosse anche un macho narcisista e autocompiaciuto? Ma sì, su "Siamo solo noi" c'era giusto "Voglio andare al mare", palesemente autoironica... Ma su "Vado al massimo" a fianco dell'autoironia emergeva anche l'autocompiacimento... Era necessaria questa sicumera, questa ostentazione del sé, questo offrirsi come tributo di carne e sangue alle ragazzine degli anni ottanta in delirio ormonale e ai ragazzini frustrati che volevano scopare e sballarsi, per entrare nella leggenda? Probabilmente sì, a costo di perdere in parte il rispetto dei tromboni, e ora non intendo certo quelli del palco dell'Ariston e degli elettori della Democrazia Cristiana, quanto di noi tromboni musicali, critici austeri che vorrebbero l'artista duro e puro... Per quanto... Duro e puro il VASCO non lo percepiscono tutti i suoi fan, dal 1983 a oggi?

E allora forse sbagliamo noi? Sbagliamo noi a rimpiangere il Vasco (non il VASCO) di due-tre anni prima, quello che ancora non metteva riempitivi nei suoi dischi, riempitivi la cui quantità aumenterà sempre di più, gradualmente col passare degli anni, finché non aspetteremo il prossimo disco sperando che ci sia almeno una nuova canzone da aggiungere ai suoi classici, e forse neanche quella?

Certo, su "Bollicine" la fine di questo percorso è ancora lontana: di "Bollicine" e della sua ironia si è già detto, ma basti andare alla seconda traccia, "Una canzone per te", per rendersi conto della grandezza del suo autore. La canzone non è una canzone romantica, una canzone d'amore, ma una canzone dedicata ad un'amica, e in questo mostra un certo tipo di purezza che è consentito solo a personaggi di grande sensibilità, tra la chitarra di Dodi Battaglia e il sax superbo del grande Rudy Trevisi. Perché tutti possono strapparti il cuore e le lacrime con una canzone d'amore, ma farlo con una canzone d'amicizia è prerogativa dei poeti.

"Portatemi Dio", pure con la chitarra e il basso ispirati ai Pink Floyd di "The Wall", vede Vasco giocare a fare il guru, ruolo che ancora una volta porta al dualismo dell'interpretazione tra i seguaci di VASCO e i critici di Vasco - difficile che l'intersezione fra questi non sia vuota. La musica qui sovrasta decisamente il testo. Chiude il lato A "Vita Spericolata", che considererete un inno esistenziale oppure una autoparodia involontaria (non del tutto spiacevole, ma certo lontana dal capolavoro), a seconda della vostra inclinazione.

Il lato B si apre con "Deviazioni", un evidente riempitivo la cui batteria elettronica fa rabbrividire. C'è mai stato su un pezzo così brutto nei precedenti dischi di Vasco? E come tutti i riempitivi, sembra durare una eternità. Anche "Giocala" è un pezzo abbastanza moscio, che si apre solo a partire dal quarto minuto con il finale strumentale con assolo di sintetizzatore - un po' poco per salvarlo. Ci sono mai stati due pezzi mosci di fila nei precedenti dischi di Vasco? Sì, in "Vado al massimo", certo. E allora chiediamoci invece: c'erano mai stati due album di fila di Vasco con due pezzi deboli di fila?

Il disco si chiude con "Ultimo domicilio conosciuto", quasi strumentale, senza un vero testo e con solo interventi vocali femminili, che potrebbe essere un riempitivo ma in realtà emerge come una irresistibile vetrina per il sax di Trevisi, e poi la stupida, ripetitiva "Mi piaci di più", che conferma una mancanza di ispirazione che costringe Vasco e il produttore Guido Elmi a ricorrere davvero a colpi bassi ('mi piaci perché sei sporca', 'mi piaci perché sei porca, 'mi piaci perché sei bionda'...) per far superare al disco la soglia dei 30 minuti di durata.

Nonostante due brani splendidi come "Bollicine" e "Una canzone per te", quindi, il sesto album di Vasco Rossi, per quanto assolutamente non da disprezzare, conferma la flessione compositiva già vista in "Vado al massimo". Difficile capire se si sia trattato dell'inevitabile perdita di ispirazione dopo quattro album eccellenti, del fatto che appunto non sia possibile scrivere dieci canzoni valide praticamente ogni anno, oppure di una scelta di produzione per sfondare nel mercato, giocando paradossalmente a mostrarsi duro puro e rock quando si facevano compromessi artistici.

Per la rivista musicale Rolling Stone, questo è il miglior disco di cinquant'anni di album italiani. Probabilmente siamo noi detrattori, e amanti del primissimo Vasco, a non avere capito niente.

- Prog Fox

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