mercoledì 1 marzo 2023

Pink Floyd: "The Dark Side of the Moon" (1973)

Il 1° marzo del 1973, cinquant'anni fa oggi, usciva "The Dark Side of the Moon", album e capolavoro dei Pink Floyd. Oltre a essere un disco fenomenale, si tratta anche di uno dei due dischi più importanti della storia del progressive rock assieme a "In the court of the crimson king" dei King Crimson, e il disco originale più venduto di sempre di una band, divenendo così uno dei dischi più rappresentativi di tutto il rock e di tutta la musica del secondo Novecento. La sua influenza è incalcolabile e si misura in migliaia di dischi toccati dal 1973 a oggi.



(album completo qui: https://tinyurl.com/57fsxwed)

Quando incidono "The Dark Side of the Moon", i Pink Floyd sono un gruppo in rampa di lancio, impegnati in una lenta ma costante ascesa che li sta portando da gruppo di culto per una minoranza di freak a una delle istituzioni del rock progressivo britannico riconosciuta anche in campo internazionale.

Il gruppo, nato negli anni sessanta, aveva avuto successo in Inghilterra già con il primo album "The Piper at the Gates of Dawn" (1967), ma il suo leader, il chitarrista, cantante e principale compositore Syd Barrett, era stato vittima delle droghe psichedeliche e della malattia mentale e li aveva costretti a ripartire quasi dal fondo. Con il nuovo chitarrista David Gilmour si erano dati da fare e avevano contribuito all'evoluzione del progressive rock realizzando dischi di culto che lentamente iniziavano a emergere anche nelle classifiche di vendita e nei biglietti venduti nei loro concerti.

Nulla poteva preparare i Pink Floyd al successo che ebbero con "The Dark Side of the Moon", #1 in America e Regno Unito e disco non antologico più venduto da una rockband della storia.

Innanzitutto, è discutibile anche il fatto che si tratti del disco migliore della carriera dei Pink Floyd, che hanno sfornato dischi potenzialmente al culmine per tutta la prima dozzina di anni della loro carriera. Il vostro umile recensore, per esempio, considera più innovativo "The Piper at the Gates of Dawn" (1967), gli preferisce almeno "Atom Heart Mother" (1970) e "Meddle" (1971), e non gli considera inferiore il suo seguito "Wish you were here" (1975). L'album, però, arriva nel tempo e nel luogo giusti per intercettare lo spirito dei tempi del mondo occidentale, e la sua rilevanza e il suo messaggio trascendono il suo valore intrinseco, come avviene per tutte le opere fondamentali dell'arte. Alcune, per qualche motivo, arrivano in un modo in cui altre non riescono ad arrivare. Lo scopo del critico non è fare classifiche ma capire perché.

Da un lato, a livello musicale, interpretando la richiesta del pubblico di esercitare un controllo sul progressive rock in procinto di andare fuori giri (l'album precede infatti alcune delle opere più gargantuesche, pompose, bizzarre e criticate delle grandi formazioni prog arrivano dopo Dark Side of the Moon: "Tales from Topographic Oceans" degli Yes, "A Passion Play" dei Jehtro Tull, "Brain Salad Surgery" e "Works" di Emerson, Lake & Palmer; e precede la fine del periodo d'oro di altri gruppi, come i Genesis che perdono Peter Gabriel nel 1975 e i King Crimson che si sciolgono nello stesso anno).

Dall'altro, a livello lirico, letterario, ma anche sociale, i testi di Roger Waters si fanno interpreti del disagio politico che si sta diffondendo in Occidente. In America la guerra del Vietnam è quasi persa, siamo in pieno Watergate, le istituzioni politiche sono sotto accusa eppure non c'è nessuno a intercettare il disagio, non ci sono più gli hippies, l'eroina ha distrutto l'attivismo nero, nessuno crede più alla pace e all'amore. In Europa a dicembre inizia l'austerity e presto non ci saranno più gli idrocarburi per stampare i vinili. In Medio Oriente non si vede la fine delle guerre fra paesi arabi e Israele; nell'estate precedente c'è stato l'attentato alle Olimpiadi di Monaco. Il terrorismo inizia a diffondersi in Italia e in Germania. Portogallo, Spagna e Grecia sono ancora governate da dittature. A settembre in Cile Allende verrà rimpiazzato e ucciso da Pinochet. Nella musica rock, quando le canzoni non sono semplicemente su amore romantico, sesso, droga o motociclette, i sentimenti sono comunque ancora dedicati all'individualismo degli anni sessanta, all'incentrarsi ancora sul mondo interiore e le porte della percezione, magari sul loro negativo come i Black Sabbath, ma sempre in ottica individuale; oppure si dedicano all'escapismo fantastico del progressive di Genesis, Yes e altri ancora.

La riflessione interiore del bassista Roger Waters, autore di tutti i testi, e dei suoi compagni (Nick Mason, batteria; Richard Wright, piano e tastiere; David Gilmour, chitarre) si espande invece a una interpretazione a un tempo esistenzialista e cosmica eppure capace di raccontare le paure e i bisogni di una umanità sempre più turbata e sconvolta, che negli anni sessanta sperava nella rivoluzione universale pacifica e oggi vede il mondo sempre più in crisi. Lo fa con il linguaggio efficace del progressive rock, che in quel momento, per una breve fase, è tra le forme più avanzate e allettanti di musica popolare, con una perfezione formale assoluta, una pulizia di suono irraggiungibile per l'epoca (non tanto per la perfezione tecnica della formazione, che in realtà è qualche passo indietro rispetto ai giganti del virtuosismo dell'epoca, da King Crimson a Mahavishnu Orchestra, quanto per la scelta delle sonorità), e la scelta precisa di limitare tutti gli eccessi che rendevano sì il prog in generale e i loro dischi in particolare arte sperimentale e di culto, ma non universale. E riescono a fare questo nonostante il fatto che l'album sia un concept e che su entrambi i lati diverse canzoni siano legate nella forma della suite in più parti, e nonostante i numerosi rimandi alle sperimentazioni e alle idee sviluppate nel corso della loro carriera.

L'album si apre con la prima di queste suite, che comprende le prime quattro tracce del disco, il cui momento più intenso è l'hard rock sublime di "Time", introdotto da una lunga sezione percussiva a cura di Nick Mason, che poi esplode in una alternanza fra una strofa micidiale dominata dalle chitarre e dal canto rabbioso di Gilmour, e un ritornello elegiaco che segue le tastiere e il sussurro spezzato di Wright. Nel disco troviamo inoltre la presenza di ben cinque voci femminili a supporto del gruppo (Clare Torry, Liza Strike, Barry St John, Lesley Duncan e Doris Troy), che riprende in parte le intuizioni corali realizzate sulla suite di "Atom Heart Mother" (1970); l'impiego di coriste, centrale alla carriera del gruppo post-Waters dal 1987, inizia qui, sebbene nessun tour le veda presenti durante l'epoca classica della formazione.

A chiudere il lato A sta la prima di due composizioni firmate da Richard Wright stesso, "The Great Gig in the Sky", forse il punto autoriale più alto della carriera del tastierista della band. Fondamentale alla riuscita del brano è la straziante prova vocale della cantante Clare Torry (che per questo molti anni dopo citerà in giudizio la band e otterrà una parte dei profitti dei diritti d'autore), che lungo i cinque minuti del pezzo improvvisa una serie virtuosistica di vocalizzi che toccano tutti i lati oscuri delle emozioni umane, sul dolcissimo e struggente tappeto pianistico preparato per lei da Wright. La canzone è il punto di arrivo e il culmine di esperimenti sonori simili condotti dal gruppo (il finale di "A Saucerful of Secrets", 1968; "Alan's Psychedelic Breakfast", 1970; "Mudmen", 1972) e forse il centro emotivo del disco - nonostante sia priva di liriche.

Il lato B si apre con quello che è probabilmente il pezzo più famoso dell'album, "Money", con un tema portante di basso in 7/4 che sfrutta le ambizioni da musica concreta del gruppo attraverso l'uso di registratori di cassa come elemento ritmico. Una lunga fase strumentale blues mette in mostra le doti di improvvisatori del quartetto, supportato dal sax dell'amico Dick Parry, che ritorna anche per colorare la disperata malinconia di "Us and them", seconda composizione musicale regalata al gruppo da Wright e altro vertice emotivo del disco. Raggiungendo oltre i dieci minuti quando collegata alla sua coda strumentale "Any colour you like", rappresenta anche la seconda suite del disco.

L'album si chiude con due composizioni di Waters, "Brain Damage" ed "Eclipse". La prima è una canzone quasi di forma cantautorile che esplora attraverso le parole e il canto del bassista il rapporto con la follia e l'alienazione, prendendo a modello il suo rapporto umano con l'amico Syd Barrett (a cui il gruppo dedicherà l'intero LP "Wish you were here" due anni dopo); "Eclipse" rappresenta invece la coda epica dell'album, con uno straordinario impasto corale di voci e strumenti dall'intensità fragorosa che sa mescolare progressive rock, soul e gospel. Vale la pena rammentare come il disco esplori diversi generi e diverse emozioni (l'hard rock di "Time", il blues rock di "Money"), non focalizzandosi esclusivamente sulla 'quiet desperation' per cui il gruppo è così famoso, centrale invece sul successivo "Wish you were here".

Per rendere più universale e umano il tutto, il tema della follia e dell'alienazione che sta alla base del disco viene rafforzato dal ricorso a brevi interviste a loro amici e collaboratori con domande apposite, le cui risposte vengono montate nelle canzoni, compresa la famigerata battuta che chiude il disco - 'there is no dark side of the moon; matter of fact, it's all dark', pronunciata dal tecnico Peter Watts, padre dell'attrice Naomi.

L'influenza che le sonorità di Dark Side of the Moon avranno su tutta la musica successiva è incalcolabile. Intanto, una marea di gruppi progressive, soprattutto quelli più giovani, copieranno la ricetta sonora e talvolta anche contenutistica dei Pink Floyd: basti pensare a Camel, Supertramp e Alan Parsons Project (fondati dal sunnominato tecnico del suono del gruppo), tra i gruppi prog di maggiore successo nella seconda metà dei settanta. Ma anche a tutti i cantautori che sceglieranno invece del classico suono folk con le chitarre acustiche musiche contaminate da tastiere ed effetti sonori: al di là di quelli che chiamarono direttamente Alan Parsons a produrli, come Al Stewart e John Miles, l'influenza del disco trascese i confini nazionali e si riscontra ovunque, in Italia per esempio nei dischi di Alberto Fortis, come il suo esordio suonato dalla Premiata Forneria Marconi, nei dischi di Lucio Dalla della seconda metà degli anni settanta, ma soprattutto nella cosiddetta svolta pop di Franco Battiato.

Tutto il pop rock dal 1973 al 1979 sarà toccato da Dark Side of the Moon, fino a quando i Pink Floyd stessi decreteranno il tramonto di questa fase della musica popolare moderna realizzando "The Wall" e certificando una fine nell'aria da quando Patti Smith e i Ramones avevano inventato il punk al CBGB's di New York.

- Prog Fox

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