sabato 25 febbraio 2023

Alice Cooper: "Billion Dollar Babies" (1973)

Usciva cinquant'anni fa oggi "Billion Dollar Babies", sesto album degli Alice Cooper che fu anche il massimo successo nella carriera del gruppo americano. Giustamente, dato che contiene alcuni dei loro brani più riusciti, come il brano eponimo - con la partecipazione di Donovan, "No more Mr Nice Guy", "I love the dead" ed "Elected" (rifacimento di "Reflected" dal loro disco d'esordio del 1969). #1 in classifica in America e Regno Unito per un capolavoro dello shock rock che parla con umorismo e sarcasmo di necrofilia, dentisti sadici, orrore e perversione.



(disco completo: https://tinyurl.com/2p945pvv)

Il successo inatteso di "School's Out", loro quinto album, giunto al secondo posto delle classifiche americane, con il singolo eponimo al settimo posto in America e al primo nel Regno Unito, ha reso ricchi e famosi Vincent Furnier (voce e 'incarnazione' di Alice), Michael Bruce & Glen Buxton (chitarre), Dennis Dunaway (basso) e Neal Smith (batteria). Improbabili eroi del rock'n'roll, perfezionatori se non inventori dello shock rock, gli Alice Cooper hanno raggiunto fama e onori tramite inni all'orrore, all'omicidio, alla follia e alla perversione sessuale (siamo pur sempre in era glam), grandguignoleschi e assolutamente non seri: non siamo certo dalle parti degli oscuri Black Sabbath, e neppure dei feroci e disincantati Blue Oyster Cult.

È questo a cui si riferisce così il titolo del nuovo lavoro che esce nel febbraio del 1973, quarto a essere prodotto dall'eccentrico Bob Ezrin, all'epoca appena ventitreenne, coetaneo dei suoi assistiti: i Billion Dollar Babies sono proprio gli Alice Cooper, e non proprio tangenzialmente il favoloso duetto fra Alice/Vincent e l'amico Donovan, famoso cantautore folk psichedelico scozzese, li dipinge come laide prostitute nelle mani dell'ascoltatore.

L'aspetto autobiografico emerge anche in un altro dei capolavori del disco, "No more Mr. Nice Guy", un power pop aggressivo, ma orecchiabile e a tratti persino barocco, che descrive le reazioni scioccate dei parenti, degli amici di famiglia, della comunità di Alice, uomo di formazione cristiana che non può più andare in Chiesa perché la gente non capisce che fuori dal palco 'non porto più i guanti'. Allo stesso scopo biografico serve la canzone di apertura, "Hello Hooray", cover di un brano scritto da Rolf Kempf per Judy Collins nel 1968, che viene riletto e distorto per introdurre il gruppo come un branco di intrattenitori sguaiati e torpidi.

La bizzarra, cupa "Sick Things" e l'incalzante "Generation Landslide", dalla struttura inusuale ed elaborata, con il tambureggiare sinuoso della perfetta sezione ritmica, ci ricordano come il gruppo non abbia affatto abbandonato le sperimentazioni e gli angoli inattesi dei primi due album, tra chitarre acustiche, armoniche, percussioni, gong, effetti sonori, fiati oscuri, cambi di passo e cambi di ritmo. "Generation Landslide" è anche l'unica nuova canzone composta da tutti e cinque i musicisti, dato che la maggior parte dei brani sono stati scritti e sviluppati in maniera quasi esclusiva da Alice assieme a Bruce, mentre la brillante "Elected", anch'essa accreditata a tutto il gruppo, è un rifacimento di "Reflected" dal disco d'esordio "Pretties for you" (1969).

Chiude l'album il capolavoro nel capolavoro "I love the dead" (a firma Alice/Ezrin), violentissimo, oscuro hard rock necrofilo dal passo lentissimo, con un ritornello soffocante e grandioso illuminato da una orchestrazione epica e da una interpretazione delirante e rabbiosa di Alice/Vincent. Il tour promozionale vedrà il gruppo accompagnato dal mago James Randi, per una coreografia sempre più estrema ed elaborata (al centro della quale c'è quella relativa all'esilarante mini-suite "Unfinished Sweet", storia di un dentista sadico che massacra la bocca del suo povero paziente) che lo rende il più visto di sempre fino a quel momento e porta loro milioni di dollari di incassi.

Non è tutto oro quello che luccica: la messe di chitarristi ospiti che compre sul disco è necessaria per i problemi di salute di uno dei due axemen, Glen Buxton, conseguenza del suo abuso di alcolici - per coprirlo il produttore Bob Ezrin ricorre in particolare alla sua coppia di sessionmen preferiti, Steve Hunter e Dick Wagner (impiegati anche nei suoi lavori con Lou Reed e altri ancora). Ma il successo non scava nelle viscere solo di Buxton, danneggiando progressivamente i rapporti umani nel gruppo e nel loro entourage, avendo esiti nefasti sul settimo album del gruppo, "Muscle of Love" (1974).

- Prog Fox

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