domenica 22 gennaio 2023

Luciano Ligabue: "Sopravvissuti & Sopravviventi" (1993)

Usciva nel gennaio di trent'anni fa "Sopravvissuti & Sopravviventi", terzo album del cantautore correggese Luciano Ligabue. Doveva essere il disco della consacrazione, ma, nonostante il terzo posto in classifica e il singolo "Ho messo via", vendette molto meno del previsto, mettendo la carriera di Ligabue a rischio. Deciderà di cambiare tutto - o quasi.



(disco completo: https://tinyurl.com/mr352j7c)

Luciano Ligabue da Correggio entra nel 1993 con grandi aspettative. Si parla di sfondare, di fare il botto, di mettersi all'avanguardia del rock cantautorile italiano. Dopo il successo di "Ligabue" e "Lambrusco coltelli rose & pop corn", tutti, a partire dalla sua casa discografica per finire con lui, si aspettano un successo clamoroso con il nuovo lavoro, "Sopravvissuti & Sopravviventi", la cui uscita è prevista per il 22 gennaio.

Ma il disco in qualche modo non ingrana. Nessuno capisce bene perché. Si tratta di un disco sospeso fra rock graffiante un po' tra Zucchero e nuovi Litfiba, tra Rats e Vasco Rossi. Non ci si spiega perché non sfondi, 200'000 copie vendute sono meno della metà del disco precedente, nonostante l'inizio sia buono, con un terzo posto in classifica. Per Ligabue è crisi: una crisi dalla quale uscirà lasciando il produttore Angelo Carrara e i Clan Destino (Max Cottafavi, chitarre; Gianfranco Fornaciari, tastiere; Luciano Ghezzi, basso; Gigi Cavalli Cocchi, batteria), la band che lo accompagna dal primo album.

Eppure, a sentire il disco, qualcuno, fra cui il vostro umile cronista, potrebbe umilmente suggerire che questo sia stato l'ultimo grande album dell'artista emiliano. I frammenti rabbiosi di "A che ora è la fine del mondo?" (1994) saranno solo frammenti, mentre "Buon Compleanno Elvis", il disco della consacrazione, sarà un disco grande, non un grande disco (ne riparleremo, ne riparleremo, non arrabbiatevi, o fan del Liga!).

Il brano che apre l'album, "Ancora in piedi", è un vero inno generazionale per ventenni e trentenni degli anni novanta, paragonabile, anche musicalmente, al "Siamo solo noi" di Vasco dieci anni prima. "Ho messo via", con la tromba impareggiabile di Demo Morselli, è una delle migliori ballate rock degli anni novanta. "I duri hanno due cuori", capace di costruirsi su un piano armonico dietro l'altro con una struttura niente affatto banale, diventerà uno dei tanti brani di culto da rocker buono di suburbia. E allora cosa manca a questo album?

Il problema è che troppe poche canzoni hanno il Liga che fa lo sburro di piccola città (le immagini ormai usurate di "Dove fermano i treni", melodicamente e liricamente una versione meno efficace e calda di "I duri hanno due cuori"). "La ballerina del carillon" è troppo intimista, malinconica, pessimista, anomala, più Guccini che pane & sugna, e forse questo al grande pubblico, in questo momento, non va. Non sanno cosa si perdono. "Piccola città eterna" potrebbe anche giocare quel ruolo ma l'uso del minore, il ponte di rock melanconico, in qualche modo l'atmosfera calante della canzone le impediscono non di brillare quanto di incidere su chi la considera non abbastanza "Piccola stella senza cielo" né abbastanza "Urlando contro il cielo". "Walter il Mago" è l'ennesimo personaggio memorabile che frequenta il Bar Mario. "Quando tocca a te" è poesia popolare, con un finale carnascialesco sinceramente degno delle migliori cose della Band, grazie agli arrangiamenti di Angelo Andreoli e alla batteria di Gigi Cavalli Cocchi.

Poi certo, ci sono anche un paio di episodi minori, ma in 50 minuti ci possono anche stare, non appesantiscono troppo la durata né l'atmosfera del disco; e non è che molti album di successo siano perfetti dal primo all'ultimo minuto. Non sono certo "Dove fermano i treni" o "Pane al pane" a rovinare l'album.

Non si sa bene quale deduzione abbia tratta Luciano dalla mancata consacrazione, quale spiegazione si sia data, quanto abbia inciso traumaticamente sul suo futuro artistico. Forse avrebbe potuto scegliere di andare avanti ostinatamente con i Clan Destino, e forse non sarebbe mai diventato il Liga che organizza le manifestazioni oceaniche a Campovolo. Invece sceglie di rivoluzionare la propria squadra e fare un bagno rigenerante nelle acque del Mississippi, per invocare un po' di polvere di stelle da Elvis Presley.

Funzionerà, ma come per il suo eroe di Tupelo, il successo coinciderà anche col divenire un po' una parodia di se stesso. Una splendida parodia, forse, ma sempre una parodia. "Ancora in piedi", invece, non era parodia di nulla. Era verità.

- Prog Fox

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