mercoledì 14 dicembre 2022

Marco Bernard & co.: "The Stories of H.P. Lovecraft: A SyNphonic Collection" (2012)

Dieci anni fa oggi usciva il concept album collettivo "The Stories of H.P. Lovecraft - A Synphonic Collection", a cura del bassista prog rock italo-finlandese Marco Bernard. Una meravigliosa raccolta in triplo cd che raccoglie tre ore di musica suddivise fra venti artisti (italiani, argentini, brasiliani, greci, americani, finlandesi, svedesi, norvegesi, austriaci, canadesi, americani, australiani...) ognuno dei quali interpreta un racconto o un tema ispirato all'opera di Howard Phillips Lovecraft, uno dei creatori dell'orrore moderno, in particolare di quello a tema cosmico. Venti tracce di progressive rock sinfonico che vanno dagli strumentali dagli arrangiamenti orchestrali a verbose, dettagliate narrazioni, il tutto in una cornice suggestiva ed affascinante.



(triplo cd completo: https://tinyurl.com/mrfccw9b)

Marco Bernard è un bassista italo-finlandese attivo nel progressive rock ormai da molti anni. Una delle menti dietro al gruppo Samurai of Prog, Bernard si è anche fatto promotore di numerosi progetti dalla forte impronta letteraria, aspirando a realizzare tributi a grandi saghe e grandi autori della letteratura mondiale sfruttando la naturale propensione del prog sinfonico nei confronti dell'epica, del fantasy e della fantascienza.

Con questo spirito, Bernard ha concepito album collettivi, realizzati invitando numerosi gruppi prog di tutto il mondo a prestare una traccia ciascuno ai suoi album-tributo, dedicti di volta in volta al Kalevala, all'Odissea, all'Isola del Tesoro, al Decameron, a Edgar Allan Poe. Poiché si tratta di un disco anomalo, ci è sembrato giusto dedicare una mini-recensione a ognuno degli artisti coinvolti e alla canzone che hanno proposto per l'album.

Spetta naturalmente ai suoi Samurai of Prog aprire le danze con una verbosa, estesa, dettagliatissima narrazione de "The Case of Charles Dexter Ward", uno dei più famosi e inquietanti racconti del maestro di Providence. A causa del vastissimo spazio dedicato alla minuziosa descrizione del romanzo, fatta lungo quasi 15 minuti del più lungo pezzo del disco, protagonista è la conturbante voce del batterista Steve Unruh, che a parere di uno che non ha mai sopportato molto lo spoken word dimostra pienamente quanto sia superiore una esecuzione cantata anche in un contesto pensato per il recitato. Ed è solo la prima perla di un disco che ci rivela davvero un tesoro fatto di numerose gemme.

Spettacolare anche il contributo degli americani Glass Hammer, che proseguono nello stesso spirito dei Samurai of Prog la loro lettura di un classico minore di Lovecraft con "Cool Air", ovvero con una lunga canzone di dieci minuti che ripercorre appieno tutta la storia narrata nella novella, permettendo anche all'ascoltatore occasionale di partecipare e inorridire al racconto. Se la canzone apre in tono algido e solenne, il dramma finale viene costruito con un crescendo prima suggestivo e poi sempre più da accapponare la pelle.

I Karda Estra del compositore britannico Richard Wileman scelgono una strada del tutto diversa con il suggestivo strumentale "The Haunter in the Dark", scritto e arrangiato in uno stile che ricorda una versione ammodernata del rock da camera degli Univers Zero, più in linea con musica da film horror e privo delle tendenze marziali dei gruppi di quel genere.

Gli australiani Unitopia raccontano la storia dell'Estraneo ("The Outsider") attraverso un ricco citazionismo prog: aprono con un taglio molto pinkfloydiano, era "Dark Side of the Moon" (si ascoltino le voci femminili che sembrano ricalcate su quelle di "Us and Them"), ma nella seconda parte accelerano improvvisamente evocando una ritmica da Deep Purple, un sintetizzatore da Keith Emerson e scelte armoniche alla Queen, prima di passare a un finale degno delle lunghe suite epiche dei Camel, chiuso da una ripresa del tema iniziale. Ed è sempre nel segno del prog sinfonico strumentale classico che si conclude il primo cd, con "The Wailing Wall" degli svedesi Simon Says, che nei suoi dieci minuti di lunghezza tocca corde suggestive che sanno anche di musica concreta.

Il secondo cd si apre con gli argentini Jinetes Negros ("Hypnos") e gli austriaci Blank Manuscript ("Beast in the Cave"), ma il livello si alza soprattutto quando entrano in scena gli italiani Coscienza di Zeno, che regalano un altro saggio di maestria con "Colofonia".

Cambio di atmosfera con due strumentali consecutivi a opera di due artisti canadesi, "Beyond the Wall of Sleep" di Guy Le Blanc, tastierista dei Camel dal 2000, e "The Other Gods" degli Ars Ephemera. Entrambi pezzi di alto valore intrinseco, rifuggono dal senso di minaccia incombente e claustrofobica del resto dell'album, forse perché si dedicano a episodi dal colore diverso dell'opera di Lovecraft. Le Blanc contribuisce suonando ogni cosa sul suo brano, in cui non manca di fornire una splendida prova solista alle tastiere, suo strumento di elezione; gli Ars Ephemera invece ci deliziano con sonorità che stanno tra i primi album dei Camel e i Genesis della formazione a quattro post-Gabriel.

Il nostro Attilio Perrone fornisce un altro benvenuto cambio di tono con "Topi nel muro", perfettamente resi con una magistrale performance di jazz pianistico, col contributo di Massimo Calabrese al basso e Giuseppe Basile alla batteria.

Ciccada (Grecia), D'Accord (Norvegia, con il flauto tulliano del cantante Daniel Maage nella desolata "The doom that came to Sarnath") e Sithonia (Italia, col suggestivo impasto vocale di Marco Giovannini e Paolo Nannetti in "I gatti di Ulthar") ci riportano nel familiare terreno delle canzoni neo progressive che di fatto costituiscono l'ossatura del disco. I primi in particolare creano una atmosfera solenne e conturbante grazie soprattutto alla voce di John 'Jargon' Kosmidis, al flauto e alle tastiere di Nikolas Nikolopoulos e al mellotron di Evangelia Kozoni, ma tutta la formazione appare decisamente ispirata pur in uno dei brani più brevi dell'album ("The Statement", appena cinque minuti di durata).

Gli italiani Daal e i finlandesi Kate ci riportano nelle lunghe digressioni strumentali, volte a rappresentare due dei più importanti racconti di Lovecraft, "The Call of Cthulu" e "Dream-Quest To The Unknown Kadath" (con una breve introduzione cantata). Si tratta di brani fortemente cinematografici, che riescono pur in un discorso privo di liriche a raccontare il primo il terribile incontro marino con uno dei Grandi Antichi e il secondo la misteriosa ricerca dello sconosciuto Kadath.

Spetta al quartetto argentino Nexus occuparsi di un altro dei principali racconti di Lovecraft, "The Colour Out of Space"; anche qui la scelta è di un rock sinfonico del tutto strumentale, che rievoca Pink Floyd e Camel nelle chitarre e Genesis e Yes nelle tastiere.

I Safarà, di cui non resta apparentemente alcuna altra traccia musicale registrata, portano la splendida "Calendimaggio". La cantante Francesca Saccol, dalla voce dal timbro fiabesco ma inquietante, conferisce un ulteriore velo di fascino occulto sussurrando versi incomprensibili che invocano il terribile grande antico Yog-Sothot.

Bizzarramente, i brasiliani Aether e gli italiani Goad vengono posti entrambi davanti al tema delle Montagne della Follia, che entrambi sviluppano in una dozzina di minuti di neo prog molto anni novanta come feeling. Non essendo un particolare ammiratore di questo stile post-pinkfloydiano/post-neo-marillioniano, il vostro umile recensore non ha ricevuto le vibrazioni giuste da questi brani, ma non c'è davvero nulla di sbagliato in essi.

In conclusione, cosa ci resta da dire? Solo che questo triplo cd è un kolossal gargantuesco e imperdibile per tutti gli amanti del prog sinfonico moderno. Naturalmente, il consiglio è prendersi il tempo e lo spazio necessari per ascoltarli - inseguire tre ore di musica lungo tre cd consecutivamente potrebbe non essere la scelta giusta, a prescinere dall'elevato valore intrinseco dell'opera, paradossalmente proprio per la capacità di questi gruppi di creare una atmosfera unitaria, profonda e coerente con il tema lovecraftiano, attraverso la propria musica.

- Prog Fox

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