mercoledì 13 luglio 2022

Pink Fairies: "What a bunch of sweeties" (1972)

"What a bunch of sweeties", secondo, buonissimo album del gruppo underground britannico Pink Fairies, veniva pubblicato nel luglio di cinquant'anni fa.



(disco completo: https://tinyurl.com/mve4xb6w)

Formazione di culto dell'underground londinese, i Pink Fairies sono distanti cugini di Pink Floyd e Soft Machine che non hanno mai abbandonato le jam psichedeliche dei loro esordi in favore del progressive o del jazz rock. Eredi dei Deviants di Mick Farren, dal quale si separarono nel 1969, il chitarrista e cantante canadese Paul Rudolph, il bassista Duncan Sanderson e il batterista Russell Hunter perdono anche il secondo batterista e cantante, l'inquieto Twink Adler, sempre in movimento fra un progetto precario e l'altro.

Sul loro secondo album, "What a bunch of sweeties", i tre superstiti si dedicano senza esitazioni e nostalgie a un suono da garage rock anni sessanta sotto steroidi, con la principale novità costituita dal volume e dall'intensità delle distorsioni possibili nel 1972.

"Right on fight on", con gli incisivi assoli di Rudolph, "Portobello Shuffle" (uno shuffle, incredibile vero?, che rallenta sul finale per dare modo ancora a Rudolph di destreggiarsi con la sei corde) e "Marilyn" (con assolo di batteria di Hunter) non si discostano da questo copione da rock'n'roll pesante e ossessivo, perfetto tanto per i rimastoni degli anni sessanta (con qualche preoccupazione che abbiano iniziato da un pezzo a sostituire l'hashish con l'eroina) quanto per i nuovi seguaci dell'hard rock, più portati per l'alcool.

Nella seconda parte del disco, i Pink Fairies alzano l'asticella di arrangiamenti e composizioni soprattutto con due pezzi: una cover originale e stravolta di "Walk don't run" (classico dei surf rocker Tornados), dal peso di un milione di tonnellate, antesignana incredibile del doom e degna rivale dei Black Sabbath dell'epoca a livello di graniticità, e la psichedelia trasognante di "I went up, I went down".

Un altro validissimo album del gruppo non li salva dalla continua instabilità: anche Paul Rudolph se ne va infatti attorno alla pubblicazione dell'album, per essere sostituito dai chitarristi Mick Wayne (ex-Junior's Eyes, ex-David Bowie) e Larry Wallis (che qualche anno più in là sarà chiamato da Lemmy per i suoi Motorhead).

- Prog Fox

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