sabato 18 giugno 2022

King Crimson: "Beat" (1982)

Quarant'anni fa oggi usciva "Beat", nono album dei King Crimson, e secondo disco del nuovo 'quartetto angloamericano', in cui a Robert Fripp (chitarre) e Bill Bruford (batteria) si affiancano il chitarrista e cantante Adrian Belew e il bassista e suonatore di stick Tony Levin. Per la prima volta dalla loro fondazione, su due dischi dei KC la formazione rimane la stessa!



(disco completo: https://tinyurl.com/ycx5bd4v)

"Beat" nasce come prosecuzione del lavoro intrapreso dai nuovi King Crimson su "Discipline", il disco del 1981 con cui il chitarrista e ormai padrone assoluto della formazione Robert Fripp si ripresenta al mondo dopo anni come collaboratore di vecchi e nuovi leoni della new wave, da David Bowie ai Talking Heads. È da questo ambiente musicale che Fripp, richiamato il batterista Bill Bruford, ora dedito a una carriera nel jazz rock canterburyano di fine anni settanta, recluta i nuovi membri Adrian Belew (chitarre, ex-Zappa ed ex-Talking Heads) e Tony Levin (basso, stick; sessionman di New York per chiunque, da Lou Reed a Peter Gabriel). Splendido album fieramente art rock ma anche fieramente new wave nei suoni e nelle aspirazioni, è uno dei dischi che più di ogni altro rilancia le quotazioni del progressive per gli anni ottanta, senza ricorrere alla nostalgia dei gruppi inglesi come i Marillion e gli IQ e senza compromettersi commercialmente come gli Asia, i Genesis e gli Yes.

Volendo proseguire nella stessa scia, agli occhi di chi scrive "Beat" appare nel suo esito finale come la pallida copia del disco che lo precedette, enfatizzando uno dei difetti principali della scrittura di Fripp, ovvero il continuo riutilizzo di materiale precedente, che a parere dell'ossessivo chitarrista inglese deve essere periodicamente limato, riarrangiato, migliorato. "Neal and Jack and Me" è praticamente una via di mezzo fra "Elephant Talk" e "Frame by frame" del precedente album, ed è probabilmente il pezzo migliore del disco.

Nonostante le aspirazioni di Belew e Fripp di fare di "Beat" un concept album sui poeti della beat generation, cogliendo il pretesto dei 25 anni dalla pubblicazione di "Sulla strada" di Jack Kerouac, l'aderenza o meno al tema delle singole poesie astratte che costituiscono le liriche delle canzoni risulta secondario di fronte alla tediosità delle musiche. "Waiting Man" e "Two Hands" vorrebbero essere romantiche, e Belew mostra uno stato di forma vocale sensazionale, ma i pad elettronici di Bruford e la ripetitività delle musiche non aiutano; almeno "Waiting Man" ha uno svolgimento dinamico interessante, così come "Heartbeat", la cui strofa invece sembra uno scarto dei Dire Straits suonato dai King Crimson.

Bruford e Belew si pentiranno poi di avere incluso queste canzoni nel disco, ma cosa ne resterebbe poi? Tediose parti strumentali? "Sartori in Tangier" (titolo che peraltro sbaglia la parola giapponese 'satori', usata nel racconto "Satori in Paris" da Kerouac) non va da nessuna parte, è un mero assolo di chitarra, per quanto tecnicamente accurato, di sapore orientale, su una base senza illuminazioni né sviluppo. "Neurotica" presenta per la millesima volta le sequenze chitarristiche di "Lark's Tongues in Aspic" e "Discipline".

"Requiem", che conclude il disco con interminabili sette minuti, è anche fonte di discordia tra Belew e Fripp, che litigano per chi debba sovraincidervi gli assoli e rischiano di far sciogliere il gruppo. Fripp se ne va per tre giorni dalle sedute di registrazioni, afferma di non avere presenziato al missaggio del disco, e Belew afferma di non avere mai avuto così tante difficoltà nel lavorare a un album. Gli crediamo: i risultati devono avere frustrato i quattro musicisti almeno quanto gli ascoltatori che non vogliano semplicemente sentire una copia carbone (peraltro inferiore) di "Discipline".

Fondamentalmente un disco mediocre, su cui tre quarti del gruppo ha o ha avuto delle riserve, "Beat" è l'anello debole della trilogia new wave dei King Crimson. "Three of a perfect pair" ospiterà un deciso miglioramento per quel che riguarda la qualità delle canzoni. Per gli strumentali, invece, dipende tutto dall'occhio di chi guarda (o dall'orecchio di chi ascolta) questi loop pseudo-ambient. A voi l'ardua sentenza.

- Prog Fox

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