mercoledì 1 giugno 2022

Eagles: "Eagles" (1972)

Esce cinquant'anni fa oggi il primo LP eponimo degli americani Eagles, divenuti presto uno dei gruppi più popolari degli anni settanta, sebbene altrettanto criticati per gli eccessi, il cinismo e il maschilismo delle loro liriche. Dominato dalla scrittura del bassista Randy Meisner e del chitarrista e banjoista Bernie Leadon, ha la sua forza commerciale nei singoli del chitarrista Glenn Frey e del batterista Don Henley e nelle armonie vocali del quartetto. Il singolo "Take it easy", pubblicato esattamente un mese prima, il 1° maggio, diventa immediatamente un successo.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/3p2kd68z)

Conosciutisi durante le sedute di registrazione dei primi album dell'interprete country rock Linda Ronstadt, i chitarristi Glenn Frey e Bernie Leadon, il bassista Randy Meisner e il batterista Don Henley vengono scelti come gruppo di accompagnamento della cantante ed essendo tutti ottimi cantanti sviluppano una eccellente capacità di armonizzazione che li mette al pari delle migliori formazioni del decennio in questo rispetto assieme a Yes, Gentle Giant, Queen e 10cc. L'armonia tra le voci riflette quella fra le personalità dei musicisti, che decidono di proseguire insieme dopo la fine del tour col nome di Eagles.

Scelto come produttore del loro disco d'esordio il britannico Glyn Johns, a causa della sua fama per i lavori incisi con gli Who, i Rolling Stones e i Led Zeppelin, fanno fatica a convincerlo finché non sfoderano le loro armonie vocali. Johns decide allora di portarli a Londra per realizzare "Eagles", debutto sulla lunga distanza che vedrà la luce il 1° giugno del 1972.

Il disco si apre con il primo capolavoro del gruppo, "Take it easy", scritta da Glenn Frey assieme a uno dei tanti amici cantautori e musicisti che ruoteranno attorno alla band nel suo decennio di vita, ovvero Jackson Browne. Indimenticabile rocker escapista e scanzonato, con quel tocco di country dato dal banjo favoloso di Bernie Leadon e quel tocco di nostalgia dei cori e del timbro amarognolo di Frey. Pubblicata il 1° maggio del 1972, la canzone li proietta subito nella top twenty americana.

"Witchy Woman" è la prima canzone scritta e cantata dal batterista Don Henley; dotato di una voce suadente, appena scartavetrata da una goccia di acredine, diventerà l'uomo su cui la casa discografica vuole puntare per la leadership del gruppo, assieme al già citato Frey. Qui il suo contributo è ancora ridotto, al punto che è voce solista solo di un'altra canzone, "Nightingale", incisa all'ultimo momento a Hollywood, obtorto collo, dal produttore Glyn Johns, erroneamente non convinto del suo valore (si ascolti l'inusuale, esilarante sequenza di microsezioni, con crescendo continui che non si risolvono mai in un vero ritornello).

I due autori principali del gruppo sono a questo punto il chitarrista Bernie Leadon, già sessionman veterano, e il bassista Randy Meisner, che ha dietro le spalle una militanza nei Poco, uno dei primi gruppi country rock, risalente al 1969. Il primo, oltre a scrivere "Witchy Woman" con Henley, firma "Train Leaves Here This Morning", il brano più country folk del lotto; il secondo canta la malinconica, struggente "Most of us are sad" di Frey, compone una delle migliori prove del disco, "Take the devil", cantata in modo sublime; scrive e canta la conclusiva "Tryin"; e compone con Leadon "Earlybird", cantata da Leadon stesso, che si esibisce anche in un altro splendido arrangiamento di chitarra elettrica e banjo.

"Eagles" è per molti il miglior disco della formazione: questo non tanto perché le influenze country siano più rilevanti che negli altri album (sin dall'inizio, gli Eagles saranno sempre un gruppo rock, influenzato dal country, ma pur sempre profondamente rock), quanto perché il cinismo misantropo e misogino di Henley non è ancora al centro delle liriche, motivo principale, a parere di chi scrive, per l'ostilità dei critici musicali americani che non hanno problemi con il rock corporativo fintanto che sia schierato sul versante giusto del progressismo (e non è che gli Eagles siano reazionari politicamente, più che altri indifferenti - ma di sicuro non hanno mai sposato cause sociali o avuto altro interesse che per il sesso, la droga e il rock'n'roll per fare i soldi per comprarseli).

A ogni modo, il cinismo di "Hotel California" è ancora di là da venire, e per molti moralisti questo è l'unico disco che possono ascoltare senza sentire colpa per associazione. A nostro parere, si tratta di un buonissimo esordio, che verrà però presto superato dai due dischi successivi, probabilmente i migliori dell'epopea degli Eagles, "Desperado" e "On the border".

- Prog Fox

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