mercoledì 1 giugno 2022

dEUS: "Following Sea" (2012)

Usciva il primo giugno di dieci anni fa "Following Sea", settimo album dei belgi dEUS. Da tempo abbandonato il furore post grunge e noise degli esordi, si confermano come uno dei principali gruppi di rock classico degli ultimi vent'anni.



(disco completo: https://tinyurl.com/4vvjk9wh)

Partito come un formidabile ed inatteso mix di suggestioni jazz, alt-rock, noise il frullatore azionato da Tom Barman e dai suoi dEUS si muove negli anni in direzioni diverse e varie: la storia, infatti, ci racconta che nel suo più che decennale percorso la band belga passa attraverso un paio di pietre miliari (gli esordi: capolavori ed irrinunciabili manifesti di una wave tutta originale e distinguibilmente europea), si evolve e muta con qualche buon disco di raccordo per poi atterrare, ahinoi, su una approdo sostanzialmente incerto e falso, ovverosia "Keep You Close" (2011).

Troppo insipido, troppo leggero e superficiale per esser vero: impercettibile ed indecifrabile nelle intenzioni, il disco ha provato a dare voce ad uno sfogo dove pop raffinato si unisse a rock più esplicito e sfacciato, fallendo purtroppo negli esiti.
Carenze di scrittura, pezzi che non ingranano: memorie del bel tempo che fu evocate ma distanti e quasi inconciliabili con quel presente e quell'opera.

A stretto giro, quasi fosse un naturale prolungamento di questo episodio, Barman e soci danno alle stampe "Following Sea": forse concepito nelle stesse sessioni del precedente disco, sicuramente molto vicino come ispirazione e struttura complessiva.
E questa quasi contemporaneità non promette, all'annuncio della pubblicazione, nulla di eccitante e non scalda più di tanto gli animi.

Veniamo subito al punto allora e tiriamo un parziale sospiro: le (non) promesse vengono in parte mantenute ma il passo, questa volta, sembra comunque più accettabile rispetto all'inciampo precedente.
"Following Sea" è un buon disco: certo, non c'è ormai più neppure l'eco della band che aveva infiammato con originalità e sincera emozione il decennio precedente e questo addolora e fa sicuramente intristire. La via scelta è quella di una zona di sicurezza, un pilota automatico inserito che ricalca il mix di "Keep you close", ma stavolta quantomeno l'elettrocardiogramma mosta qualche scossa interessante.

"Quatre Mains", ad esempio, è una notevole apertura che non avrebbe sfigurato, se non nei primi due dischi dei nostri, almeno in "Pocket Revolution".
Di ispirazione puramente cinematografica, claustrofobico, dark e con un ammaliante cantato/recitato in francese il brano riconcilia in parte con la band.
Purtroppo il resto dell'opera non rispetta lo stesso livello di fascino ed ispirazione: gradevoli "Sirens" e "Nothings", accettabili "Hidden Wounds" e "The Soft Fall", dimenticabile il resto.
Un'eccezione, onestamente, c'è ed è il brano di chiusura, "One thing about waves": non spicca per originalità ma è un bel colpo di rasoio, affilato e preciso. Una finestra ben augurante su un futuro della band che, se non all'altezza del glorioso passato, possa almeno consegnare qualche altra goccia di gradevole classe alla storia di questo gruppo.

Storia che, malgrado queste ultime opere un po' sbiadite e non perfettamente a fuoco, resta gloriosa e memorabile.
Attendiamo, all'alba del 2022, i prossimi passi (pare sia in dirittura di arrivo un nuovo disco per il 2023): confidando e sperando in una nuova vena ispiratrice, ammirando sempre e comunque quello che questi eclettici e folli ragazzi di Anversa sono riusciti a fare nella loro straordinaria carriera.

- il Compagno Folagra

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