mercoledì 8 giugno 2022

Alan Sorrenti: "Aria" (1972)

Cinquant'anni fa veniva pubblicato "Aria", album d'esordio del cantautore italo-gallese Alan Sorrenti. Su questo disco, l'artista napoletano costruisce un tappeto prog rock psichedelico e rarefatto, trampolino di lancio per le sue ardite sperimentazioni vocali che, all'epoca, hanno pochi antecedenti in cantanti del calibro di Tim Buckley e Peter Hammill dei Van der Graaf Generator. Tra i musicisti che lo accompagnano, un ensemble internazionale formato dal percussionista napoletano Toni Esposito, dal bassista elettrico e chitarrista classico Vittorio Nazzaro, dal tastierista Albert Prince e dal violinista jazz francese Jean-Luc Ponty.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/2p99547x

Alan Sorrenti nasce a Napoli il 9 dicembre del 1950 da padre napoletano e madre gallese, e passa parte dell'infanzia ad Aberystwyth, in Galles. Probabilmente quando inizia la sua carriera musicale da professionista, verso i vent'anni, non immagina che diverrà ingiustamente famoso quasi solo come l'autore e interprete di "Figli delle Stelle" una delle canzoni che, a torto o a ragione, viene identificata come una delle più vacue e disimpegnate della musica italiana, simbolo della dis-cultura disco e del riflusso post-politico come reazione agli anni di piombo.

Per chi ha un po' più di indulgenza nei confronti dei percorsi musicali e personali degli artisti, la storia di Alan Sorrenti non si limita a essere definita da quell'unico momento, peraltro ingiustamente elevato ad orrorifico abominio, ma segue un andamento che ricorda in parte quello del suo eroe Tim Buckley, anch'egli passato dalla psichedelia al white funk, e in parte quello dei suoi coetanei del progressive, divenuti poi più o meno cinici esponenti di funk fusion, synth pop o AOR.

Tutto ciò non toglie che a inizio carriera il giovane Alan (così come la sorella Jenny, che fonda il gruppo prog dei Saint Just), affascinato dalle nuove tendenze musicali più artistoidi e dotato di una vocalità superiore, desideri realizzare un disco innovativo e profondamente 'artistico', degno degli sperimentatori che adora. Ad aiutarlo sono probabilmente le sue ascendenze britanniche: firma infatti un contratto nientemeno che con la Harvest, l'etichetta prog della EMI, e può avvalersi per la registrazione del suo primo album, oltre che di alcuni ottimi musicisti italiani (Toni Esposito alla batteria; Vincenzo Nazzaro a basso elettrico e chitarra classica), anche del supporto di musicisti internazionali del calibro di Albert Prince (compositore di colonne sonore italo-francese, qui a piano, organo hammond, mellotron, sintetizzatori), Tony Bonfils (contrabbasso), Andrè Lajdli (tromba), Jean Costa e, soprattutto, Jean Luc Ponty (violino).

La musica di Sorrenti è certamente inquadrabile nel progressive italiano, ma nel 1972 il genere, che ancora non ha questo nome, e a cui ci si riferisce variamente come art rock, psichedelia, musica pop, o semplicemente rock, è ancora sufficientemente libero, non congestionato e non artificiale da consentire ampia varietà di sperimentazione e approcci. Quello di Sorrenti per esempio è certamente spirituale nei contenuti e fiabesco nelle atmosfere, singolarmente nordico e non-italico e non-napoletano nelle sue espressioni, ma non è certamente in linea con la tecnocrazia elettrica dei Pink Floyd né con i virtuosismi escapisti degli Yes o dei Genesis.

"L'album, che prende il nome di "Aria", trae spunto musicalmente dai dischi più psichedelici di Tim Buckley ("Lorca" e "Starsailor"), dai primissimi dischi dei Pink Floyd ("The Piper at the Gates of Dawn", "A Saucerful of Secrets" e "More") e dal progressive rock oscuro e pianistico dei Van der Graaf Generator; ma l'aspetto più significativo dell'opera di Sorrenti sta nel suo uso della sperimentazione vocale, che trae linfa in primis da Tim Buckley e secondariamente da Peter Hammill (proprio cantante dei Van der Graaf, a sua volta un allievo del canto proteiforme di Buckley stesso).

In "Aria", la suite di venti minuti che occupa l'intero primo lato e da il nome al disco, si fa poi centrale anche la figura di Jean Luc Ponty, violinista jazz ed elettrico che ama collaborare al di fuori delle proprie zone di comfort, come ha dimostrato in "Music for Electric Violin and Low Budget Orchestra", lavoro realizzato con e scritto da Frank Zappa. L'incontro fra Ponty e Sorrenti rimarrà uno dei momenti più alti del progressive italiano degli anni settanta, con le continue tortuosità vocali intraprese da Sorrenti accompagnate magnificamente anche dalla batteria elementale e creatrice di Toni Esposito.

Sul lato B, tre brani di media lunghezza proseguono, con alcune variazioni, il discorso tanto bene espresso sulla prima facciata. "Vorrei incontrarti" è quella che più rassomiglia al folk cantautorile italiano, ed è scelta come singolo di lancio. "La mia mente" fa a pezzi con il suo pianoforte le coordinate serene stabilite nel brano precedente, mentre "Un fiume tranquillo", la più hammilliana delle composizioni del disco, ristabilisce un equilibrio fra melodia e psichedelia, fra coordinate bucoliche e viaggio spaziale, fra tormento e poesia, e conclude l'album con un momento particolarmente elegiaco.

Il lavoro di Alan proseguirà pochi mesi dopo su "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto", prima che le difficoltà a riprodurre questo materiale dal vivo e la risposta piuttosto negativa del pubblico dei concerti lo portino a una profonda crisi personale. Ne uscirà come aveva cominciato, con nuove forme di sperimentazione, questa volta sulla canzone napoletana.

- Prog Fox

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