sabato 21 maggio 2022

Queen: "Hot Space" (1982)

Il 21 maggio di quarant'anni fa usciva il più controverso e criticato album dei Queen, "Hot Space". In esso, la formazione inglese sperimentava con sonorità dance e disco, in una mossa considerata più che discutibile per un gruppo che si vantava di non avere mai usato un sintetizzatore in una canzone fino al 1979. Nonostante il fatto che sia indubbiamente un disco minore del gruppo, "Hot Space" non tradisce la capacità dei Queen di scrivere canzoni superbe - oltre a contenere "Under Pressure", il singolo scritto e inciso con Bowie l'anno precedente.



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La carriera dei Queen si è svolta per un ventennio lungo un andamento sinusoidale, ai cui vertici si sono trovati "A Night at the Opera" (1975) e "Innuendo" (1991), con un nadir comunemente individuato in "Hot Space", nono album della formazione realizzato nel 1982.

Naturalmente parlare di nadir per un gruppo dal rendimento continuo e stabile coe i Queen è sempre un nadir relativo, data la qualità sempre elevata della scrittura del quartetto - a meno che non apparteniate alla piuttosto vasta platea di persone che proprio non regge l'atteggiamento e lo stile di Freddie Mercury e soci - troppo poco seriosi per piacere ai fondamentalisti del prog o del metal, troppo poco politicizzati e troppo felici per piacere ai punk, e certo lontani nell'irriverenza e nell'ironia da personaggi seriosi di culto che piacciono agli artisti come Tom Waits, Nick Cave e Robert Smith.

Cercando di abbandonare pregiudizi e analisi sociomusicali, e concentrandosi solo sulla musica, i Queen partono con il primo album del 1972 da radici che mescolano hard, glam e progressive influenzato da Beatles e Led Zeppelin, per approdare al loro capolavoro "A Night at the Opera" nel 1975. Dopo un disco nella stessa vena come "A Day at the Races", il gruppo sente la necessità di modificare il proprio stile, affievolendo le componenti hard e prog in favore di una sperimentazione eclettica e di un rock classico più immediato nelle melodie e negli arrangiamenti. I dischi successivi ne soffrono sempre di più, finché non si arriva a "The Game" (1980) e "Hot Space" (1982), i due album più lontani dal loro stile classico, dopo i quali il gruppo ritornerà invece indietro verso lidi più rock, culminando con il disco universalmente considerato il loro secondo capolavoro, "Innuendo" (1991), che ne conclude la carriera vista la sfortunata morte di Mercury.

Né "The Game" né "Hot Space" sono comunque dischi da disprezzare. Il lato A di "Hot Space" vede i Queen protagonisti, soprattutto per impulso del bassista John Deacon, di un suono influenzato dalla dance, dal funk e dalla disco. I risultati sono eccellenti solo nella strepitosa "Back Chat", non a caso composta da Deacon, che si esibisce anche nella chitarra ritmica funky, lasciando poi spazio a un favoloso assolo di Brian May nella seconda parte del brano. Meno riusciti gli esperimenti dei suoi colleghi: "Staying Power" (con i fiati arrangiati dal produttore della Atlantic Records Arif Mardin), "Action this day" (duetto tra il batterista Taylor e Mercury, con un solo di sax dell'italiano Dino Solera) e "Dancer" non sono orribili ma nemmeno troppo entusiasmanti; meglio, ma nemmeno troppo, fa "Body Language", che sarà inspiegabilmente il singolo con la posizione più alta raggiunta dai Queen in America (#11 in classifica).

In quegli anni Freddie Mercury (voce, pianoforte), John Deacon (basso), Roger Taylor (batteria, voce) e Brian May (chitarre, voce) sono anche al culmine della loro voglia di sperimentare e collaborare con altri artisti: lavorano infatti con Rod Stewart, Michael Jackson, Giorgio Moroder, Eddie Van Halen, David Bowie. Solo le due tracce con Bowie emergono su "Hot Space", una è la celeberrima "Under Pressure", capolavoro assoluto del gruppo già uscito il precedente novembre come singolo, una composizione in più parti costruita principalmente da Mercury a partire da un riff di basso immortale di John Deacon, e completata nelle liriche da David e negli arrangiamenti da tutti e cinque. L'altra composizione è un'altra meravigliosa perla, "Cool Cat"; sebbene Bowie abbia chiesto di rimuovere i suoi contributi al brano, non convinto del loro valore, quello che rimane è uno dei falsetti più indimenticabili di Mercury, che si libra in un volo da brividi su un tappeto musicale di piano elettrico (Mercury), chitarra funky e basso (entrambi a cura di Deacon).

A completare il disco troviamo altri due brani minori, "Put out the fire" (un rocker classico con May alla voce) e "Calling all girls" (a firma di Taylor), e soprattutto altre due composizioni strepitose come "Las Palabras de Amor" (latin rock romantico dalle imprevedibili sequenze di accordi, come nello stile più riuscito della band) e "Life is Real", commovente canzone dedicata da Mercury a John Lennon, idolo musicale del cantante ucciso due anni prima, condotta da un piano struggente di chiara ispirazione beatlesiana.

Vero, su tre quarti d'ora di musica probabilmente la metà sono del tutto irrilevanti, sebbene non offensivi, ma il disco rimane indispensabile ai fan dei Queen per la presenza di quattro o cinque numeri di purissimo genio ("Back Chat", "Las Palabras de Amor", "Life is Real", "Cool Cat" e "Under Pressure"). Non siete davvero male come gruppo, quando questo è il peggiore album della vostra carriera.

- Prog Fox

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