Dal 26 settembre al 1° ottobre del 1971 si svolgevano le registrazioni di "Kraftwerk 2", secondo album del gruppo krautrock tedesco e uno dei loro dischi più rappresentativi e visionari. Manifesto della musica elettronica prima dell'avvento del sintetizzatore, rinnegato dai Kraftwerk, ma forse la loro opera artisticamente più significativa. Il modo in cui Florian Schneider e Ralf Hutter usano strumenti convenzionali del rock per viaggiare con il suono rimane insuperato tuttora.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/46fm3cf4)
Dopo un primo disco interessante che si colloca nell'alveo del primo krautrock e contiene le prime prove motorik grazie al batterista Klaus Dinger, i Kraftwerk cambiano formazione un paio di volte attorno all'unico membro fisso, il flautista e violinista Florian Schneider, finché nel corso del 1971 non resta al suo fianco solo il rientrante Ralf Hutter, che aveva lasciato dopo la pubblicazione dell'esordio. I due musicisti tornano in studio con il produttore Conny Plank, fondamentale figura della musica tedesca, e con lui danno vita a un eccellente secondo album.
Il capolavoro assoluto della carriera dei Kraftwerk, "Kraftwerk 2" contiene nella straordinaria suite di apertura "Kling Klang" tutto il futuro della musica elettronica di atmosfera, realizzato però attraverso strumenti interamente convenzionali. Introdotta da una sequenza percussiva che ricorda quel poco di Stockhausen che il vostro umile recensore ha sentito, prende un respiro ampio e anticonvenzionale con le ondate di flauto suonate da Florian Schneider su un campionamento ritmico pre-installato in una delle loro tastiere, rafforzato dal basso elettrico e da una delicata sequenza di pianola. Dopo un paio di pacate accelerazioni, il brano si spegne su se stesso verso gli undici minuti, per dedicarsi a una pausa pastorale dolcissima e poi riprendere il viaggio in forma accelerata, su una base che si fa quasi bossanova. Siamo in presenza di una delle prime, esplicite dichiarazioni d'amore per il serialismo nel rock, e certamente una delle più perfette.
Il resto del disco offre sperimentazioni altrettanto ardite e affascinanti, anche se meno programmaticamente dedite ad abbattere le porte della percezione. "Atem" è semplicemente la manipolazione elettronica di un respiro. "Strom", aperta da scariche di chitarra elettrica, si tramuta poi in un brano strumentale dal sapore dei Pink Floyd degli esordi. "Harmonika" chiude il disco con una eccellente parodia morriconiana. A impedire al disco la perfezione stanno un paio di riempitivi abbastanza insignificanti come "Spule 4" e soprattutto "Wellenlänge" (nove minuti di chitarra con eco e basso).
Più ambientale e meditativo che non ostico, "Kraftwerk 2" è una ottima introduzione al krautrock, sebbene, per qualche motivo, i Kraftwerk odino questo disco, così come il precedente e il successivo.
Forse è il fatto che all'epoca suonassero ancora strumenti convenzionali nel rock come chitarre e basso, invece di coprire tutto di sintetizzatori prima radioattivi e poi plasticosi. Forse, come disse Schneider in una intervista, è perché questa musica è solo 'archeologia' della loro carriera.
O forse perché proverebbero troppo rimpianto per la propria giovinezza, e sentirebbero la consapevolezza di essersi persi nell'inseguire il mito dell'uomo-macchina.
- Prog Fox
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