domenica 5 settembre 2021

Yes: "Fragile" (1971)

Venivano completate il 5 settembre di cinquant'anni fa le registrazioni di "Fragile", quarto album in studio dei maestri del progressive britannico Yes. Si tratta di un vero e proprio capolavoro, per molti il massimo risultato della produzione del gruppo, qui al suo primo disco con la formazione più nota (e più virtuosistica), formata da Jon Anderson (voce), Chris Squire (basso, voce), Bill Bruford (batteria), Steve Howe (chitarre, voce) e dal nuovo arrivato Rick Wakeman (tastiere).



(disco completo: https://tinyurl.com/2ap94dp7)

La fame di virtuosismo degli Yes, alfieri del rock progressivo concepito come una forma artistica musicale indipendente dal rock, dalla psichedelia, dall'hard rock e dalle varie tendenze eclettiche dell'era (non come i primi Traffic, Family, Jethro Tull, insomma, ma come i primi King Crimson), stava rapidamente diventando una malattia che avrebbe finito per divorare uno dopo l'altro i membri del gruppo.

Dopo avere eliminato il chitarrista Peter Banks in una lotta di potere con il cantante Jon Anderson e il bassista Chris Squire, nonostante il fatto che Banks avesse ragione sugli errori fatti dal gruppo nel secondo album "Time and a Word", annegato in pomposi e datati arrangiamenti orchestrali, il gruppo incise "The Yes Album" (1970) col nuovo chitarrista, l'altrettanto se non più virtuoso Steve Howe. Era solo questione di tempo prima che l'umile tastierista Tony Kaye, legato maggiormente a pianoforte e organo hammond e meno ai nuovi sintetizzatori, facesse spazio a un collega più spericolato, virtuosistico e fiammeggiante, ovvero Rick Wakeman, sessionman richiestissimo e membro per un paio di album dei folk rocker progressivi Strawbs.

Il nuovo quintetto si dedica così alla scrittura e all'incisione del suo quarto album, guidato da due idee di base: la prima è rendere tutto ipertrofico, complesso e virtuosistico (tocca scriverlo ancora una volta questo aggettivo, e non sarà l'ultima); la seconda è regalare a ognuno dei membri uno spazio 'solista' in cui sviluppare una idea personale e indiscutibile. Se la prima idea farà sì che "Fragile" contenga alcune delle più belle canzoni degli Yes, la seconda fa sì che emergano come bizzarri riempitivi diversi di questi contributi solisti.

Partiamo da questi ultimi, per levarci subito il dente: "Five per cent of nothing" è un minuto di batteria di Bill Bruford, che semplicemente trascrive la propria figura ritmica in note equivalenti sul pentagramma da far suonare ai colleghi. Che bello scherzo! Wakeman regala un inessenziale arrangiamento di Bach, due o tre gradini sotto qualunque cosa di quel tipo avesse già realizzato Keith Emerson. Meglio fa Jon Anderson, con un delizioso motivetto come "We have Heaven", che lo vede impegnato in una miriade di sovrapposizioni vocali. Ma gli unici che veramente realizzano qualcosa di serio a partire dall'idea sono Chris Squire, con la splendida idea musicale per basso e batteria di "The Fish (Schindleria Praematurus)", che infatti genererà spazio per numerose improvvisazioni ritmiche dal vivo (si senta l'impressionante versione tratta da "Yessongs"), e soprattutto Steve Howe, che ci delizia con uno dei numeri per chitarra acustica più belli mai realizzati nella musica rock in cinquant'anni, la sensazionale, struggente, emozionante, fiabesca "Mood for a day".

I quattro pezzi collettivi contengono tre dei pezzi più famosi del gruppo: "Roundabout", "Long Distance Runaround" e soprattutto "Heart of the Sunrise", una delle canzoni più belle e riuscite di tutto il rock progressivo. Il quarto pezzo è "South Side of the Sky", una discreta composizione con un basso e una chitarra sporchi e invadenti in modo mirabile, ma che manca di una risoluzione nel senso di un ritornello memorabile, nonostante una valida sezione centrale guidata dal pianoforte e da interessanti armonie vocali.

"Roundabout" apre l'album con una delle canzoni preferite dai fan degli Yes, e con una delle più riconoscibili introduzioni della storia della formazione, concepita dal geniale Steve Howe ricorrendo alle armoniche della sua chitarra acustica. Il basso energico e metallico di Squire, che influenzerà generazioni di bassisti, conduce la canzone seguendo perfettamente la batteria di Bruford. Il ritornello quasi r&b, le sezioni con i cori angelici e la parte centrale quasi latin rock enfatizzano le giustapposizioni ardite, i chiaroscuri e i contrasti fra melodico e spigoloso che sono la forza degli anni migliori degli Yes.

"Long Distance Runaround" è il brano più melodico e festoso del disco, con Jon Anderson padrone assoluto della danza; introdotto da un festoso riff di chitarra elettrica, si tramuta in una strofa ossessiva colorata magistralmente dagli interventi sincopati di tutti gli strumenti.

"Heart of the Sunrise" si apre con un terrificante, visionario riff di apertura, caracollante a un passo insostenibile nel virtuosismo dei quattro strumentisti, dopo il quale emerge un incredibile assolo di batteria di Bruford, assolo di batteria che mostra come dovrebbero essere ogni assolo di batteria, ovvero non diverso concettualmente da quelli di ciascuno strumento - ma realizzato sopra al tema musicale suonato dai suoi compagni, e non in un vuoto di melodia e armonia insensato. Estaticamente rapiti dalla lunga introduzione strumentale (3'30''), veniamo improvvisamente investiti dalla pace, che fa da preludio all'aurora dalle dita di rosa evocata dagli arpeggi di chitarra di Howe e dall'emersione del sole dipinta dalle parole sulle labbra di Jon Anderson. Dieci minuti abbondanti di musica che danno vita a uno dei brani più potenti e intensi della storia degli Yes e di un brano epocale e paradigmatico del valore raggiunto dal rock progressivo degli anni settanta.

Con ancora negli occhi l'alba di "Heart of the Sunrise", ci poniamo quindi l'interrogativo se "Fragile" sia il capolavoro assoluto della carriera del gruppo. Come avrete capito, a parere del vostro umile recensore, ci sono alcuni piccoli difetti nell'opera che gli fanno mettere davanti ben tre dischi - "The Yes Album" (1970), "Close to the Edge" (1972) e "Relayer" (1974). Sono però molti di più gli appassionati del gruppo che vedono in "Fragile" il primo o secondo disco in assoluto del gruppo. Il nostro solito consiglio è provare e giudicare per conto vostro. A prescindere dalle classifiche, che lasciano il tempo che trovano, se vi piace il progressive rock questo è un disco semplicemente imperdibile.

- Prog Fox

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