mercoledì 15 settembre 2021

Trip: "Caronte" (1971)

Nel settembre di cinquant'anni fa veniva inciso "Caronte", secondo album degli anglo-italiani Trip e uno dei primissimi album italiani di rock progressivo, a fianco del "Concerto Grosso" dei New Trolls e del "Collage" delle Orme, incisi e pubblicati pochi mesi prima. Il quartetto, ispirato a Nice, Emerson Lake & Palmer, Colosseum, Deep Purple, Pink Floyd e, perché no, alle Orme, tenta la carta di un progressive muscolare e sinistro quanto i temi del disco, senza mancare di un tocco personale.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/s5y9ftbk)
(re-incisione del 50° anniversario qui: "Caronte 50 years later")

I Trip nascono in Inghilterra e, come molti gruppi minori e incapaci di trovare spazio in patria, cercano fortuna rilanciandosi all'estero. L'Italia si mostra, grazie al fenomeno beat, un boccone ghiotto per parecchie di queste band, e i Trip non fanno eccezione. Nel 1971, il gruppo ha subito numerosi cambi di organico, divenendo per metà italiano, e inciso un primo album eponimo di rock dai tratti blues e psichedelici. La formazione, che aveva ospitato addirittura Ritchie Blackmore, vede ora la sezione ritmica del batterista Pino Sinnone e del bassista-cantante Arvid 'Wegg' Andersen accompagnare i solisti Joe Vescovi (voce, tastiere) e William Grey (chitarre, voce).

Come le Orme folgorate all'Isola di Wight nel 1970 da Emerson, Lake & Palmer, anche i Trip sono attenti alle nuove tendenze provenienti dall'Inghilterra. I King Crimson e gli ELP hanno incanalato le nuove tendenze anticipate da Procol Harum e Nice in un nuovo genere dalle forti ispirazioni classiche e romantiche, che si affianca a gruppi come Deep Purple e Colosseum più proiettati in direzioni più personali di hard rock e jazz rock dalle tinte blues. I Trip conoscono bene ognuna di queste band così come i Pink Floyd, protagonisti diretti di una evoluzione dalla psichedelia al progressive di "Atom Heart Mother" e "Meddle". L'intenzione del gruppo anglo-italiano è integrare queste influenze nel proprio suono con l'obiettivo di realizzarsi in maniera personale.

Obiettivo in buona parte riuscito, c'è da dirlo: "Caronte I" è uno strumentale fenomenale, in cui a spiccare è l'interazione davvero infernale fra le tastiere di Vescovi e il muro di chitarre impressionante di Grey, il tutto sopra a una sezione ritmica furibonda, con i suoni secchi della batteria di Sinnone in evidenza. Brillante anche "Little Janie", ballata psichedelica dedicata alla sfortunata Janis Joplin (deceduta il 4 ottobre 1970) resa più moderna e progressive soprattutto dai perfetti cori angelici che la puntellano, sostenendo la brillante declamazione, indolente, quasi distratta, del cantante.

Un po' meno originale "Two Brothers", sicuramente una canzone di hard rock entusiasmante e combattivo che però riesce meno a nascondere i singoli ingredienti nell'esecuzione di una ricetta comunque gustosa (Pink Floyd del periodo 1968-1971 nella prima parte, per esempio nel basso di Arnesen e nell'organo di Vescovi; Deep Purple nella fase centrale, sia per il canto che per organo e chitarra; ed Emerson, Lake & Palmer nella fase conclusiva, a partire dall'ostinato di basso e batteria) .

Intermedi in questo senso invece i dieci minuti di "L'ultima ora e Ode a Jimi Hendrix", seconda dedica del disco, questa volta al grande chitarrista morto il 18 settembre 1970. La traccia funziona meglio di "Two Brothers", grazie anche alle citazioni classiche di Vescovi, ma l'inizio non è al livello dello strepitoso strumentale di apertura, forse perché anche qui alcune influenze (fra cui gli Atomic Rooster) sono forse appena troppo evidenti. Le cose prendono quota nella straordinaria fase centrale, illuminata dall'organo squillante di Vescovi, che si trasforma immediatamente in un duetto che sta alla pari delle improvvisazioni dei New Trolls nel "Concerto Grosso". "Caronte II" conclude l'album con un altro strumentale che riassume in tre minuti tutto il senso del disco, con il piacevole contrasto fra Sinnone/Vescovi quasi jazz e Andersen/Grey più blues rock.

Giustamente celebrato come una delle pietre angolari del progressive rock italiano, "Caronte" è evidentemente un tassello che non può mancare nella collezione di ogni amante della musica italiana degli anni settanta.

- Prog Fox

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