Esce quarant'anni fa oggi "Burning Blue Soul", disco di debutto di Matt Johnson, mente e leader dei The The - in seguito l'album fu poi ripubblicato a nome The The e considerato il primo disco del progetto. Qui Matt canta e suona tutti gli strumenti, dedicandosi a una new wave sperimentale che vede punti in comune con gruppi e autori stralunati e lunatici dell'epoca come Public Image Ltd, Wall of Voodoo e Teardrop Explodes.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/mmpyb6mw
Nel 1981, Matt Johnson è rimasto appiedato dopo essere rimasto l'unico membro del gruppo post punk The The. Ottenuto un contratto con la neonata 4AD Records, incide in pressoché totale solitudine il suo debutto su LP, ovvero "Burning Blue Soul", che esce a suo nome. Il disco verrà ristampato diverse volte con copertine differenti, finché, dal 1993, non sarà permanentemente accreditato ai The The, nome che dal successivo disco di Johnson comparirà in tutti gli album del suo progetto musicale.
Sull'album, Johnson si dedica a una visione fortemente originale del post punk, che si nutre di world music, uso di loop e campionamenti, e anche momenti percussivi e ambient spigolosi e talvolta ostili, che ricordano le scelte sperimentali di altri gruppi dell'epoca, a partire dai Public Image Ltd (ma per fortuna Johnson non incide nulla di così inascoltabile come "Flowers of Romance") per arrivare ai Wall of Voodoo. Non è un caso che fra i quattro produttori dell'album compaiano anche Bruce Gilbert e Graham Lewis dei Wire.
Il disco si apre con le atmosfere di punk tribale, tra ambient e world music, della fantastica "Red Cinders in the Sand", che ci mostra il personale uso di loop, percussioni e campionamenti da parte di Johnson; il brano prosegue senza soluzione di continuità nella canzone migliore del disco, "Song without an Ending", con la chitarra tremolante e neopsichedelica del leader che incrocia due loop percussivi e un organo spettrale mentre il cantautore declama meditabondo e astratto, come se la sua voce giungesse da chissà quale imponderabile abisso siderale. "Time again for the golden sunset" è ancora più minimalista.
I quasi otto minuti di "Icing Up", la canzone più lunga del disco, e la successiva "Like a sun risin thru my garden" tornano con successo ai loop e alle atmosfere tribali del pezzo di apertura, confermando la passione di Johnson per certe forme di space rock atmosferico influenzati da gruppi degli anni sessanta e primi settanta come Pink Floyd, Amon Duul e Hawkwind. I campionamenti di cori di bambini di "The River Flows East in Spring" evocano addirittura le opere più sperimentali di Holger Czukay dei Can e i Residents contemporanei di "Mark of the Mole".
"Burning Blue Soul" però non sarebbe così interessante se non ci fossero anche improvvisi sprazzi melodici a illuminarlo: "Bugle Boy" sarebbe, con una produzione differente, una canzone folk di primo piano, ma la chitarra elettrica e la voce allucinata lo rendono un delizioso pezzo da freak degno di Mayo Thompson e Daniel Johnston; la conclusiva "Another boy drowning" ci porta invece negli spazi più sognanti delle atmosfere tessute da Johnson.
Il debutto di Matt Johnson nel mondo della musica anni '80 cerca, con risultati assolutamente buoni, di tracciare un percorso tra il rock neopsichedelico influenzato dagli anni sessanta e il post punk più abrasivo e influenzato dalla world music. La capacità di non spingere troppo sull'acceleratore delle parti abrasive, senza però cedere mai a compromessi eccessivamente melodici, rende "Burning Blue Soul" un disco encomiabile e, anche se non sempre di semplice ascolto, dalla sperimentazione mai sgradevole e fine a se stessa.
- Prog Fox
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