23 Settembre 2011, gli olandesi Textures pubblicano il loro quarto album, intitolato Dualism. Accolto con un pizzico di delusione dopo il successo di "Silhouettes", a dieci anni di distanza possiamo affermare che si tratta di un momento imprescindibile per gli estimatori del genere djent e della band.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/2eu2ffky
Li avevamo lasciati reduci dal grande successo (soprattutto di critica) di quel piccolo gioiellino chiamato "Silhouettes", uno dei lavori più innovativi e interessanti degli anni duemila in ambito metal. Affermata la propria direzione stilistica a base di poliritmie di scuola meshugghiana, condite con gustose dosi di ingredienti “groove” e “core”, supportate da suggestivi inserti di synth capaci di rimandare ai lavori di Devin Townsend, ci si aspettava un ulteriore grande passo dei Textures, che li consolidasse come next big thing della scena.
In effetti, ai tempi potevano vantare tour da headliner assieme a band del calibro di Gojira e Parkway Drive come support act. I presupposti c’erano tutti. Purtroppo qualcosa andò storto: il gruppo dovette fronteggiare la dipartita di due membri cardine, il tastierista Richard Rietdijk e il cantante Eric Kalsbeek, i quali abbandonarono il gruppo in termini amichevoli causa l’impossibilità di proseguire la piena carriera musicale professionistica. Vennero rimpiazzati rispettivamente con Uri Dijk e Daniel De Jongh, certamente due membri validi ma che non mancheranno di far rimpiangere i precedenti fenomenali membri della lineup.
Dopo un anno di lavoro con la nuova formazione, "Dualism" vede la luce in pieno boom del movimento Djent grazie a ensemble quali Periphery e affini. Proprio i Textures possiamo considerarli con svariati anni di anticipo fra i primissimi gruppi di successo capaci di amalgamare le intuizioni ritmiche e compositive su cui il Djent posa le fondamenta.
Nonostante "Dualism" si possa considerare un buon lavoro, solido e compatto, nel complesso possiamo riscontrare un calo in fase di ispirazione e di songwriting: rispetto ai lavori precedenti troviamo una gamma compositiva meno variegata e articolata. Non mancano però i pezzi che risaltano maggiormente, su tutti l’imponente "Singularity", la quale non fa assolutamente rimpiangere le composizioni dei “vecchi” Textures.
Su livelli decisamente alti troviamo anche l’ottima accoppiata formata dall’accattivante "Consonant Hemispheres" (che stilisticamente segue le orme di una "Awake") e la possente "Sanguine Draws The Oath". Come singolo di lancio da cui venne tratto un videoclip, la scelta ricadde su una canzone melodica e sognante, "Reaching Home", primo (e unico) pezzo dei Textures cantato interamente in clean vocals, certamente la composizione più lineare della loro carriera.
Anche se all’epoca "Dualism" venne accolto con un pizzico di delusione, a dieci anni di distanza (e vista la sfortunata sorte del gruppo olandese) a conti fatti rimane una tappa obbligata per ogni estimatore della band.
- Supergiovane
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