Viene pubblicato il 29 settembre di cinquant'anni fa il disco che trasformò i Pooh in uno dei più popolari gruppi italiani di sempre: "Opera Prima", quarto album del gruppo (ma primo con la nuova casa discografica). L'album contiene due dei massimi successi dei Pooh: "Tanta voglia di lei", cantata dal chitarrista Dodi Battaglia, e "Pensiero", cantata dal bassista Riccardo Fogli, entrambe composte dal tastierista Roby Facchinetti per le liriche del batterista Valerio Negrini, che dopo l'incisione del disco verrà sostituito da Stefano d'Orazio per dedicarsi solo ai testi del gruppo.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/6eahejd6)
Nel 1971, i Pooh sono un gruppo in difficoltà. Dopo il successo di "Piccola Kathy" non sono più riusciti a ripetersi, e dopo tre album con la piccola casa discografica Vedette, scoraggiati, vengono messi sotto contratto dalla major statunitense CBS, per volontà del produttore Giancarlo Lucariello, innamoratosi del gruppo dopo averlo visto suonare dal vivo.
L'idea di Lucariello è di sfruttare le tendenze romantiche sprigionate dal progressive per colorare la vena di rock sentimentale del gruppo, utilizzando una invadente orchestra più o meno ovunque e per diversi anni di fila, segnando la prima metà del decennio dei Pooh.
L'idea in realtà ha un successo clamoroso fin dalla malinconia di "Tanta voglia di lei", il singolo che precede di diversi mesi la pubblicazione del disco e che rilancia con il primo posto in classifica le quotazioni dei Pooh. Giustamente, dato che, come altri singoli dei Pooh di questi anni, una delle migliori cose che il pop italiano abbia mai prodotto. Nonostante un testo sentimentale e corrivo, certo, con quel cattivo gusto tipico di Negrini, ossessionato da triangoli, tradimenti e amanti di cui riempirà le canzoni dei Pooh per quarant'anni.
Il disco si apre con il secondo singolo che anticipa l'album, "Pensiero". Pubblicato il giorno prima di "Opera Prima", diventa un successo ancora maggiore di "Tanta voglia di lei", alla quale è superiore da qualsiasi punto di vista: una musica entusiasmante che questa volta sa veramente di progressive, e non si limita a simularne i suoni; un testo ottimista da cantare a pieni polmoni, pieno di positività e immaginazione, che si sposa perfettamente a una musica ariosa e fresca; armonizzazioni vocali strepitose, degne dei migliori complessi britannici; la ritmica inusuale della chitarra acustica di Dodi; il finale dai cori simil operistici che addirittura anticipano certe intuizioni dei Queen ("In the lap of the gods", 1974).
Ascoltate queste due canzoni, il resto del disco impallidisce un po'. Residui di quello che è di fatto il beat psichedelico italiano, fuori tempo massimo di due o tre anni e naufragato negli archi e nell'orchestra, non sono sempre il massimo: "Un caffè da Jennifer" è inoffensiva e datata; "A un minuto dall'amore" è talmente melensa da mandare in crisi glicemica; "Che favola sei" ospita le atroci parole 't'ho riconosciuto: tu sei la donna che inventai tutta per me la prima volta che sognai di fare l'amor', e non c'è altro da dire sul pezzo.
Molto meglio "Tutto alle tre", una graffiante prova vocale di Negrini, anche se questa canzone ci dimostra che usare l'orchestra invece che chitarre elettriche e tastiere da sui nervi anche quando le canzoni si allontanano da certi stereotipi sentimentali e non solo quando si immergono in essi. Forse il migliore degli altri pezzi è "Alle nove in centro", divisa in diverse sezioni ognuna delle quali ha una sua tipicità: una splendida introduzione di chitarra e batteria, una strofa riuscita e un ritornello avventuroso, che non si appoggia su una risoluzione banale.
"Il primo e l'ultimo uomo" purtroppo non è una favola apocalittica sull'umanità, ma solo un ennesimo deprimente concetto amoroso, che poggia però su una composizione di rock interessante, che potrebbe quasi trasformarsi in un buon hard rock se la produzione di Lucariello non fosse troppo leggera per i valori intrinseci del pezzo e del buon assolo di Dodi Battaglia. "Terra Desolata" spreca una ottima strofa con un ritornello che riesce a essere corrivo pur senza interventi orchestrali - i Pooh devono ancora crescere, evidentemente, e questa sensazione è condivisa dagli italiani che comprano i singoli senza premiare allo stesso modo l'album. "Opera Prima", infatti arriva solo al 29° posto delle classifiche, strano per un disco con due vendutissimi singoli al numero uno.
Comunque i Pooh ci sanno fare, sebbene il taglio delle composizioni e l'uso senza misura dell'orchestra non valorizzino le loro capacità musicali. Insomma, nel complesso faranno molto di meglio negli album successivi, almeno per quel che riguarda il valore sul lungo periodo. Certamente poche composizioni nel loro repertorio supereranno le qualità di "Pensiero".
- Prog Fox
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