Veniva alla luce cinquant'anni fa oggi "Imagine", album solista di John Lennon e probabilmente la sua più famosa e riuscita opera da solista. Prodotto con Phil Spector e Yoko Ono, l'album conteneva almeno un altro classico celeberrimo quale "Jealous Guy", e canzoni amatissime dai suoi fan come "How do you sleep?", invettiva al vetriolo contro l'ex-compagno Paul McCartney, e "Oh Yoko", dedicata a sua moglie. Da notare come l'altro ex-compagno George Harrison contribuisca a "Imagine" suonando la chitarra in ben cinque brani del disco; tra gli altri collaboratori di superbo livello ci sono l'onnipresente Nicky Hopkins al piano, Klaus Voormann al basso, il futuro Yes Alan White alla batteria con Jim Keltner e Jim Gordon, e dalla band di Aretha Franklin c'è King Curtis al sax.
(edizione del 50° anniversario con demo e tracce extra: https://tinyurl.com/cnnzarhp)
L’album di John Lennon “Imagine” rappresenta uno dei più curiosi paradossi nella storia del Rock.
Se vi aspettate che io tessa le lodi infinite della title track, sappiate che lo farò, ma prima di tutto va ricordato (o addirittura rivelato ai molti che non lo sanno) che l’album rappresenta il più forte e violento attacco di Lennon a Paul McCartney, in parole e musica. Tuttavia non stupisce, nel ricco corpus lennoniano, la presenza di contrasti accesi in testi e canzoni che oscillano tra l’ira e la calma, tra la placida “timeless” campagna inglese e la violenza nell’esprimere il proprio personale socialismo. Chitarra classica e voce folk contro urla e chitarra elettrica blues. Ma in questo caso specifico, il contrasto è così smaccato da apparire volutamente insanabile. Partiamo dal principio e cerchiamo di navigare a vista attraverso questa frattura.
“Imagine” rappresenta indubbiamente il vertice artistico di John Lennon: sulla canzone sono stati versati fiumi di inchiostro, sono stati scritti saggi critici e analisi politiche, musicali, religiose, filosofiche. Rappresenta l’evoluzione di “Working Class Hero”, una canzone dalla inequivocabile connotazione novecentesca, con un messaggio sociale mirato e preciso; con “Imagine” Lennon invece trascende il momento presente e mira a delineare la sua filosofia universale.
Come un novello Mosè, incide sul vinile parole semplici ma evocative, in un freddo cielo svuotato, lasciandoci un manifesto senza tempo e trascendendo le semplici vicende a lui contemporanee. Il tono maieutico della canzone trasforma Lennon in un socratico beatle dai tondi occhiali colorati: testo e musica sono semplici ma straordinariamente potenti. La dolcezza del pianoforte fa da contrasto a parole dinamitarde: niente Dio, niente religione, niente nazioni, niente possesso. John parla a tutti noi, che mostriamo delle resistenze indotte al suo “uomo nuovo”, libero dalle schiavitù imposte dal contratto sociale. Il testo assume quasi forma di dialogo, diventa intimo ed interlocutorio, non vuole tagliare ponti, ma crearne di nuovi e convincere con la forza dell’idea e della parola. Parla sempre con “noi” (no hell below us, I hope someday you'll join us), dividendo però fatalmente i sognatori da quelli che ancora non si sono uniti alla rivoluzione. Ed infine la pace: quasi una pace eterna, marxista, da fine della Storia, con il mondo unito in un unico grande ideale risolutivo. “Incipit Lennon”…
Ed il resto dell’album? “Crippled Inside” e “How do you sleep?” rappresentano invece un altro tipo di dialogo, anzi un vero e proprio monologo contro l’ex amico e collega Paul.
McCartney aveva inciso nel maggio del ’71 l’album “Ram”, che conteneva velate frecciatine contro John: in particolare nel brano “Too Many People” scrive “too many people preaching practices” ("troppe persone predicano cosa fare"), e John l’aveva presa come un’accusa personale. In seguito Paul confermò questa tesi. Inoltre, giusto per aggiungere un bel carico, tra il giugno e il luglio del 1971, McCartney in un’intervista si prendeva ogni merito nella realizzazione dell’album “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band”.
John pensa bene di rispondere per le rime e l’attacco è tale da stordire un distratto ascoltatore allietato dal paradiso in terra profetizzato in “Imagine”. Lennon dismette i panni del buon pastore per indossare quelli dell’erinni in cerca di vendetta, affondando i denti direttamente nel suo recente passato nella band. Va considerato che in quel periodo si stavano trascinando le cause legali tra John e Paul, con stracci che volavano dentro e fuori da tristi aule di tribunale, mentre i poveri George e Ringo giravano tra i due tra collaborazioni artistiche ed inutili tentativi di mediazione. Harrison, tra l’altro, collaborerà attivamente con Lennon in “Imagine” suonando la chitarra in ben cinque canzoni dell’album.
“How do you sleep?” è una sfuriata contro Paul ed il testo è inequivocabile: personalmente adoro il passaggio in cui John dice "those freaks was right when they said you was dead", “quegli stramboidi avevano ragione quando dicevano che eri morto” (riferendosi alla leggenda metropolitana di Paul is dead). Un messaggio molto chiaro.
Cosa resta dunque di questo incredibile quanto controverso album?
Resta l’eterna “Imagine”, senza dubbio. E la dolcezza ineguagliabile di “Jealous Guy”, splendido esempio di quell’insondabile grazia che John raggiunge inaspettatamente, vero e genuino esempio di un love power inedito e a volte trascurato: la ricerca del perdono.
Poi ci sono le produzioni di bassa cucina: gli strali contro Paul, le accuse, i veleni e i sassolini nelle scarpe. Che a distanza di 50 anni sono come una capsula del tempo, ci ricordano con forza quei periodi di transizione, testimoniando la storia in modo vivido e diretto, ma purtroppo restituendoci anche l’acredine che non abbiamo di certo voglia di rivivere come fosse ancora quella lunga estate del 1971.
- Agente Smith
Traccia suggerita: “Imagine” versione di A Perfect Circle (dall’album Emotive, 2004)
PS: Nell’immensa proliferazione di cover di “Imagine” consiglio l’ascolto della stupenda versione degli “A Perfect Circle”, in cui l’utopia di Lennon, mantenendo le stesse parole ma incupendo la musica e voce, si trasforma in una distopia quasi horror. Sembra quasi che il testo, evocato dal cantante quasi fosse un’ombra, ci descriva la sua condizione presente: nel nulla della Morte tutti sono uguali, non c’è nulla che ci aspetti nell’oltretomba, solo un insieme di anime eterne condannate a vivere senza Dio, senza religione, senza possesso e senza nazioni. Pensateci un po’ su.
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