Il 21 settembre di quarant'anni fa usciva "la Voce del Padrone", il più grande successo di pubblico e critica del cantautore siciliano Franco Battiato, una delle personalità più rilevanti del secondo Novecento musicale italiano. Una collezione di brani che hanno fatto la storia, da "Cuccuruccuccu" a "Centro di gravità permanente", da "Summer on a solitary beach" a "Bandiera Bianca".
(disco completo qui: https://tinyurl.com/5fmxxkp8)
Franco Battiato arriva all'appuntamento con il nuovo album dopo due dischi clamorosi che hanno iniziato l'opera di rinnovamento della musica pop italiana, ovvero "l'Era del Cinghiale Bianco" (1979) e "Patriots" (1980). Con lo stesso nucleo di collaboratori che include il produttore Angelo Carrara, il chitarrista della Formula 3 Alberto Radius, il tastierista Filippo Destrieri e il violinista e arrangiatore Giusto Pio ha anche aiutato, come co-autore e co-arrangiatore, le amiche e cantautrici Alice e Giuni Russo, dalle quali egli stesso viene a sua volta ispirato.
In questo clima artistico fertile e stimolante, in questo momento magico di creatività, Franco Battiato realizza quella che sarà la sua opera più nota e amata dalla critica e dal pubblico in Italia: "la Voce del Padrone". Appena sette brani per poco più di mezz'ora di musica, per un album formalmente e compositivamente pressoché perfetto.
"Summer on a solitary beach" apre il disco con quella che potrebbe facilmente essere considerata la più bella canzone italiana degli anni '80 e non solo, una canzone talmente bella che meriterebbe un saggio da sola. Le onde del mare, l'ossessiva sezione ritmica new wave in 3/4 del bassista Paolo Donnarumma e del batterista Alfredo Golino, l'improvviso squarcio nelle nubi dell'inciso, con il pianoforte di Destrieri e l'orchestra diretta da Pio, il crescendo in falsetto della voce nei ritornelli, la ripresa della ritmica con il solito citazionismo poliglotta ('a wonderful summer on a solitary beach, against the sea, le Grand Hotel Seagull Magique'), il finale con il solo magistrale al sax di Claudio Pascoli, tutto nel brano raggiunge la perfezione più assoluta, le vette del sublime, in una commistione fra le atmosfere romantiche degli arrangiamenti e il senso neoclassico di pace steso dalla atarassia del maestro siciliano.
Nel disco si sussegue capolavoro a capolavoro: è il turno di "Bandiera Bianca", un tempo medio costruito sulla stessa idea di imperturbabilità del filosofo che mescola prog e new wave come se Battiato, Pio e Radius fossero Bowie, Eno e Fripp, naturalmente proiettandosi in direzione completamente originale, come appropriato a tali illuminati. Il modo in cui Radius colora il brano con grazia graffiante supporta la voce distaccata di Battiato che canta i disastri sociologici e intellettuali degli anni ottanta appena iniziati, aiutandosi con il coro dei Madrigalisti di Milano e il vibrafono di Donato Scolese.
"Gli Uccelli" è il pezzo più progressive del disco, e rimanda alle atmosfere più pinkfloydiane di "l'Era del Cinghiale Bianco", tra onde di chitarre acustiche e il solo finale di sintetizzatore di Destrieri fra i più memorabili mai realizzati allo strumento, un minuto straordinario, degno dei riff più indimenticabili quali quelli di "Impressioni di Settembre" della Premiata Forneria Marconi o "Lucky Man" degli Emerson Lake & Palmer, il tutto su un'altra prova magistrale di Radius, Donnarumma (si ascoltino i raddoppi del basso nella coda) e Golino.
"Cuccuruccuccù" e "Centro di gravità permanente" sono canzoni sorelle che mettono in mostra ancora una volta citazionismo, autobiografia ed affettato, autoironico esotismo immaginifico: la prima su una base ostinata di new wave in tempo allegro; la seconda, forse la canzone più famosa in assoluto di Battiato, almeno per chi non lo abbia scoperto con "la Cura" (1996). Anche qui introdotto da un anomalo riff di fiati, il cantautore catanese ci porta in viaggio in giro per il mondo alla ricerca di un 'centro di gravità permanente', un modo di dire che diverrà patrimonio comune della lingua italiana. Mentre le immagini di bonzi, missionari, vecchie, marinai, di Oriente e Occidente si alternano senza posa, intervengono magistrali le chitarre di Radius e il basso di Donnarumma, che perfeziona un ritornello fra i più perfetti del pop del Bel Paese con un sincopato lussureggiante, completato dalla ripresa dei Madrigalisti di Milano.
Completano il disco la poetica "Segnali di Vita", momento dolcissimo colorato ancora dai fiati di Pascoli, che sarà incredibilmente superato dalla versione irraggiungibile di Alice (1985), e infine "Sentimiento Nuevo", esempio paradigmatico della capacità superba di Battiato di tratteggiare con pennellate erotiche e romantiche un intero immaginario amoroso che attraversa i secoli e i millenni dell'umanità, confermandolo come cantore affettuoso e compassionevole tanto della sua bellezza che dei suoi vizi e delle sue debolezze. Anche qui ritroviamo i Madrigalisti di Milano e il vibrafono di Scolese, vera perla che impreziosisce l'arrangiamento della canzone.
Sebbene, alla luce dei lavori realizzati da Franco Battiato come solista e come collaboratore nel periodo 1979-1981, "la Voce del Padrone" non sia certamente il disco più innovativo della sua trilogia rivoluzionaria, è quello più influente, grazie al raggiungimento di un equilibrio quasi sovrannaturale fra fruibilità e complessità, semplicità e profondità, il tutto reso umano e accessibile dalla pietas, dall'autoironia modesta e dall'empatia del compositore. "la Voce del Padrone" è l'album grazie al quale tutta l'Italia si accorge finalmente della statura artistica del cantautore siciliano.
- Prog Fox
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