Il 12 agosto di trent'anni fa veniva pubblicato il disco eponimo dei Metallica, meglio noto come il "Black Album". Massimo successo commerciale del gruppo, massimo successo commerciale della storia del metallo pesante, uno dei dischi più venduti della storia del rock, il "Black Album" lanciò, per una breve fase, l'heavy metal come genere mainstream. Criticato dai fan più intransigenti e oltranzisti, fu nonostante tutto un ultimo picco di splendore per il gruppo, e segnò un decennio di musica metal nel mainstream ma anticipò anche un futuro calo delle quotazioni del gruppo e del genere, che per la prima volta veniva fatto entrare nel regno del compromesso.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/mspw28v4)
Il 12 agosto fu il giorno del lancio del disco più celebre nella storia del metal, e di uno dei più celebri nella storia del rock e della musica in generale: stiamo parlando dell’omonimo album dei Metallica, meglio conosciuto come il "Black Album", un successo commerciale di proporzioni bibliche che ha permesso al gruppo di diventare la macchina da dollari che conosciamo, e gigantesco pomo della discordia che spaccò letteralmente la propria fanbase e più in generale il popolo metallaro.
Con il "Black Album" la band originaria di Los Angeles, leader assoluta nel settore del thrash metal, accantonò le proprie sonorità ridefinendo quasi completamente il proprio stile. Niente più cavalcate thrashy al fulmicotone o lunghe e complesse trame ritmiche infarcite di riff e cambi tempo che avevano contraddistinto il precedente (e mai troppo apprezzato) "...And Justice for All", le nuove coordinate sonore dei Metallica si appoggiano su pezzi dalla struttura molto semplificata, frequente ausilio di mid-tempo in quattro quarti (Lars da adesso diventerà un po’ il Phil Rudd del metal), pochi ed essenziali riff dall’altissima carica di groove, linee vocali e strofe molto affabili e facilmente memorizzabili, ritornelli anthemici studiati nel dettaglio per avere un’impatto immediato.
Dopo il controverso lavoro in fase di produzione su "...And Justice for All", i Metallica danno il benservito al produttore Flemming Rasmussen e ingaggiano Bob Rock, dicendosi impressionati dai suoni che era riuscito a tirare fuori dai Motley Crue su "Dr. Feelgood". Fra le maggiori speculazioni che da sempre vengono fatte sul gruppo dopo la dipartita di Cliff Burton, si sostiene che Lars fosse diventato il manager occulto della band, affidando i lavori di scrittura dei brani a Hetfield sotto la propria supervisione (con Kirk Hammett relegato alla sola sezione solista) a cui ora si aggiunse Bob Rock come songwriter “d’appoggio”.
La produzione e mixaggio dell’album, preme dirlo, sono stupefacenti per l’epoca, a livelli fenomenali. Il suono diventa corposo e massiccio, perfettamente bilanciato su ogni singolo strumento. James Hetfield, dopo i progressi mostrati su "...And Justice for All", compie il definitivo salto di qualità a livello interpretativo, definendo quella che resterà la sua timbrica caratteristica, compreso quel suo peculiare allungamento delle vocali (effetto “hiiieeeaaaa!”) al termine delle parole. Anche il ruolo dell’ultimo arrivato Jason Newsted viene maggiormente valorizzato, dopo le infinite diatribe riguardo il volume impercettible del suo strumento settato sull’album precedente. Certamente, in assoluto fu una delle migliori produzioni in ambito “heavy” fino a quel momento. E il successo fu immediato e fragoroso.
Il compito di aprire le danze spetta a "Enter Sandman", presentata due settimane prima dell’uscita dell’album come singolo di lancio, metalfilastrocca dark dal groove irrefrenabile conosciuta in ogni angolo dell’universo conosciuto, ancora longeva e presentissima nelle radio di tutto il globo. Non è da meno la cadenzata "Sad But True" e il suo riff leggendario. Due pezzi diretti, senza fronzoli, che ti colpiscono al primo colpo.
Ma più di queste due evergreen, il "Black Album" è universalmente conosciuto per essere il lavoro dei Metallica in cui è presente "Nothing Else Matters", la metalballad più popolare della storia: a differenza delle altre celebri powerballad della band, quali "One", "Fade to Black", "Welcome Home (Sanitarium)", qui il coefficiente 'elettrico' è ridotto al minino (il livello di decibel si alza giusto nel finale dopo la seconda ripetizione del refrain, in concomitanza con il celebre solo di Hammett), e viene lasciato maggior spazio alla sezione acustica e orchestrale diretta dallo special guest Michael Kamen, compositore moderno autore di svariate soundtrack (Highlander, Robin Hood, le saghe di Arma Letale e Die Hard, fra le tante), che si è pure concesso escursioni nel campo rock collaborando con gruppi quali Pink Floyd e Queen, diventando un punto di riferimento fisso per ciò che concerne gli arrangiamenti orchestrali (l’inedita accoppiata ai Metallica con "Nothing Else Matters" fu immediatamente seguente a quella con i Queensryche nella composizione di "Silent Lucidity"=. Un netto taglio con il passato e un’evoluzione notevole nelle proprie sonorità.
Non è da meno la malinconica e struggente "Unforgiven" con i suoi echi morriconiani da tema western, altro grande classico del gruppo, e un altro dei propri apici compositivi. Purtroppo, alla suddetta canzone seguirono due sequel non propriamente riusciti (giusto per usare un gentile eufemismo) in futuro negli album successivi. L’aspetto orchestrale/sinfonico verrà ulteriormente sviluppato in futuro, testimoniato da performance dal vivo con il supporto di un intero corpo orchestrale, immortalato nel live "S&M".
Nel "Black Album" possiamo gustarci ulteriori pezzi succulenti, su tutte spiccano robusti mid-tempo quali "Wherever I May Roam", caratterizzata dal suo intro orientaleggiante suonato con l’ausilio di un sitar indiano e da un lavoro pregevole da parte di Hammett nella sezione solista, e "Of Wolf and Man", pezzo dall’incedere molto accattivante. Più anonima e scontata risulta invece "Don’t Tread On Me". Trovano spazio anche i pezzi più veloci quali la valida "Through the Never", composizione che comunque resta molte spanne sotto i fasti del passato, così come le varie "Holier Than Thou" e "The Struggle Within".
L’apporto di Jason Newsted si fa maggiormente sentire nei giri di basso di "My Friend of Misery" (forse la più sottovalutata del lotto) e in "The God That Failed", pezzi cadenzati che pagano un piccolo tributo a Tony Iommi e ai Black Sabbath.
Certo, non tutti i pezzi presenti sul "Black Album" sono completamente riusciti e convincenti, e lungo i suoi sessanta e passa minuti di durata vengono accusati un certo stallo e ripetitività di fondo: dal punto di vista qualitativo non siamo di fronte a quello che è stato l’apice compositivo del gruppo.
Il "Black Album" ha dalla sua, oltre le vendite stratosferiche (oltre trenta milioni di copie fisiche nel mondo) che ne hanno fatto uno dei full lenght più venduti di tutti i tempi piazzandolo al primo posto nella categoria metal, anche il fatto di aver reso accessibile il genere a una grossa fetta di pubblico, non propriamente predisposta ad ascoltare generi pesanti. Da qui l’eterna accusa di essersi venduti, commercializzati.
Beh, c’è da dire che inequivocabilmente il gruppo ha volutamente rendere la propria proposta più accessibile, ma ai tempi non esisteva una sorta di metal mainstream da cui attingere: sono gli stessi Metallica che hanno imposto il concetto di metal mainstream.
- Supergiovane
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