Nel luglio di cinquant'anni fa venivano completate le registrazioni di "Bark", album dei Jefferson Airplane che segnava una nuova fase della vita del complesso. Andati via Marty Balin e Spencer Dryden, imbarcato il nuovo batterista Joey Covington, il gruppo deve fare i conti con la fine del sogno degli anni Sessanta, incerto se seguire il chitarrista Jorma Kaukonen che vuole rilanciare il gruppo come incendiario complesso rock, o rifugiarsi con i cantanti Paul Kantner e Grace Slick nella nostalgia e nella retorica della guerriglia contro il sistema.
(disco con tracce extra qui: https://tinyurl.com/y3897f8f)
Il 1971 è il disco delle 'grandiose' collaborazioni della Baia, la cui regia risiede primariamente nelle mani dei Jefferson. Il cantante-chitarrista Paul Kantner e la cantante-pianista Grace Slick, coppia nella vita privata, sono impegnati tanto a portare avanti il lavoro su "Bark" quanto quello sul disco come duo "Sunfighter", mentre il chitarrista Jorma Kaukonen e il bassista Jack Casady pubblicano ben due dischi a nome del proprio progetto laterale Hot Tuna. Tutti e quattro, poi, collaborano alla registrazione del disco "If I could only remember by name" di David Crosby (ex-Byrds, ora Crosby/Stills/Nash & Young). Il cantante e autore Marty Balin se ne è andato, così come il batterista Spencer Dryden, sostituito dal dotato ma meno fantasioso Joey Covington.
La quantità eccessiva di lavori non aiuta la lucidità della band, e "Bark" risulta decisamente inferiore al capolavoro che era "Volunteers". Anche la situazione politica, con Nixon evidentemente in controllo della società americana e la reazione e il riflusso pronti a spazzare via le istanze degli hippie e dei radicali, contribuisce a un certo senso di stanchezza. Il ripiego dal politico al privato favorisce l'abuso di droghe, alcol e sesso. Le morti di Hendrix, Joplin e Morrison spaventano e alimentano un insano nichilismo.
Nonostante i limiti intrinseci e quelli contingenti al momento in cui viene registrato, "Bark" rimane uno dei prodotti più riusciti del rock californiano del 1971. Lontano dai fasti dei tempi d'oro, presenta poche idee nuove, ma un onesto, efficace riutilizzo di temi musicali per tematiche che sono passate dalla rivoluzione al riflusso: il sogno del '68 è tramontato, e le istanze di guerra sono più che altro guerriglia o anche ritiro in un paradiso artificiale di droga e sogni spezzati.
"When the earth moves again", il brano di apertura, dimostra chiaramente l'abuso di figure musicali basate sulla retorica epica del complesso, pur rimanendone una variante assolutamente riuscita. Quello che manca è il senso di una propulsione in avanti dell'Aeroplano, che sembra avere un po' perso di vista la rotta.
Anche le verbose "Crazy Miranda" e "Law Man" di Slick non sono male, ma restano comunque un gradino sotto alle sue invettive dei dischi precedenti, sia come energia che come arrangiamento. Grace riesce meglio in "Never Argue with a German...", che gode di una certa originalità data dalle influenze espressioniste e dall'uso del tedesco. Allo stesso modo risulta piacevolmente peculiare l'esperimento vocale di Covington in "Thunk".
I brani composti da Jorma Kaukonen si contrappongono a quelli di Kantner e Slick per il fatto che esternano chiaramente il suo bisogno di ritornare alle radici blues e rock della musica: in "Feel so good" si sfoga alla chitarra (e vale la pena sentire la versione da 9 minuti del pezzo nelle tracce extra), in "Wild Turkey" invita l'amico Papa John Creach a tormentare e straziare il suo violino elettrico, in "Third week in Chelsea" regala un commovente saggio di country folk. Per Kaukonen è certamente un momento di liberazione e gratificazione personale, anche se il tutto appare un po' autoreferenziale e fine a se stesso.
Rispetto alla corriva "Rock and Roll Island" di Kantner, fanno meglio "Pretty as you feel", una splendida collaborazione con due membri dei Santana, Carlos stesso alla chitarra e Michael Shrieve alla batteria, e Covington nel ruolo di cantante; e la conclusiva "War Movie", che riprende l'epos del brano iniziale, e di tanti brani classici dell'Aeroplano, anche se resta un che di già sentito e l'epica si fa quasi retorica, nostalgia o rimpianto di una rivoluzione mancata.
Disco dignitoso con alcuni momenti decisamente illuminati, soprattutto data la prominenza della chitarra di Kaukonen, "Bark" è purtroppo il disco che certifica il declino dei Jefferson Airplane, che va di pari passo con il consumo di cocaina dei suoi leader e con la dissoluzione delle istanze controculturali che avevano fornito loro la benzina per volare.
- Prog Fox
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