Abbiamo il piacere di rispolverare "For Unlawful Carnal Knowledge" (conosciuto anche sotto il simpatico acronimo "FUCK"), nono album da studio per i Van Halen uscito il 18 giugno di trent'anni fa, e primo a inaugurare la nuova decade della loro carriera. Si tratta forse del migliore disco dell'era che vede Sammy Hagar come cantante solista del quartetto di hard rocker californiani.
(album completo qui: https://tinyurl.com/yrtdm948)
“Whose side did you take in the big David Lee Roth/Van Halen split?”, domanda che veniva posta al poliziotto/negoziatore nell’iconico film "Airheads", nota commedia americana che celebrava e giocava con gli stereotipi dei rockettari dell’epoca. “Van Halen”, rispondeva ingenuamente il poliziotto, ricevendo in cambio gli sfottò da parte del gruppo di rockettari che nella pellicola aveva preso in ostaggio una stazione radio costringendola a mandare in onda il proprio singolo. In questo banale scambio di battute viene però palesata tutta la delusione dei fan per l’addio dell’istrionico David Lee Roth, mossa mai perdonata a Eddie Van Halen.
A questo punto che altro si poteva fare? Ognuno per la sua strada o provare a iniziare una nuova fase della propria carriera con un nuovo cantante? Ovviamente come sappiamo venne optato per quest’ultima soluzione, e probabilmente si ricorse alla migliore soluzione possibile ingaggiando Sammy Hagar dai Montrose (gruppo che negli anni 70 influenzò parecchio lo stesso Van Halen, e il cui sound fu fondamentale per la sua crescita artistica), cantante superlativo dotato di un timbro molto caldo e di una tecnica vocale sopraffina. Nonostante ciò non fu mai apprezzato dallo zoccolo duro dei fan, David Lee Roth per quanto nettamente meno dotato vocalmente era un frontman, intrattenitore e personaggio inimitabile.
Dopo la falsa partenza con l’altalenante "5150", primo album con Hagar, i Van Halen si rimisero poi sulla giusta strada (a onor del vero però, fin dagli esordi l’intera carriera del gruppo è stata contraddistinta da alti e bassi) con il buon "OU812" con cui salutarono gli anni 80. Ed eccoci a questo "F.U.C.K."
L’album presenta alcune succose differenze rispetto ai due lavori antecedenti con Hagar: innanzitutto, come producer viene ripescato il celebre Ted Templeman, colui che aveva già curato tutti gli album del gruppo californiano durante l’era Lee Roth (nonché "VOA", album solista di Hagar), il quale opta per un sound più vintage e genuino, dal gusto più settantiano, diluendo il massiccio utilizzo di quelle tastiere e synth pomposi, come andava molto di moda usare nella seconda metà degli eighties (e i Van Halen stessi, da "1984" in poi sono stati fra i principali artefici di queste sonorità). Non propriamente un ritorno al sound del passato, ma una sorta di revival in cui finiscono per collimare le loro tradizionali sonorità con l’hard rock verace dei Montrose, diciamo.
Il connubio fra il vecchio e il nuovo lo possiamo subito assaporare con l’opener "Poundcake" (in cui Eddie Van Halen rende omaggio a Paul Gilbert nell’intro con tanto di trapano iniziale), dal sapore squisitamente settantiano. E si prosegue con le buonissime prove offerte dalle successive "Judgement Day" e "Runaround", altri due highlight del disco.
Il meglio viene però tenuto per la fine: verso la chiusura troviamo quello si può considerare il miglior lentone del gruppo, stiamo parlando di "Right Now", energica power ballad molto catchy arricchita da un’ottima performance vocale di Hagar, accompagnato da un Eddie Van Halen impegnato anche dietro il pianoforte. Seguono i 90 secondi acustici della soffusa strumentale "316", numero che sta a indicare la data di nascita del figlio di Eddie, Wolfang (il quale negli anni venturi si è ritagliato una discreta carriera come bassista, prima come membro del gruppo del padre e poi con Mark Tremonti), e in chiusura troviamo quello che è uno dei pezzi più celebri che il quartetto californiano abbia mai composto, "Top of the World", hard rock purosangue d’alta scuola e d’alta classifica, capace di eguagliare l’appeal commerciale di una Jump.
Possiamo dire con tutta tranquillità che "For Unlawful Carnal Knowledge" rappresenta il miglior album dei Van Halen dell’epoca post David Lee Roth, e può competere per il podio come uno dei loro lavori più riusciti e appetibili anche a livello di grande pubblico.
- Supergiovane
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