Nel giugno di cinquant'anni fa venivano completate le incisioni di "St. Radiguns", primo album del gruppo folk rock britannico degli Spirogyra, caratterizzato da un folk in chiaroscuro, che gioca fra cupezza e luminosità appoggiandosi ora alla voce sarcastica e nasale di Martin Cockerham, ora a quella limpida e cristallina di Barbara Gaskin.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/4xn4cbj2)
Gli Spirogyra si formano nel 1967 a Bolton, nel Lancashire, come duo musicale degli studenti Martin Cockerham e Mark Francis. Quando nel 1969 Cockerham si trasferisce a Canterbury, nel Kent, per studiare all'università, il giovane cantante e chitarrista, classe 1950, viene avvolto dal fertile clima musicale dell'università.
Non che gli Spirogyra appartengano alla cosiddetta Scuola di Canterbury se non per mere coordinate geografiche: il gruppo, che a questo punto comprende, oltre a Cockerham, anche autore della maggior parte del materiale, la cantante Barbara Gaskin (classe 1950), il violinista Julian Cusack e il bassista Steve Borrill, si dirige dalle parti del folk rock britannico, con il violino aggressivo di Cusack in primo piano a tracciare legami con l'acid folk della Incredible String Band e le composizoni minimaliste di Cockerham ad avvicinarsi ora allo stile di Nick Drake, ora a quello del Syd Barrett solista.
Nel 1971 il gruppo, assistito dall'arrangiatore Robert Kirby, noto come uno dei principali collaboratori proprio di Nick Drake, entra in studio per incidere il proprio primo album, "St. Radiguns", costituito da nove brani scritti da Cockerham e uno dal violnista Cusack. Il disco è caratterizzato da un folk in chiaroscuro, che gioca fra cupezza e luminosità appoggiandosi ora alla voce sarcastica e nasale di Cockerham, ora a quella limpida e cristallina di Gaskin.
Ascoltando l'album, è chiaro come Cockerham sia autore ispirato e quanto il gruppo e Kirby siano in grado di assecondare la sua scrittura e provvedere una visione musicale capace di far respirare i brani in modo notevole data la programmatica povertà di elementi. Tutto viene realizzato infatti quasi solo con chitarra acustica, basso elettrico, violino e due voci, quasi senza sovrapposizioni, anche se in alcuni brani troviamo arrangiamenti per tromba, flauto e archi di Kirby, il batterista dei Fairport Convention Dave Mattacks, e in uno addirittura l'innovativo sintetizzatore vcs3 di Tony Cox.
Il disco inizia gettandoci subito a capofitto nelle drammatiche, originali sonorità degli Spirogyra con la superba "The future won't be long", storia d'amore e morte durante la seconda guerra mondiale, in cui magistrale appare il violino scatenato di Cusack, che si lancia in ostinati drammatici, nella simulazione del suono delle sirene d'allarme della contraerea, in assoli laocoontici. Sono proprio il violino di Julian Cusack e la voce sublime di Barbara Gaskin i valori aggiunti del gruppo.
"Island", con la voce solista di Cockerham e il violino indiavolato di Cusack, ci porta in territori degni della Incredible String Band, mentre "Magical Mary", uno dei punti più elevati del lato A, è un altro pezzo in più parti che alterna sezioni cantate che esaltano il contrasto fra le due voci e sezioni strumentali in cui duellano violentemente basso elettrico e violino.
Concludono il lato A le brevi "Captain's Log" e "At Home In The World" (poco interessante la prima, valida e malinconica la seconda), e la lunga "Cogwheels Crutches And Cyanide".
Sul lato B troviamo un po' di fiato dopo tanta ostilità tematica, con le composizioni più melodiche del disco: "Time will tell" (con un assolo di piano honky tonk a opera del suo autore Cusack) , la non-lineare "We were a happy crew" e i due brevi minuti della dolce "Love is a funny thing", forse il momento meno interessante.
A chiudere questo album davvero fuori dal comune stanno i quasi nove minuti della drammatica "The Duke of Beaufoot". Impossibile capire qualcosa del convoluto testo di Cockerham, che parla forse della nascita di un figlio bastardo del duca o forse del rapporto fra il duca e una sua domestica, o forse di nessuna delle due cose - il disprezzo nella voce di Cockerham per l'indegno nobile lascia spazio a un finale di speranza e redenzione, guidato dalle parole di perdono cantate dalla splendida Gaskin.
Disco fondamentale dell'acid folk e del folk rock britannico, "St. Radiguns" è un'opera straordinariamente dinamica per il genere. Di certo qui non si trovano l'austera ricerca musicale dei Pentangle o le dozzine di brani tradizionali riarrangiati dai Fairport Convention, ma l'uso di una strumentazione e di temi lirici della tradizione inglese per creare musica potente e moderna che è imparentata tanto col folk psichedelico che con il progressive più audace.
- Prog Fox
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