venerdì 11 giugno 2021

Procol Harum: "Broken Barricades" (1971)

Usciva oggi cinquant'anni fa "Broken Barricades", quinto album dei britannici Procol Harum, fra i gruppi capostipiti del rock progressivo. "Broken Barricades" rappresenta la fine di un'era: è infatti l'ultimo album in cui collaborano il cantante-pianista Gary Brooker e il chitarrista Robin Trower, che lascia la formazione per una carriera solista da musicista di culto nell'area classic/hard rock. Brooker proseguirà invece il suo percorso di esplorazione del rock prog/sinfonico con la band.



(disco completo qui --> https://tinyurl.com/wuz4yups)

"Broken Barricades" è il disco che funge da cesura fra la prima e la seconda parte della carriera dei Procol Harum. Fondati nel 1967 e raggiunto subito un successo immenso con il primo singolo della loro carriera, la famosissima "A Whiter Shade of Pale", i Procol Harum incidono quattro album che li identificano immediatamente come pionieri del progressive rock, a fianco di Nice e Moody Blues. Se i Nice scompaiono per la volontà di Keith Emerson di unirsi musicalmente a Greg Lake (King Crimson) e Carl Palmer (Atomic Rooster), e i Moody Blues rimangono legati alla psichedelia, i Procol Harum continuano l'evoluzione del loro suono rappresentando a lungo la più longeva formazione di prog sinfonico al mondo.

Quando arriva "Broken Barricades", la formazione storica non c'è più: il bassista David Knights e, soprattutto, l'organista Matthew Fisher e i suoi arrangiamenti bachiani hanno lasciato dopo la fine del terzo disco, sostituiti dal bassista-organista Chris Copping, che si unisce ai superstiti Gary Brooker (voce principale, pianoforte) e Robin Trower (chitarre, voce), i principali autori del gruppo, sempre per i testi del poeta Keith Reid, e al talentuosissimo, originalissimo batterista Barrie J Wilson. Questa formazione incide il magistrale "Home", quarto disco di livello su quattro, che risente, come quasi qualunque disco del 1970, dell'esordio dei King Crimson. Tutto sembra andare per il meglio, ma le cose non stanno così: l'equilibrio fra Brooker e Trower, che sublima il livello dell'album, si rompe durante le registrazioni dell'album successivo. A partire da "Broken Barricades", nessuno dei dischi del gruppo riuscirà a ritrovare la magia dei primi quattro album (anche se "Exotic Birds and Fruit", 1974, ci andrà vicino).

L'inizio di "Broken Barricades" trova i Procol Harum lì dove li avevamo lasciati, ovvero caratterizzati dal perfetto dualismo fra Brooker e Trower in un hard progressive sinfonico che ha pochi rivali al mondo, quello di "Simple Sister", uno dei pezzi migliori dell'intera carriera del gruppo. Non uno ma ben due riff devastanti di Trower, raddoppiati dal basso di Copping, la voce blue eyed soul di Brooker tormentata fino nei recessi più oscuri dell'anima, e un interludio strumentale con un ostinato di pianoforte da capogiro sul quale Wilson produce una prova ritmica spaventosa.

Segue la riflessiva, malinconica traccia che da il titolo al disco, con un suono di tastiera di Copping inappropriatamente metallico per un brano più che discreto nel segno di tante composizioni dei Procol Harum, con Wilson come sempre sugli scudi. La lieve delusione si tramuta presto in un leggero mal di testa, visto che il lato A prosegue con il boogie rock un po' stolido di "Memorial Drive" e poi con una "Luskus Delph" gradevole ma modellata fin troppo su canzoni precedenti della formazione (un po' "In the autumn of my madness", 1968, e un po' "All this and more", 1969).

Il lato B inizia con "Power Failure", in cui la padronanza tecnica dei mezzi da parte dei musicisti e la gradevolezza dei riff nasconde il fatto che siano di fatto di seconda mano, riciclati da quelli migliori dell'album precedente. Robin Trower canta la delicata "Song for a Dreamer", dedicata all'amico e fonte di ispirazione Jimi Hendrix, morto l'anno precedente, che inizia come una bizzarra fantasia psichedelica e si trasforma in un sognante, bellissimo acquarello notturno. Il disco si conclude poi con il discreto blues rock "Playmate of the Month" e un altro stolido cock rocker di Trower, "Poor Mohamed", salvato verso la fine da un semplice quanto energico assolo.

Come si evince da questa descrizione, non mancano i brani buoni, sebbene solo "Simple Sister" si aggiunga all'elenco di capolavori dei Procol Harum, mentre spesso Brooker e Trower sembrano fuori fuoco e incapaci di incrociare i flussi nella maniera corretta per non causare un disallineamento della forza. La separazione fra i due viene prefigurata dalle canzoni più incerte del disco, che comunque, dopo un pizzico di delusione al primo ascolto, piacerà quantomeno ai fan della band.

- Prog Fox

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