26 Giugno 2001, viene pubblicato Second Skin, secondo e ultimo album dei Mayfield Four, band guidata da Myles Kennedy.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/z55xrjru)
Il magnifico esordio Fallout risalente a tre anni prima aveva destato ottime impressioni fra la critica, complice il connubio fra grunge, rock cantautoriale alla Chris Cornell e Jeff Buckley, e le varie influenze blues e soul di cui era pervaso. Le vendite però non furono soddisfacenti, e la notorietà del gruppo inevitabilmente ne risentì. L’etichetta discografica, la Epic/Sony, chiese non solo qualche correzione, ma anche un marcato cambiamento nella struttura compositiva. E venne accontentata.
Second Skin si muove su coordinate di un più canonico hard rock/post grunge. Ne viene comunque fuori un album di buonissimo album di ispirato e gustoso rock, valido sotto tutti i punti di vista e privo di cedimenti e inutili riempitivi. Parzialmente rinnovata la formazione, oltre al proprio leader, cantante, chitarrista e autore di tutti i pezzi, viene ingaggiato l’italiano (statunitense d’adozione) Alessandro Cortini come seconda chitarra, all’epoca al suo primo impiego di spicco (si costruirà poi una solida carriera come polistrumentista nei Nine Inch Nails, prima di mettersi in proprio) mentre troviamo confermati il batterista Zia Uddin e il bassista Marty Meisner.
I primi due pezzi del piatto, Sick and Wrong e Loose Cannon indicano subito un evidente cambiamento nell’alchimia musicale del gruppo, due pezzi dal gran tiro e molto trascinanti che attingono a piene mani dalla ruvida irruenza di gruppi come Stone Temple Pilots, Alice in Chains e, perché no, anche dagli Skid Row in formato anni 90.
Su coordinate tipicamente rock troviamo l’ottima, solare e molto catchy Backslide, la folkloristica Lyla e le validissime Flatley’s Crutch e High. Con Mars Hotel il gruppo sfodera la carta della ballatona d’alta classifica, ovviamente impreziosita dalla voce abbinata alle notevoli doti interpretative di Myles Kennedy.
I pezzi più soft e armoniosi sono quelli che maggiormente valorizzano il cantante nativo di Spokane, il quale sfodera prestazioni favolose su Eden, dallo splendido refrain, White Flag, dallo strepitoso bridge, Carry On e soprattutto la conclusiva Summergirl, pezzo in cui viene rivisitato Jeff Buckley in chiave più radiofonica, e in cui sul finale Kennedy si lancia in una serie di acuti da paura.
Completa la tracklist un altro buon pezzo quale Believe, in cui viene anche proposto un bell’assolo di Kennedy, curiosamente l’unico presente sull’album.
Nonostante l’indiscutibile qualità del prodotto, i Mayfield Four continuarono a non sfondare e l’etichetta prese la decisione di scaricarli, decretandone di fatto lo split, che avvenne l’anno seguente. Oltre ovviamente al bombardamento mediatico e frequenti passaggi in radio, non sapremmo trovare altri argomenti per spiegare come mai nello stesso anno un Silver Side Up dei Nickelback sfondò letteralmente nelle classifiche mondiali e Second Skin passò quasi in sordina, o come mai How You Remind Me fu uno dei singoli di maggior successo e Mars Hotel o Eden le radio e tv non se le filarono proprio. La dura legge del mainstream, si direbbe.
In ogni caso, per merito di questi due album la band ebbe l’opportunità di aprire, fra gli altri, ai Creed, grazie a cui Kennedy ebbe l’occasione di conoscere Mark Tremonti. Il quale si ricordò di lui pochi anni dopo, quando si mise alla ricerca di un cantante per il suo nuovo gruppo. Come andò a finire, già lo sappiamo.
- Supergiovane
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