lunedì 14 giugno 2021

Emerson Lake & Palmer: "Tarkus" (1971)

Il 14 giugno di cinquant'anni fa usciva un vero e proprio kolossal del progressive rock: "Tarkus", secondo album in studio di Emerson, Lake & Palmer. Dominato dall'omonima suite che riempie tutto il primo lato del disco, si tratta di una opera fondamentale nella costruzione del genere, per alcuni il punto più alto della formazione britannica.



(disco completo qui: https://tinyurl.com/szcjkx6)

"Tarkus" è il secondo album di Emerson Lake & Palmer, e per molti ammiratori (ma anche ascoltatori casuali) del terzetto è il migliore album dei maestri del progressive rock britannico.

Difficile stabilire se sia così: i primi quattro album in studio del gruppo, e il disco dal vivo in cui rielaborano in chiave rock i "Quadri di una Esposizione" di Modest Mussorgksy, sono tutti candidati potenziali al ruolo di capolavoro del gruppo.

Quello che però è certo è che la suite che occupa l'intero lato A e che da il titolo al disco è una delle migliori facciate del rock progressivo tutto, e va a fare compagnia ad altri classici del 1971 come "Nine feet underground" dei Caravan (da "In the land of grey and pink") e a "A Plague of Lighthouse Keepers" dei Van der Graaf Generator dei Van der Graaf Generator, seguendo gli esempi di Procol Harum ("In held twas in I"), Colosseum ("Valentyne Suite"), Pink Floyd ("Atom Heart Mother") e King Crimson ("Lizard"), ma anticipando Genesis e Yes di un anno (mentre i Jethro Tull esagereranno addirittura con la suite lungo due facciate "Thick as a Brick").

Introdotta da un'incalzante ritmica basso-batteria su cui improvvisa l'organo di Keith Emerson, la suite si libra grazie alla voce serafica di Greg Lake nel movimento più intenso di tutto l'album. La suite si dipana fra tempi dispari e virtutosismi di Emerson e Palmer, con il basso limpidissimo di Lake strategicamente collocato a impedire al pezzo di strabordare e collassare sotto il peso dei suoi eccessi. A questo scopo Lake si esibisce anche in gustosi, misurati interventi di chitarra elettrica. Nonostante l'impressionante qualità della tecnica collettiva gli arrangiamenti non sono mai troppo densi, forse una scelta dettata dalla volontà di riprodurre al meglio l'opera dal vivo. Naturalmente ogni volta che la voce incredibile di Lake emerge dallo scontro tra la manticora mitologica e l'armadillo tecnocratico di cui la suite dovrebbe essere una descrizione, il livello della composizione si alza di almeno due tacche. L'ultimo solo di sintetizzatore di Emerson conduce al sublime un brano pressoché perfetto, prima di lasciare spazio a una breve ripresa del tema iniziale che lo conclude.

Il lato B del disco è evidentemente meno a fuoco, a meno che voi non siate dei fan del bizzarro senso dell'umorismo del trio. Contrariamente a quanto pensano in molti, infatti, che ritengono Emerson Lake & Palmer l'epitome del prog serioso, pomposo e austero, gli ELP mostrano di possedere un humour che va dallo slapstick scatologico-erotico di Emerson che pugnala il suo sintetizzatore o ci fa sesso, alle barzellette country o boogie con cui punteggiano tutti i dischi - a eccezione de loro esordio. In "Tarkus" troviamo ben due brevi esempi di questa comicità, "Jeremy Bender" e "Are you ready Eddie?"

Oltre a questi due interludi troviamo "Infinite Space" e "A Time and a place", poco interessanti non tanto in sé e per sé quanto perché riciclano idee già sentite nell'arco di tutto l'album, ma per fortuna a elevare ancora il livello del disco e a non rendere l'ascolto della seconda facciata del tutto superfluo troviamo due altri pezzi eccellenti, "Bitches Crystal" e "The Only Way", magnifica invettiva antireligiosa che vede un altro magistrale volo vocale del cantante del gruppo.

Come si evince dalla recensione, il vostro umile servo adora il lato A ma a causa del lato B non è così entusiasta del disco nel suo complesso, e conserverà riserve simili anche per il quarto album in studio del gruppo "Brain Salad Surgery", altro candidato a capolavoro assoluto del complesso: a entrambi preferisco infatti l'album d'esordio e il terzo "Trilogy". Si tratta comunque più di preferenze personali che di limiti intrinseci degli album: il periodo 1970-1973 di Keith Emerson, Greg Lake e Carl Palmer rappresenta una delle avventure più fertili del progressive rock, e ognuno dei loro dischi basterebbe a consacrarli come uno dei maggiori esponenti di questo genere musicale.

- Prog Fox

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