Usciva dieci anni fa oggi "Rites at Dawn", terzo album dei vintage progger norvegesi Wobbler che li consacrava fra i migliori interpreti del revival del rock progressivo anni settanta.
(il disco completo qui: https://tinyurl.com/9vyetny8)
Esponenti della nuova ondata vintage prog europea, fatta di gruppi che vogliono incidere dischi manieristici ispirati ai classici del progressive anni settanta, talvolta addirittura suonati solo con la tecnologia e la strumentazione disponibile all'epoca, i norvegesi Wobbler ne sono certamente fra gli artisti di punta.
Dotati di un cantante, Andreas Wettergreen Strømman Prestmo, dalle tonalità vocali molto simili a quelle di Chris Squire, per quasi quarant'anni bassista e seconda voce degli Yes, ne sfruttano bene le qualità per costruirgli attorno una musica ispirata in primis da maestri britannici quali Gentle Giant e Yes, appunto, ma anche con tracce dei Genesis. Completano la formazione il chitarrista Morten Eriksen, discepolo diligente e fantasioso di Steve Howe; il bassista Kristian Hultgren, il tastierista Lars Fredrik Frøislie e il batterista Martin Kneppen.
Tralasciando un breve prologo e un altrettanto breve epilogo, il disco si fonda su cinque brani di durata medio-lunga, dai cinque minuti di "A Faerie's Play" agli oltre dodici di "In Orbit", uno dei pezzi migliori dell'album grazie agli splendidi arrangiamenti che mescolano chitarra alla Yes, cori tra Yes e Gentle Giant e le tastiere di Frøislie, capace di rievocare tanto Rick Wakeman quanto Tony Banks alla bisogna, dominando lo straordinario, solenne finale. Lo precede l'eccellente "Lá Bealtaine", che veleggia sul mare stilistico che caratterizza gli Yes dell'era "Relayer"/"Going for the One", rievocati oltre che nei complessi cori e nello sviluppo spigoloso del brano anche dalla chitarra solista di Eriksen.
"This Past Presence", posta in posizione centrale del disco, potrebbe essere il brano più riuscito ed è sicuramente quello con le melodie più accattivanti, forse anche perché caratterizzato da un pizzico di aggressività in più rispetto ad altri momenti più torpidi o cadenzati dell'album. La conclusiva, ancora una volta riuscitissima "The River" traccia un percorso lievemente diverso dalle altre, con mellotron, sax e flauto che ricordano maggiormente i primissimi King Crimson o lo spaghetti prog della PFM, grazie anche al sapiente uso delle chitarre acustiche e del mandolino.
Giunti al loro terzo album, i Wobbler hanno perfezionato la loro musica e "Rites at Dawn" è un disco formalmente impeccabile che non mancherà di impressionare gli amanti del progressive anni settanta. Non è certamente l'album su cui cercare le nuove tendenze musicali del millennio o innovazioni melodiche o compositive - ma non è nemmeno l'obiettivo del gruppo. L'obiettivo del gruppo è realizzarsi come manieristi del progressive classico, e i Wobbler lo sanno fare con classe e personalità.
- Prog Fox
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