Esce il 22 maggio di trent'anni fa "Blessed Are the Sick", secondo album in studio degli americani Morbid Angel, fra i pionieri, insieme a un ristretta cerchia di pochi altri eletti, del death metal americano sviluppatosi a Tampa in Florida. Per molti, si tratta del massimo lavoro del gruppo, un vero e proprio capolavoro fondante del genere.
(il disco completo: https://tinyurl.com/5tkrcyaf)
22 Maggio del 1991, esce "Blessed Are The Sick", seconda pubblicazione da studio dei Morbid Angel. L’album di debutto "Altar of Madness" fu una vera e propria bomba, groove pazzesco abbinato a una ferocia esecutiva fuori dal comune, certo, lo stile era ancora acerbo, così come era marcata l’impronta thrash oriented.
A distanza di due anni dall’esordio, con Blessed Are The Sick ritroviamo la lineup invariata (alla voce e al basso Dave Vincent, alla batteria Pete Sandoval, e alle chitarre Richard Burnelle e il leader della band Trey Azagthoth), e nell’insieme un gruppo estremamente maturato, non solamente dal punto di vista tecnico ed esecutivo, il songwriting appare nettamente più articolato e strutturato nel continuo dualismo fra sferzate al fulmicotone sorrette da blast beat a palla e break cadenzati di propensione doom, caratterizzati anche talvolta da sincopi su tempi dispari, in cui il lignaggio thrashy è quasi completamente evaporato.
L’opener "Fall From Grace" ne è la perfetta esemplificazione e mette in risalto fin da subito la mutazione/evoluzione dei Morbid Angel. Discorso analago lo si facciamo per un altro grande classico di questo album e della band, l’essenziale "Day of Suffering", dalla durata che non raggiunge nemmeno i due minuti. "Brainstorm" e "Thy Kingdom Come" sono invece autentiche mazzate sulle gengive, giusto per non scordarsi che il gruppo è specializzato anche nel piano d’attacco 'aggressione frontale annichilente'.
Ma torniamo sul discorso evoluzione, e andiamo a osservare le novità presenti su "Blessed Are The Sick": l’aspetto lirico, a cura di Dave Vincent, è più ricercato, il suo immaginario ispirato da Aleister Crowley e dalla letteratura di H.P. Lovecraft, è incentrato su temi perennemente in bilico fra l’esoterismo, occultismo e l’antica mitologia babilonese e sumera.
All’interno dell’album troviamo anche vari intermezzi strumentali, funzionali al climax sinistro e mistico dell’album. Fortemente influenzato anche dalla musica classica di Mozart e Wagner, vediamo Azagthoth impegnato al piano e tastiere nel ricreare queste atmosfere lugubri, vedi il caso di "Doomsday Celebration" e della conclusiva "In Remembrance". Burnelle firma invece l’acustica malinconia di "Desolate Ways." La title track consiste in un mid-tempo dall’incedere quasi sludge impregnato di atmosfere malsane, formula che riprenderanno spesso nei dischi futuri (basti pensare anche a una "Where the Slime Lives"). Il pezzo, dopo il finale in fade out, termina con un outro strumentale, chiamato "Leading the Rats" ed eseguito da Azagthoth con il synth che va a emulare il suono di un flauto. Si tratta di un richiamo alla fiaba del pifferaio di Hamelin, nella sua versione più dark.
Nell’album troviamo anche tre pezzi che il gruppo aveva composto ai propri albori, trattasi di "Unholy Blasphemies", "Abominations" e "The Ancient Ones" (tutti e tre presenti nella raccolta di vecchi demo del 1986 intitolata "Abominations of Desolations"), i quali ovviamente si muovono sulle coordinate stilistiche primordiali del quartetto floridiano.
Per la copertina dell’album i Morbid Angel scelgono un dipinto del diciannovesimo secolo, ossia "Les Trésors de Satan" del pittore e poeta belga Jean Delville. Il disco venne registrato nei Morrisound studios di Tampa, un santuario del death metal, con Tom Morris (uno dei due fratelli proprietari dello studio) incaricato della produzione.
"Blessed Are The Sick" rappresenta probabilmente l’apice creativo dei Morbid Angel, anche se non è l’album più amato dai fan: complice anche la defezione di Burnelle (licenziato per divergenze creative e personali), il gruppo con il seguente album, il terremotante "Covenant", correggerà le proprie coordinate stilistiche, abbandonando il lato sinfonico e proponendo un death metal più tecnico e veloce, ma comunque d’atmosfera. In futuro non mancheranno però escursioni in sperimentazioni sonore di vario tipo, ma senza mai raggiungere gli ottimi risultati ottenuti con "Blessed Are The Sick".
- Supergiovane
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