mercoledì 26 maggio 2021

Francesco Guccini: "Metropolis" (1981)

Il 26 maggio di quarant'anni fa vede la luce "Metropolis", ottavo album in studio di Francesco Guccini. Si tratta di uno dei più interessanti e profondi dischi del cantautore modenese.



(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/245nmz58

Nel 1981 Francesco Guccini è reduce da alcune interessanti collaborazioni per le quali ha temporaneamente accantonato la carriera solista. Dopo l'incisione di "Amerigo" nel 1978, Francesco lavora con l'Assemblea Musicale Teatrale, gruppo di teatro e musica, collaborando alla scrittura di diverse canzoni per i loro spettacoli con il cantautore e membro del collettivo Gian Piero Alloisio; è dello stesso anno anche un breve tour con i Nomadi, che risulta in un film concerto e in un album dal vivo, collaborazione purtroppo interrotta pare a causa di problemi legati alle reciproche case discografiche e ai diritti delle canzoni.

A ogni modo, le esperienze fanno sicuramente bene a Guccini che, come gli rimproverava il Bertoncelli immortalato in "l'Avvelenata", ha la tendenza un po' a sedersi quando indovina un certo stile funzionale alle sue composizioni. "Metropolis", infatti, non contiene neanche un pezzo dalle classiche sonorità gucciniane, spaziando lungo coordinate musicali piuttosto elaborate e financo inusuali, con risultati veramente eccellenti.

Il tema portante dell'album sono le metropoli, naturalmente, protagoniste di cinque delle sette canzoni del disco: Bisanzio, Venezia, Bologna, Milano. Le prime tre città, in particolare, sono descritte da versi e musiche fra le migliori di una intera carriera. Nelle musiche medievaleggianti, "Bisanzio" e "Bologna" sono capaci di espandere il mondo sognante e fuori dal tempo del Guccini di "Asia" (1970), mentre "Venezia" e "(Poveri bimbi di) Milano" ci riportano al reale contemporaneo e a considerazioni amare su consumismo e società.

"Bisanzio", capolavoro che apre il disco, vive nelle parole di Filemazio, 'protomedico, matematico, astronomo, forse saggio' alla corte dell'Impero Romano d'Oriente che medita sul destino della città 'sospesa fra due giorni e fra due ere' fra un 'imperatore sposo di puttana' e fantasmi di invasori passati ('barbari che forse sanno già la verità') e futuri, lungo il liquido scorrimento del basso fretless di Tiziano Barbieri (che con Giovanni Pezzoli degli Stadio costituisce una sezione ritmica inusuale rispetto alla collaudata coppia Tavolazzi-Bandini di tanti dischi del nostro). "Bologna", dichiarazione d'amore alla città colpita al cuore dalla strage del 1980, si abbevera musicalmente alle coloriture del violino (Giancarlo Ferri), della fisarmonica (il tastierista storico Vince Tempera) e dei flauti (Giampiero Lucchini). Musica e liriche sono così capaci di farci vedere sia la città del '77 quanto quella medievale di Re Enzo.

"Venezia", secondo capolavoro del disco e forse una delle più struggenti canzoni di Guccini, è una variazione di una composizione scritta assieme ad Alloisio per l'Assemblea Musicale Teatrale, che confronta la tragica morte di parto della giovane Stefania con la decadenza irreversibile della città lagunare. Poche canzoni sanno descrivere con tanta poesia e rispetto il lutto terribile di una famiglia, la speranza data dal 'vagito di un bimbo che è nato', perché 'Stefania affondando ha lasciato qualcosa', il tutto inserito nel contesto di una Venezia 'imbroglio che riempie la testa soltanto di fatalità'. "(Poveri bimbi di) Milano", frutto anch'essa della collaborazione con Alloisio, conclude l'album con una nota intrigante, facendoci sentire un Guccini quasi vicino all'hard rock e al blues rock (non a caso partecipa all'armonica Andy J. Forest, bluesman americano notoriamente stabilitiosi a Bologna).

Al di fuori dei pezzi a tema metropolitano troviamo altre tre canzoni, due brani brillanti, "Antenòr" e "Blackout", e la cupa "Lager", originariamente scritta per l'Assemblea Musicale Teatrale, che rivela una riflessione profondamente umanista nei confronti di tutti i genocidi, le persecuzioni, le discriminazioni e i lager della storia umana, ben capace di trascendere la tragedia del popolo ebraico per elevarsi a monito nei confronti di ogni potere e di ogni potenza.

Dei pezzi brillanti, la paradossale storia da osteria di "Antenòr" è dominata da influenze latine e jazz grazie ai chitarristi Juan Carlos 'Flaco' Biondini e Jimmy Villotti e alla tromba di Enzo Felicitati, mentre "Blackout" è un rock chitarristico leggero, illuminato dal banjo dell'amica Deborah Kooperman, che rappresenta l'unico momento genuinamente ottimistico del disco, l'unico momento di respiro in una atmosfera carica di tensione, figlia del momento più drammatico degli anni di piombo (1978-1980). Cogliamo l'occasione per aggiungere ai già citati musicisti dell'album i contributi delle chitarre di Paolo Gianolio e delle tastiere di Fio Zanotti e Luciano Stella.

Già impressionante lavoro di suo, "Metropolis" desta ancora maggiore ammirazione se contestualizzato nella carriera del cantautore modenese. Siamo sicuramente in presenza di uno dei suoi album migliori sia per l'originalità e l'ampiezza degli arrangiamenti, sia per il valore intrinseco delle composizioni. Probabilmente non è il più noto dei dischi di Guccini, ma è assolutamente imperdibile.

- Prog Fox

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...