venerdì 14 maggio 2021

Depeche Mode: "Exciter" (2001)

Usciva vent'anni fa oggi "Exciter", album degli inglesi Depeche Mode che ne confermava ancora una volta la vitalità e il mestiere. Superate definitivamente le dipendenze e la depressione del cantante Dave Gahan, il terzetto dava alla luce la seconda prova dopo la defezione del maestro del suono Alan Wilder mietendo consensi unanimi di pubblico e critica. Non un lavoro rivoluzionario, ma che confermava la serietà e la coerenza della loro proposta artistica.



(il disco completo qui: https://tinyurl.com/2zy9a35m)

Dopo due decenni densi di successi sempre più grandi, sia artistici che di vendite, e il plateau di “Ultra” del 1997, disco bellissimo ma che poco aggiungeva al suono di “Violator” e “Songs of Faith and Devotion”, i Mode in versione trio sono una band tutto sommato pacificata. La crisi esistenziale che ha condotto il cantante Dave Gahan a un passo dalla morte, tra eroina e tentativi di suicidio, sembra superata; i dissidi e i dissapori interni appianati. Il comfort che Gahan, Martin Gore (songwriter, tastierista-chitarrista e seconda voce) e Andrew Fletcher (tastierista e, storicamente, uomo pragmatico e collante della band) sono riusciti a ritagliarsi, mitiga le passioni cupe di cui il suono della band era intriso. I Mode non avranno mai più un impatto rivoluzionario sulla “scena” pop-rock-electro, e del resto pochissimi hanno mantenuto una tale ambizione, superati i quarant’anni. La stoffa, in termini di songwriting e di performance, è però ancora intatta, e anzi vivrà momenti di fulgore anche migliori di questo pur buono “Exciter”.

I singoli, come da tradizione Mode, sono solidi come la roccia: l’opening “Dream On” è un mid tempo stratificato e accattivante, con la voce di Gahan non tonante ma posata, intima, accompagnata dalle armonizzazioni di Gore durante il ritornello e sorretta da una semplice melodia di chitarra acustica; “Freelove” è una lunga ballad languida e sensuale sul tema dell’amore libero (duh!), con la chitarra, stavolta elettrica e a tratti distorta, a donare all’amalgama quel tocco di eccitazione che è invece nel cuore e nei muscoli di “I Feel Loved”, probabilmente il pezzo più orecchiabile e riuscito del lotto; la conclusiva “Goodnight Lovers” è una ballad eterea, tutta costruita in preparazione per l’armonizzazione vocale finale tra i due vocalist.

Ad essi si vanno ad aggiungere altri pezzi di grande qualità, soprattutto nella prima metà del disco: “Shine” è un’ottima power-ballad, i cui saliscendi ritmici sono accompagnati dall’interpretazione di Gahan, e la dolcissima “When the Body Speaks” è una contendente al titolo di miglior canzone scritta dai Mode negli anni ’00; ci sono i richiami black music di “The Sweetest Conditiond”, con un tocco del Bowie di “Stay”, e quelli industrial-rock di “The Dead of Night”, tutti e tre brani di ottima fattura così come “Comatose”, ennesima struggente ballad interpretata dalla voce androgina di Gore. Proprio Gore, tuttavia, si rende responsabile dell’obbrorio di “Breathe”, oltre cinque minuti di testo nonsense su una base che, tolta l’elettronica, sembra una hit rockabilly degli anni ’50, del tutto fuori fuoco con il resto dell’album.“I Am You” non fa strappare i capelli, ma è perlomeno dignitosa come riempitivo, così come i due brevi strumentali “Lovetheme” e “Easy Tiger”, che anzi avrebbero forse giovato all’album se fossero stato sviluppati in brani più strutturati.

I temi del disco, come accennato, si allontanano dalla sensualità peccaminosa che caratterizza i Mode al loro meglio, pur restando legati sia al piacere carnale e sentimentale, onnipresente nell’album, sia a sofferenza e colpa; tutto però è ovattato, confortevole appunto, a scapito dell’urgenza interpretativa che, evidentemente, non era sentita come nei dischi precedenti. La produzione, scintillante e densamente stratificata, contribuisce alla sensazione di un disco “di mestiere”, portato a casa grazie all’esperienza e alla classe degli interpreti più che parto di un artista con qualcosa di importante da dire. Ma questa non è una bocciatura, al contrario: pur con l’ispirazione evidentemente un po’ contratta, il trio di Basildon con “Exciter” riesce ad ingaggiare l’attenzione e l’emozione dell’ascoltatore, a vent’anni dall’esordio. Il successo commerciale dell’album confermerà che, anche se non più giovani, i Depeche Mode sono tutt’altro che finiti.

- Spartaco Ughi

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