22 aprile 2011, gli ellenici Innosense pubblicano il loro primo e unico album da studio, "Outcast", una piccola gemma sconosciuta di prog metal vecchia scuola, in cui spicca il cantante Vasilis Georgiu, palesemente discepolo di Roy Khan, singer storico dei Kamelot.
(il disco completo qui: https://tinyurl.com/ur3nxhkk)
Molto probabilmente in pochi, anche fra coloro appassionati di prog metal, conoscono questo gruppo proveniente da Larissa, perciò iniziamo con una breve bio: il gruppo si forma intorno al 2005, nel 2007 viene pubblicato il primo demo, intitolato "Life", La formazione si presenta come un ensemble di perfetti sconosciuti, fatta eccezione per il frontman Vasilis Georgiou, cantante di assoluto valore, su cui l’influenza di Roy Khan è palesemente preponderante.
Dieci anni or sono, Georgiou fu un serio candidato proprio per sostituire il ruolo lasciato vacante da Khan nei Kamelot, andato poi, come sappiamo, a Tommy Karevik dei Seventh Wonder. E la proposta musicale degli Innosense non può altro essere forgiata sotto l’egida del retaggio di Khan: il gruppo infatti propone un prog metal di vecchia concezione, un prog raffinato e introspettivo di pregevole perizia esecutiva, in cui non c’è spazio per funambolici virtuosismi individuali o svolazzi neoclassici. Diciamo a metà strada fra i Conception e i Fates Warning, a cui gli Innosense aggiungono sfumature gotiche e giusto un pizzico di elettronica moderna e sintetizzatori, alla maniera dei Kamelot nel periodo centrale della loro carriera.
I brani mostrano tutti una struttura alquanto tradizionale, tutti quanti oscillano fra i 4 e i 6 minuti di durata, le linee melodiche partorite e interpretate da Georgiou sono davvero accattivanti e coinvolgenti, e mostrano una capacità di scrittura decisamente sopra la media. Lo testimoniano ottimi pezzi come "The Fall" (il cui refrain potrebbe competere come uno dei migliori della decade), "Mystify", "Revolution Rise" e "At the Edge of the World", dove le interpretazioni di Georgiou non sono semplicemente impeccabili, ma su livelli di “alta scuola”.
"The Cradle of My Soul" vede il gruppo impegnato a elaborare sincopi e poliritmie più elaborate (l’attacco ricorda vagamente lo stile dei connazionali Wastefall, altro gran gruppo molto sottovalutato), mentre i due lentoni "Seasons of Oblivion" e "Where Darkest Thoughts Prevail" rendono davvero palese l’impatto che l’attitudine interpretativa teatrale e drammatica di Khan ha avuto sulla formazione professionale di Georgiou. L’album si mantiene sempre su livelli buoni-alti certamente fruibili, in cui non si registrano filler o momenti ripetitivi.
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Il gruppo ahinoi non proseguirà la propria attività, uscendo dai radar e facendo perdere le proprie tracce (ufficialmente, non risultano nemmeno sciolti, è sempre molto difficile reperire informazioni sulle band del sottobosco), Vasilis Georgiou invece proseguirà la propria carriera portandosi dietro il bassista Vasilis Liakos nel proprio gruppo parallelo, i Black Fate (gruppo che si avvicina molto più alle sonorità sinfoniche e operistiche dei Kamelot) in cui milita tutt’ora, oltre ad altri interessanti side project quali i Chronicles Project e soprattutto i Sunburst.
Amici progster, fidatevi di noi, vale assolutamente la pena scoprire o riscoprire Outcast, soprattutto per chi predilige la discografia di Roy Khan ed è rimasto deluso dal suo addio dalle scene e dalle ultime produzioni dei Kamelot.
- Supergiovane
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