Veniva pubblicato vent'anni fa oggi "Wages of Sin", quarto album dei death metaller svedesi Arch Enemy, fra i migliori della loro produzione. Dissidi con la casa discografica fecero sì che il disco non arrivasse sugli scaffali nel resto del mondo prima del 2002.
(il disco completo qui --> https://tinyurl.com/s2udj68x)
25 aprile 2001, vede la luce (ma solo in Giappone) Wages of Sin, nuovo e quarto album da studio degli Arch Enemy, gruppo che oggi conosciamo per essere uno dei leader assoluti, anche a livello internazionale, della scena melodic/thrash/death scandinava. L'album verrà pubblicato nel resto del mondo solo nel 2002, per non chiariti dissidi con la loro casa discografica.
Avevamo lasciato il gruppo all’ottimo Burning Bridges, album che a livello di sonorità aveva trovato un buon compromesso fra il ruvido sound death metal old school e squisite melodie heavy classiche dal retaggio maideniano. Con Wages of Sin, dobbiamo assistere a un nuovo cambio di direzione: innanzitutto dettato dal cambio di cantante.
Johan Liiva, il singer originale della band, era una vera forza della natura: la sua impostazione canora dall’impeto animalesco era un ubrido fra “l’urlato” sporco e il growl (che non è realmente growl, vorremo trovare una definizione più precisa, ma nessuno si è mai preso la briga di dare un’etichetta a questo stile), un timbro e un’attitudine assolutamente personale, un proprio marchio di fabbrica che lo rendevano di quei singer inconfondibili già fin dalle prime sillabe. Un po’, giusto per fare un esempio, alla Piotr dei Vader.
Ma, a quanto pare i capoccia del gruppo, gli Amott bros, non erano soddisfatti: pare che Liiva come frontman non fosse altrettanto valido e coinvolgente verso il pubblico durante le esibizioni live. O perlomeno, questa fu la giustificazione ufficiale per cui Liiva venne licenziato. Naturalmente ognuno può farsi la propria idea con il live album Burning Japan, che testimonia le ultime performance di Johan Liiva con la band.
Come rimpiazzo, venne pescata dalla scena underground tedesca la cantante Angela Gossow. Il binomio metal e gnocca sappiamo bene che ha sempre attirato molto interesse su di esso, frotte di vouyeristi musicali metallari come le api con il miele. E anche molta curiosità, a maggior ragione se la fanciulla in questione adotta un brutale growl mascolino. Diversissimo da Liiva, molto più aspro e gutturale, ma anche più monocorde (che dopo l’operazione alla corde vocali cui si dovrà sottoporre l’anno seguente, sarà ancora più monotono). Comunque sia, con l’avvicendamento fra i due cantanti la popolarità del gruppo aumentò a livello esponenziale anno dopo anno, nonostante un livello qualitativo degli album non propriamente esaltante (e spesso male accolti dalla critica), arrivando a raggiungere uno degli audience più elevati della scena.
A ogni modo, possiamo dire con "Wages of Sin" abbiamo a che fare con un lavoro decisamente positivo, che possiamo indicare senza indugio come il miglior disco degli Arch Enemy dal 2000 fino ad oggi. Del resto, ci troviamo pur sempre a che fare con musicisti di tutto rispetto: ad accompagnare la nuova singer, ritroviamo la lineup invariata, con alla guida della sezione ritmica la coppia di chitarre composta dai fratelli Michael e Christopher Amott, l’ex bassista di King Diamond Sharlee D’Angelo e l’ex batterista degli At The Gates Daniel Erlandsson.
Rispetto a "Burning Bridges", la componente classica/maideniana viene parecchio diluita, il songwriting è molto più quadrato e omogeneo, possiamo però godere di una sezione ritmica solida e accattivante in cui il gusto della scuola melodeath di Goteborg non si è assopito, e di assoli di ottima fattura, Christopher e soprattutto il fratello maggiore Michael sono sempre una garanzia.
Nell’album troviamo alcuni dei pezzi del quintetto svedese (che ormai si è internazionalizzato), più popolari e più longevi nelle setlist live, fra tutti "Ravenous", la canzone emblema del gruppo, oltre all’ottima opener "Enemy Within", la seguente "Burning Angel", il thrash ibrido fra Slayer e bay area in salsa swedish di "Dead Bury Their Dead", e l’up-tempo di "Heart of Darkness".
La conclusiva "Shadow and Dust" è l’outsider dell’album, e uno dei pezzi più sottovalutati degli Arch Enemy del nuovo corso, quella che più si avvicina alle sonorità di "Burning Bridges", su cui non avrebbe sfigurato affatto.
"Wages of Sin" rappresenta il loro lavoro di maggior successo fra il pubblico, il punto di partenza per l’ascesa del gruppo, e lo spartiacque della loro carriera.
- Supergiovane
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