Vent'anni fa oggi veniva pubblicato "Quiet is the new loud", album di debutto dei norvegesi Kings of Convenience- KOC, ovvero Erlend Øye ed Eirik Glambek Bøe, protagonisti del nuovo movimento acustico degli anni zero.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/5ypdfm8h)
Capita a volte di avere voglia di accogliere nella propria cerchia di amicizie musicali qualche passante, qualche viandante che di solito non si considerebbe compagno di viaggio di elezione, ma che per diversi motivi fa piacere trovarsi accanto e con cui non è cosa spiacevole condividere un frammento di strada.
Nel caso dell'estensore di queste righe tale felice incontro si è rivelato essere quello con i "Kings Of Convenience", duo norvegese di ispirazione folk che nel 2001 dà pubblicazione al suo primo album (almeno per quanto riguarda la distribuzione su scala mondiale), dal programmatico titolo di "Quiet is The New Loud".
Programmatico, si dice, proprio perchè il duo propone una ricetta che paradossalmente vuole fare della dichiarata derivatività e della ripresa di canoni già percorsi la propria dichiarazione di novità.
Il folk della ditta Simon & Garfunkel, ma più in generale tutto il partrimonio del cantautorato in "minor-key" di entrambe le sponde dell'oceano, sono il punto di partenza: la novità, così si propone, è di collocare un disco di questa matrice in anni di dominio da parte power-pop e di approcci segnati da toni generali sicuramente sfacciati e poco riflessivi.
Il duo norvegese compie una operazione, quindi, smaccatamente e tatticamente nostalgica; ma quanto tattica, quanto programmaticamente maliziosa?
La risposta arriva dalla qualità compositiva dell'opera: alla dichiarazione di intenti fa senza dubbio seguito una decisa ed apprezzabile sostanza.
Non è manierismo scaltro, infatti, il trasporto e l'emozione sinceramente trasmessa dall'opener, "Winning The Battle, Losing The War".
Così come è presente in tutti i brani un quid interpretativo e realizzativo che non permettono certo di derubricare i pezzi a "duo melodico con chitarra".
Si ascoltino ad esempio "Failure" e "Leaning Against The Wall", si apprezzino gli articolati movimenti delle due voci in molti momenti del disco ("Little Kids" ad esempio), le aperture nelle arrangiature che si arricchiscono sapientemente di archi ("Summer Of The West Hill").
Notare come non ci sia un pezzo che spicchi nettamente non è da considerare una critica ma, anzi, un rilevo della coesione e uniformità del disco: la ricerca di un tessuto sonoro complessivamente di alto livello ha sicuramente prevalso sulla necessità di confezionare pezzi magari più ammalianti in superficie ma meno sinceri.
"Quiet Is The New Loud" è in definitiva un disco di cui ci si può invaghire senza paura di essersi ingannati, senza timore di avere preso un abbaglio ed essersi fatti ammaliare da un vacuo canto di sirene.
Si è trovato, lo si diceva in apertura, un dolce e sofisticato compagno di viaggio con cui percorrere un tratto di strada, anche lungo e anche tortuoso: sapendo che nella sua quiete e nella sua sincertà si potrà trovare sempre sicuro approdo.
- il Compagno Folagra
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