Usciva il 4 febbraio di trent'anni fa "Innuendo", quattordicesimo album in studio dei Queen e ultimo completato mentre era ancora in vita il loro cantante e pianista Freddie Mercury, che sarebbe stato stroncato dall'AIDS il 24 novembre del 1991. "Innuendo" è un capolavoro del pomp rock, di quell'hard rock dai tocchi pop, AOR e progressive tanto disprezzato da troppa critica. Capolavoro oggettivo e anche soggettivo, nel senso di testamento artistico e spirituale di un Mercury tanto sofferente quanto lucido e determinato, artista vero e puro supportato da tre amici fedeli quali Brian May, Roger Taylor e John Deacon.
(si può ascoltare il disco completo qui: tinyurl.com/32qu2yb0)
Nel 1990 Freddie Mercury e i suoi tre amici Brian May (chitarre, voce), John Deacon (basso) e Roger Taylor (batteria, voce) si incontrano per pianificare le registrazoni del nuovo album dei Queen, il quattordicesimo in studio. È in tale occasione che Mercury annuncia agli altri che il suo HIV ha finalmente avuto la meglio sul suo corpo e si è trasformato in AIDS. Non gli rimane molto tempo, e Mercury vuole impiegarlo per registrare tutto ciò che gli può essere messo a disposizione prima di morire. 'Scrivetemi qualsiasi cosa, datemi qualsiasi frammento, e io lo canterò', vuole 'keep working until I fucking drop', dice, a testimonianza di quanto fosse sincero e profondo il suo amore per la musica e il suo spirito artistico.
Questo senso impellente di morte e di ricerca di un senso negli ultimi giorni farà di "Innuendo" il suo testamento musicale e spirituale, vendicando con la propria fine la superficialità della critica che credeva ai suoi atteggiamenti fatui e alla sua stessa minimizzazione di sé e non vedeva il genio, non aveva mai visto le lacrime sotto il cerone e l'amore del pagliaccio sulla pista illuminata. Ironico che lo stesso percorso verrà seguito quindici anni dopo da un amico e rivale del gruppo, un altro genio del secondo Novecento in rock, David Bowie con il suo ultimo disco "Blackstar".
Per registrare, il gruppo si reca a Montreaux in Svizzera, perché lavorare a Londra è impossibile dato il costante flusso di paparazzi che segue Mercury per scoprire se siano vere o meno le notizie sul suo stato di salute e la sua presunta malattia. L'album viene completato alla fine del 1990, con molta lentezza dato il continuo peggiorare delle condizioni del cantante di origine persiana.
Dal punto di vista di un critico, "Innuendo" è uno dei classici dischi che fa grattare il capo al recensore. Dodici tracce, quasi un'ora di durata - sei di queste sono capolavori, gemme fra le più luminose mai scritte dai quattro musicisti inglesi. Le altre sei sono evidentemente dei riempitivi, nessuno dei quali particolarmente irritante, alcuni in effetti deliziosi quali "Delilah", divertissement di Mercury dedicato al proprio gatto, altri segnati da un suono hard rock patinato in classico stile anni ottanta come "Headlong", tutto sommato divertente e riuscita, ma comunque riempitivi forse più che in sé e per sé a confronto con le perle che hanno reso questo disco immortale e che hanno contribuito a consegnare alla posterità il mito di Freddie e dei Queen.
Quando i Queen infatti incidono e pubblicano canzoni come "Innuendo", "I'm going slightly mad", "All God's People", "These are the days of our lives", "Bijou" e "The Show Must Go On", sono 20 anni che lavorano insieme come gruppo. Pensate cosa avremmo detto se gli U2 nel 2000 o i Pearl Jam nel 2011 fossero stati in grado di scrivere canzoni di questo livello, di un livello assolutamente paritario rispetto ai capolavori giovanili, alla musica dei loro esordi. Freddie Mercury ha 45 anni, John Deacon, il più giovane, 40.
"I'm going slightly mad", segnata da un assolo stortissimo di May e da una prova maestosa e raffinata di Deacon al basso, è una canzone che riassume tutti i topoi artistici di Mercury, la sua eccentricità, la sua stralunata discesa nella sofferenza fisica, tra giochi di parole degni dei fratelli Marx che avevano ispirato due loro album ("A Night at the Opera" e "A Day at the Races") e un video indimenticabile e appropriato in cui trucco e parrucca non riescono a nascondere il male di Freddie.
"All God's People" e "Bijou", i capolavori meno noti, le gemme sottovalutate, sono la prima una incredibile architettura vocale che ricorda i tempi di "Bohemian Rhapsody", la seconda una dolcissima nenia per chitarra elettrica e voce. "These are the days of our lives" è l'ultima apparizione pubblica di un Mercury scavato e malato, che in un video straziante e in una canzone straziante canta con i compagni l'amore per la vita, per la musica e per i propri fan fino all'ultimo secondo, fino a quel "I still love you" che strappa lacrime e cuore in modo lancinante.
E veniamo così ai due brani più celebri del disco, due dei più grandi pezzi della carriera dei Queen e due dei più grandi pezzi della storia del rock del novecento: "Innuendo", che da il titolo al disco, canzone costruita su una complessa partitura ritmica e melodica, con una sezione in 5/4 per chitarra classica suonata dall'amico Steve Howe degli Yes prima che Brian May ne riprenda il tema cambiando tempo in 6/4. E le meditabonde ruminazioni filosofiche di Taylor, che si chiede se esista una qualche forma di giustizia o di divinità nell'universo e la sfida quasi a presentarsi è cantata con passione da un Mercury mai così convincente nella sua vocalità, tra un muro di cori epici eretti dal gruppo.
Se questo non fosse sufficiente a togliere definitivamente il fiato e i dubbi folli sul valore assoluto di questo quartetto di musicisti, troviamo "The Show Must Go On" a chiudere il disco, con quel loop di 'go on' al girare a vuoto del disco a fine corsa che tormenta l'ascoltatore che sa che lo spettacolo in realtà è finito e si chiude il sipario sulla carriera del gruppo. Poco da dire su un brano che vede ancora un assolo fra i migliori che il superbo May abbia mai concepito, una prova incredibile di Mercury alla voce solista, cori nella miglior tradizione epica del gruppo, un basso liquido e sinuoso che scava linee che solo Deacon poteva concepire nei solchi della canzone.
Dalle registrazioni di "Innuendo" rimarranno numerosi frammenti, canzoni più o meno finite, che saranno poi in parte rielaborate dai compagni per un disco postumo, "Made in Heaven", che presenterà ancora alcune commoventi testimonianze del desiderio di Mercury di cantare fino all'ultimo qualunque cosa, per lasciare un'ultima traccia di sé e un ultimo segno del suo amore per la vita e la musica.
Ma è comunque "Innuendo" il vero testamento artistico di Freddie Mercury, e il sugello definitivo alla carriera di una delle più importanti formazioni rock che abbiano cavalcato il secondo Novecento.
- Prog Fox
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