martedì 26 gennaio 2021

Beardfish: "Mammoth" (2011)

Usciva il 26 gennaio di dieci anni fa "Mammoth", album degi neo progger svedesi Beardfish e sicuramente una delle loro opere più interessanti, riuscite e puntuali. Disco indispensabile a tutti gli amanti del progressive anni settanta che vogliano ritrovare quelle atmosfere fra i gruppi più moderni degli ultimi anni.



(il disco completo si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/y2d49pey)

Gli svedesi Beardfish nascono nel 2001 e dopo un primo album raggiungono la conformazione con cui rimarranno in esistenza fino al 2016, ovvero il quartetto costituito da Rikard Sjöblom (voce, tastiere), David Zackrisson (chitarre), Magnus Östgren (batteria) e Robert Hansen (basso).

Quando arrivano a "Mammoth", i Beardfish hanno passato un decennio a perfezionare e oliare il proprio suono. Dopo alcuni dischi validi ma con il tipico difetto del prog svedese, ovvero essere prolisso e derivativo (vedi Flower Kings), il quartetto riesce nell'obiettivo di coniare un proprio suono, che smussa certa algidità - dovuta sia all'estrazione culturale sia al genere - con la muscolarità della sezione ritmica, capace di imprimere momenti hard e quasi heavy al suono del gruppo.

Naturalmente un disco di progressive rock di questo tipo non può essere un successo se non avesse melodie vincenti, e per fortuna è questo il caso, a partire dalla conclusiva "Without saying anything", forse il capolavoro nel capolavoro.

Ripercorrendo il disco a ritroso, "Outside/Inside/Akakabotu" è un brillante strumentale, mentre "Green Waves" è il brano più hard dell'album e un altro dei suoi pinnacoli. "Tightrope" è probabilmente il pezzo più lineare del disco e, non sorprendentemente viste le premesse, anche il meno significativo.

Torniamo infine alle prime due tracce, fra i momenti migliori dell'album: la filosofeggiante, lunga ma sempre centrata "And the Stone said: If I could speak", con una prestazione maiuscola di Sjöblom alla voce, chitarre degne dei pezzi più riusciti dei King's X e suggestioni dei Camel era-Sinclair/Collins nel finale; e poi l'iniziale "The Platform", introdotta da un devastante riff di chitarre elettriche. Comunque la si guardi, il disco non ammette momenti di noia né di supponenza.

Risultato di una lenta ma graduale evoluzione compositiva ed esecutiva, "Mammoth" è forse il disco migliore del gruppo svedese, che avrà ancora due album al suo arco prima di sciogliersi sfortunatamente nel 2016. Consigliato a tutti gli amanti senza pregiudizi del prog classico, del neo prog e del progressive metal.

- Prog Fox

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