Usciva oggi "If I could only remember my name", primo album solista e capolavoro della carriera del cantautore americano David Crosby, ex-Byrds e all'epoca membro del supergruppo Crosby Stills Nash & Young.
(disco completo qui: https://tinyurl.com/32xa3fl8)
Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 sembrava che la musica californiana avrebbe dominato il mondo, spinta dall'incredibile libertà e creatività raggiunte dal mondo degli hippie, dei pacifisti e dei radicali sessantottini e post-sessantottini. Nessuno sapeva che cocaina, eroina ed eccessi avrebbero spinto Nixon alla doppia vittoria elettorale e alla dissoluzione di quella realtà nel riflusso, nei nuovi baby boomer, yuppies e annoiati divoratori del mondo che venne dopo, negli eroinomani e sconfitti di una generazione, rappresentata da artisti sempre più ricchi, impigriti, tronfi e accartocciati su se stessi.
Difficile non pensare a David Crosby come forse uno degli artisti simbolo di questa era prima gloriosa e poi decadente - al contrario di chi si è salvato, come Bob Dylan o Neil Young, o di chi semplicemente non è mai stato altro che un bandwagon jumper come il garbato, e certamente non rivoluzionario, James Taylor, o ancora di chi ha trasformato la decadenza del country rock e del cantautorato californiano in una qualche forma di arte, come Eagles, Steely Dan e Jackson Browne.
Fatta questa lunghissima e inutile premessa, quasi indispensabile per ricordare ai lettori più e meno giovani chi fosse David Crosby un tempo, e invitarli a non saltare questa recensione e questo album, andiamo ad ascoltarlo insieme.
Album brillante e sognante, scritto e inciso da Crosby con l'aiuto di alcune importanti figure del movimento californiano, lo vede collaborare in primis con i membri dei Grateful Dead Jerry Garcia (chitarra) e Phil Lesh (basso), che compaiono in gran parte del disco, splendendo in particolare sul lento folk blues "Cowboy Movie", in cui Crosby si esibisce in una grande prova vocale; e col compagno di avventure di una vita Graham Nash, che presta spesso e volentieri le sue armonie vocali a David.
Alla batteria si alternano ancora personaggi notevoli come Bill Kreutzmann e Mickey Hart dei Grateful Dead e Michael Shrieve dei Santana, mentre tra gli altri ospiti celebri abbiamo Neil Young (su "Music is Love", il brano che apre il disco e che ne dirige la dimensione musicale nel bene e nel male, tra onirico, raga rock e folk meditativo), e Joni Mitchell ai cori tanto sulla poderosa "Laughing", un altro fra i pezzi più incisivi dell'album, quanto su "What are their names", in compagnia qui di Grace Slick e Paul Kantner (le voci dei Jefferson Airplane).
Non bisogna comunque trascurare che al di là dei grandi nomi sono le canzoni a essere di ottimo livello, mostrando, come detto nel cappello introduttivo, quanto fosse all'epoca armonioso e produttivo il sottobosco musicale californiano a cui tutti costoro all'epoca appartenevano.
Spettacolari sono in particolare due dei brani, forse i capolavori della carriera di Crosby post-Byrds, ovvero "Song with no Words" (con la partecipazione dei Jefferson Airplane Jorma Kaukonen alla chitarra e Jack Casady al basso, oltre al Santana Gregg Rolie al piano) e la conclusiva "I'd swear there was somebody here", il primo segnato dalle armonie vocali di Crosby e Nash su un tappeto soft psichedelico, il secondo da una purissima sovrapposizione vocale degna di Tim Buckley e che avrebbe potuto rappresentare un punto di partenza per un viaggio immaginifico nellla musica cosmica che non avrà mai luogo.
Infatti tutta questa armonia e tutta questa sublime bellezza, purtroppo, avranno poca durata: i gruppi si sfalderanno, si disintegreranno, le amicizie sfioriranno, e dischi come "If I could only remember my name" saranno dimenticati, mentre Crosby apparirà in album bolsi e reunion troppo spesso discutibili durante una carriera costellata di problemi con alcol, droghe, sesso e litigi.
- Prog Fox
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