giovedì 18 febbraio 2021

Aucan: "Black Rainbow" (2011)

Usciva il 18 febbraio di dieci anni fa l'ottimo "Black Rainbow" degli italiani Aucan, gruppo di rock & elettronica guidato da Giovanni Ferliga, accompagnato da Francesco D'Abbraccio a chitarre e sintetizzatori e Dario Dassenno alla batteria. Gli Aucan promuovono il lavoro anche internazionalmente con concerti negli Stati Uniti e in Europa.



(il disco completo qui: https://tinyurl.com/qusfrzqf)

Da Brescia a Barcellona, passando per Londra, la copertina di una rivista di critica musicale francese, l’apertura dei concerti italiani dei Placebo: dal math rock alla puraelettronica passando per lo strano mostro a due teste di questo “Black Rainbow”, gli Aucan sono una band peculiare del panorama indipendente italiano dell’ultimo decennio. Partiti da un rock cerebrale, tangente ai "King Crimson" dell’epoca Discipline (apertamente citati nell’album d’esordio eponimo del 2008), l’evoluzione degli Aucan li ha portati ai primi esperimenti di fusione dei suoni elettronici di stampo dubstep e trip-hop e attitudine rock nell’EP DNA del 2010. “Black Rainbow” è il coronamento dell’ambizioso progetto di ridare vita al rock catturando il fulmine dell’elettronica, novelli dottor Frankestein nostrani.

L’obiettivo, diciamolo subito, non è pienamente raggiunto: i brani di questo “Black Rainbow” trasudano sempre di personalità, ma a mancare è per lunghi tratti un po’ di ispirazione, un respiro più ampio, col risultato che l’insieme del disco risulta un po’ opaco. “Red Minoga”, per esempio, ha l’ambizione di essere uno strumentale cinematico e denso di pathos, ma risulta più prossimo alla colonna sonora di un videogame di automobilismo che non ai canoni dei Chemical Brothers; “Storm” è un coraggioso brano di dubstep-ambient, cui però manca l’eccitazione della prima e l’intelligenza della seconda; “In a Land” è un goffo drone di chitarre e batterie ambient che nulla aggiunge all’economia dell’album.

Nonostante questi bassi, a “Black Rainbow” non mancano certo gli alti: l’intro “Blurred”, impreziosita da una deliziosa voce femminile, è un omaggio al trip-hop e allo stesso tempo flash-forward verso l’opera di artiste come Banks o FKA Twigs; “Save Yourself” e “Sound Pressure Level” spostano la bussola in direzione hip-hop/r’n’b, quasi crossover, seguendo linee melodiche semplici ma accattivanti; la title track, messa in chiusura, finalmente raggiunge l’obiettivo di mettere il vento del rock nelle vele di un’imbarcazione prettamente electro, con risultati di notevole epicità. Da sottolineare il lavoro titanico di Dario Dassenno, batterista chirurgico nella sua capacità di cavalcare il beat senza sbavature, una capacità che si porta appresso, (quasi) intatta, anche nei live.

Il tentativo di nozze alchemiche in questo “Black Rainbow” non dà pienamente i suoi frutti, la trasmutazione non riesce: parte di questo insuccesso è dovuta alla quantità di ingredienti impiegati, parte ad una certa indecisione in fase di scrittura e produzione, che cercando di evitare di inquadrarsi in un genere finisce, paradossalmente, per suonare per lunghi tratti “genericamente electro”, senza davvero sfruttare la natura chimerica di una band competente nel math rock e nell’elettronica; parte, forse la parte più importante, è da attribuirsi all’oggettiva difficoltà, nel ventunesimo secolo, di cavare qualcosa di davvero innovativo dall’electro-rock. Ferliga, D’Abbraccio e Dassenno, i tre membri degli Aucan, vanno lodati non solo per l’ambizione di un simile progetto, ma soprattutto per essere riusciti a farne un lavoro che, al netto dei succitati difetti, è più che solido, perfettamente godibile, ricco di ottimi highlights. Al netto dell’iperbolica sopravvaluttazione che lo accompagnò alla sua pubblicazione, “Black Rainbow” merita sicuramente la vostra attenzione.

- Spartaco Ughi

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