(si può ascoltare il disco completo qui: https://tinyurl.com/y2q4phh9
Il titolo dell’album è un riferimento alle rispettive situazioni personali vissute dai due. Leach lasciò i Killswitch Engage a causa di problemi personali, di depressione, provando poi a rimettersi in carreggiata con i Seemless, gruppo decisamente interessante che possiamo descrivere come psychedelic stoner-core, giusto per attirare un po’ di curiosità su di loro. Dutkiewicz invece dovette fare i conti con una lunga riabilitazione in seguito a un incidente avvenuto nel 2007 in cui rischiò di rimanere paralizzato dalla cintura in giù.
Intanto, il posto vacante veniva riempito da Andreas Kisser dei Sepultura, che lo sostituì come turnista, e lui ebbe molto tempo a disposizione per lavorare su nuovo materiale, sia per i Killswitch Engage, e sia per un proprio progetto personale a cui stava pensando da tempo, temprato dallo sventurato periodo che dovette affrontare. Nel 2009 uscì il deludente quinto album dei Killswitch Engage, un polpettone di metal “love songs” core davvero poco ispirato che scontentò un po’ tutti, un’operazione per aumentare il proprio raggio di audience (e abbassarne l’età media) ben poco riuscita.
Eccoci arrivare al 2011, e all’agognato e tanto atteso "The Hymn of a Broken Man", album che attirò subito l’attenzione per via del ritorno di Leach, per la gioia dei fan di vecchia data. L’album ci riporta alle sonorità dei primi album, un metalcore gustoso imbevuto di influenze metal classiche, thrash, groove e melodic swedish, e qui possiamo anche trovare venature del migliore alternative americano, marchiato A Perfect Circle e Deftones, e fortunatamente lontano dai mielosi svolazzi “emo” di gruppi metalcore di Atreyu et similia.
Ne escono tredici pezzi di ottima fattura, senza filler e cadute di stile. L’album è prodotto e suonato intermante da Dutkiewicz (che si diletta anche come autore dei cori e cantante di alcuni frangenti), con l’ausilio di Leach alla voce, tornato in piena forma. Per il tour verrano poi ingaggiati come turnisti l’ex Killswitch Engage Joel Stroetzel, l’ex Shadows Fall Matt Bachand, e l’ex Envy on the Coast Dan Gluszak.
L’opener "Strenght in Numbers" mette subito in chiaro che i vecchi Killswitch, quelli cazzuti e melodici, sono tornati a pestare. A risaltare è spesso il connubio fra dinamicità, melodia e fattore “orecchiabilità” dei pezzi, fra cui spiccano "Where the Spirits Lead Me", "Live in Love", "Worlds Apart".
Altri pezzi quali la title-track, "Willing", "Hope Remains", "Fight for Life" ci catapultano direttamente al secondo lavoro dei KSE "Alive or Just Breathing" (considerato dai più il punto più alto del gruppo, e uno degli album più rappresentativi del nascente movimento metalcore), con un songwriting più succulento e maturo. Trova spazio anche la pseudo country ballad acustica "The Forgotten One", in cui i due mastermind della band si avvicendano alla voce.
L’accoppiata formata da "Until the End of Days" e "The End of Eternity2 si muove su tonalità più grigie e umori più malinconici, avvicinandosi a composizioni dei KSE della seconda era (vedi "Desperate Times"). In chiusura troviamo il lentone "Fall from Grace", ballad chiaro-scura che incarna perfettamente il mood introspettivo del lavoro. Un album che soddisferà appieno gli appassionati (e mettiamoci anche i moderatamente simpatizzanti) del genere.
Un anno dopo, Howard Jones annuncerà l’abbandono dai Killswitch Engage, e Jesse Leach verrà immediatamente reintegrato nel gruppo, con cui inciderà tre fortunati nuovi album negli anni venturi. "The Hymn of a Broken Man" resterà quindi l’unico lavoro prodotto dallo spin off di Dutkiewicz. Almeno, ad oggi: nel corso della seconda metà dell’anno passato, Dutkiewicz e Leach hanno ufficialmente annunciato il completamento dei lavori sul seguito di "The Hymn of a Broken Man", al momento ancora senza una data ufficiale di uscita.
Restiamo in attesa.
- Supergiovane
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